Se c’è una cosa che l’Antennagate ha insegnato ad Apple è come gestire al meglio gli “scandali” mediatici. L’azienda ha risposto con vigore e con relativa velocità sulla questione del LocationGate, che nei giorni scorsi ha fatto scrivere parecchie parole a giornalisti e blogger di mezzo mondo. Il comunicato diffuso ieri con una serie di domande e risposte su consolidated.db e la cache di localizzazione delle celle di rete e dei network Wi-Fi è stato solo una tassello della strategia di PR attivata da Cupertino. A completare il puzzle ci hanno pensato i Senior Vice President Phil Schiller e Scott Forstall che in compagnia di Steve Jobs hanno fatto quattro chiacchiere al telefono con Ina Fried, giornalista di All Things Digital. L’insolito trio ha spiegato nel dettaglio vari aspetti del problema e non ha lesinato alcune “rivelazioni” sull’arrivo nei negozi dell’iPhone bianco, in ritardo di dieci mesi rispetto alla tabella di marcia.
Così parlò il triumvirato
Jobs, Schiller e Forstall non hanno detto molto di più rispetto a quanto già affermato dal comunicato ma hanno ad esempio confermato che gli autori del documento sono loro tre. Nell’ultima settimana hanno lavorato a stretto contatto per risolvere la questione e comunicare al meglio che cosa avevano scoperto gli ingegneri Apple dopo la segnalazione da parte dei due ricercatori di O’Reilly e la successiva “esplosione” del caso LocationGate. “Meno di una settimana” è il tempo fisiologico che è stato necessario per indagare a fondo il problema, scoprire il bug, programmarne la risoluzione e mettere assieme le dieci domande da distribuire sotto forma di comunicato.
Già, il bug. Scott Forstall ha detto qualcosa in più a riguardo, rivelando che l’errore deriva dall’aver utilizzato il limite di grandezza della cache di localizzazione delle reti come unico limite. E’ saltato fuori che 2MB era una dimensione sufficiente per registrare le posizioni delle celle per più di un anno. Forstall ha poi insistito sul fatto che l’errore verrà corretto e che quella cache è un “subset” di una grande cache di localizzazione delle celle di rete creata anonimamente e molto importante per velocizzare la localizzazione del dispositivo.
Phil Schiller ha fornito un’interessante analogia per spiegare meglio ciò che Apple sta facendo: è come uno di quei contapersone all’ingresso dei negozi, ha detto il Senior Vice President della divisione marketing, in riferimento al database di informazioni di localizzazioni “crowdsourced” realizzato da Apple. Nessuno ha da ridire su quegli strumenti perché tracciano le persone in maniera completamente anonima al solo scopo di raccogliere informazioni sull’affluenza utili al negoziante. L’analogia con qualcosa che tutti, non solo i più tecnici, possano capire serve, secono i tre executive, per rendere più comprensibile un problema che è difficile da spiegare ed è stato spiegato male. Uno dei leitmotiv della risposta pubblica di Apple al LocationGate è proprio l’autocritica su questo aspetto: non abbiamo spiegato bene la questione ai nostri clienti, hanno ripetuto più volte i tre capi.
Steve Jobs si è trattenuto (e siamo sicuri gli sia costato molto) dall’indicare esplicitamente ciò che fa o non fa la concorrenza per localizzare gli utenti. Ina Fried ha più volte cercato di strappargli qualche dichiarazione al vetriolo, ma Jobs ha risposto sempre allo stesso modo: “Ina, questo è il tuo lavoro”. Il che si può tradurre, molto prosaicamente, con: voi giornalisti fareste bene a fare le pulci anche a Google sulla questione e non solamente a noi.
L’iCeo ha infine confermato che Apple farà tutto il possibile per testimoniare di fronte alle commissioni di inchiesta istituite per fare luce sulla questione della localizzazione su iPhone.
L’era dell’iPhone bianco
Fried è riuscita a strappare a Schiller e Jobs anche alcune dichiarazioni sull’arrivo dell’iPhone bianco nei negozi, previsto per oggi. “E’ stato difficile” ha detto Schiller. “Non è semplice come creare un oggetto bianco. Ci sono molti più aspetti da tenere di conto sia per quanto riguarda la scienza dei materiali, per capire come resisterà nel tempo, sia per quanto riguarda il funzionamento dei sensori”.
Jobs ha poi detto che dalla debacle dell’iPhone 4 bianco Apple ha imparato molto. Possiamo supporre lecitamente che l’azienda abbia imparato come immettere sul mercato un iPad bianco contemporaneamente a quello nero, ad esempio. O come non affidare il product management ad un nuovo dirigente – Mark Papermaster, ma stiamo sempre ipotizzando – appena trapiantato da un’azienda come IBM che non fa prodotti consumer ormai da qualche era geologica.
Schiller ha rivelato infine che a giugno dello scorso anno a Cupertino pensavano che i problemi di produzione dell’iPhone bianco non fossero nulla di preoccupante, minuzie risolvibili in poche settimane, salvo poi rendersi conto che l’azienda proprio non era in grado di produrre un iPhone 4 albino che fosse all’altezza del suo corrispettivo nero, e soprattutto che fosse all’altezza delle aspettative dell’azienda e dei suoi clienti. L’importante è che l’iPhone 4 bianco sia finalmente qui, almeno possiamo mettere una volta per tutte da parte i rumors sul Moby Dick della telefonia mobile e passare ad altro.
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