Steve Jobs, il visionario


Nei giorni successivi alla scomparsa di Steve Jobs la parola più utilizzata dai media per descrivere il co-fondatore di Apple, assieme a “genio”, è stata senza dubbio “visionario”. Qualcuno ha fatto meglio e ha parlato di “genio visionario”. Ora, è facile definire visionario a posteriori qualcuno che ha preso le strade giuste, nel corso della sua vita professionale e personale, sapendo già fin da principio dove sarebbe stato il traguardo.

Era molto più difficile capire a priori, 14 anni fa, che le previsioni (o semplicemente “le visioni”) di Steve Jobs si sarebbero rivelate corrette. Almeno per due motivi: a) le strade che altri avrebbero voluto percorrere (per interessi legati allo status quo, principalmente) non arrivavano affatto laddove Jobs prevedeva che arrivassero “le sue” – tutt’ora è così, basti pensare al dibattito aperto sulla post-pc era; b) riuscire ad arrivare laddove si prevede di approdare è un lavoro difficile che non si ferma alla pre-visione: è un lavoro impegnativo, costante e attinente ad un meta-livello di comprensione superiore rispetto alle cose della quotidianità. Un livello che presuppone la rara capacità di saper mettere a fuoco con estrema nitidezza quella che gli americani chiamano “the bigger picture”.

Una rivista è un iPad che non funziona

La bimba di questo video ha un anno ed è talmente abituata all’iPad che tenta di usare allo stesso modo le riviste che gli vengono messe di fronte. In un caso dubita anche del suo dito, non si sa mai che fosse quello che non funziona e non l’immagine inanimata impressa sulla pagina.
Il filmato è ovviamente montato ad arte, ma funziona eccome. Lasciamo per favore da parte ogni moralismo sull’educazione di questa bambina, visto che non abbiamo idea di quanto altro ci sia nella vita della creatura e dei suoi genitori. E’ solo un video divertente.
Piuttosto prendiamo atto del fatto che esiste già una generazione il cui primo approccio digitale passa attraverso dispositivi post-PC. E’ una generazione che potrà permettersi di non domandarsi che cosa fa muovere quei dispositivi. Grazie a questo potrà astrarre il discorso ad un meta-livello superiore.

Video: il trentesimo compleanno di Steve e “Here’s to the crazy ones…” con la sua voce

Ci sono delle testimonianze originali e inedite che ieri galleggiavano sull’alta marea di tributi e ricordi che ha comprensibilmente allagato il Mac Web dopo l’annuncio della morte di Steve Jobs.
Su TheAppleLounge non abbiamo voluto pubblicare il pubblicabile, non era il caso, anche perché i nostri lettori, negli anni, hanno potuto leggere e vedere tanto di Steve su queste pagine. Postare ancora una volta il discorso di Stanford non era il caso, insomma. Abbiamo preferito impostare un tweet wall (lo trovate qui a destra nella sidebar) collegato ai nostri account personali e a quello di TAL con cui segnalare le cose meno note e le rimembranze personali e gli aneddoti dei tanti (grandi e meno grandi, noti e meno noti) che hanno avuto l’onore e il piacere di incrociare Steve Jobs nel corso della propria vita. Fra queste testimonianze spiccano due video: uno è un “regalo di compleanno” per il 30° anniversario di Steve, pubblicato da Harry McCracken su Technologizer, l’altro è una versione con voce narrante di Steve dello spot “Here’s to the crazy ones” che non è mai andata in onda.

iPhone 4S, the day after. Qualche considerazione su Tim, Steve e i delusi

C’è un sentimento negativo che serpeggia in questa prima giornata che segue il lancio di iPhone 4S: è la delusione che moltissimi utenti (fan di Apple o molto più spesso semplici osservatori col pallino della tecnologia) hanno espresso nelle scorse ore attraverso i social network e nei commenti ai nostri articoli. Ci si potrebbe scrivere un trattato, ormai, su come le aspettative che anticipano un keynote siano poi sempre e puntualmente deluse dalla realtà dei fatti.
Una realtà che non può e ovviamente non riesce a superare la fantasia dei tanti rumor che hanno scorrazzato liberi fino a pochi minuti prima dell’inizio dell’evento ufficiale. Rumors che, almeno nel nostro paese, sono stati fomentati da personaggi che con la tecnologia c’incastrano come i cavoli a merenda ma pretendono sempre e comunque di dire la propria da ignorantoni che la sanno lunga, forti solo della propria audience generalista.
Questo è il quadro non facile in cui si inseriva il debutto di Tim Cook, altro interessante punto nodale della presentazione di ieri, la prima dell’era post-Jobs.

Let’s talk iPhone, qualche considerazione della vigilia

Domani alle 10:00 ora del Pacifico, le 19:00 qui da noi, si terrà in quel di Cupertino l’evento per la presentazione del nuovo (o dei nuovi) iPhone. Non c’è ancora nulla di ufficiale, naturalmente, ma l’invito che Apple ha fatto pervenire alla stampa specializzata parla da solo: “Let’s talk iPhone”.
Le aspettative sono altissime e non riguardano solamente il nuovo dispositivo. Quello di domani, tanto per cominciare, è il primo keynote del CEO Tim Cook. Certo, il buon Tim ha già partecipato in veste di COO-mparsa più di una volta, ma quasi sempre per snocciolare noiosi numeri che facessero da tiepido antipasto alla portata principale, servita in guanti bianchi da Steve Jobs. Quella di domani è la sua prima e non sarà una prova facile, se è vero che si troverà a dover gestire l’introduzione di un modello di iPhone pesantemente “evolutivo” e poco dirompente, almeno secondo gli standard voyeuristici (e ottusamente limitati) per i quali la vera novità starebbe solo nel redesign della scocca del telefono.

Riguardo quelle icone iOS in uno stand Samsung

Qualche giorno fa HD Blog ha pubblicato la foto di un nuovo store-in-store (ovvero un’area monomarca all’interno di un negozio più grande) aperto da Samsung nel punto vendita Euronics del Centro Sicilia, il centro commerciale in cui sabato scorso Apple ha inaugurato l’Apple Store di Catania.
Impossibile non notare che la “tappezzeria” del punto vendita non ha niente a che fare con Android o Bada, i due sistemi operativi che montano la maggior parte degli smartphone e dei tablet dell’azienda coreana: le icone mostrate nelle illustrazioni a muro sono quelle delle app di iOS. All Things Digital ha ripreso la foto segnalando la strana anomalia, ritenendola particolarmente significativa alla luce della battaglia legale che contrappone Apple e Samsung.
Vi aspetterete forse che anche io mi unisca al coro del “ecco un altro chiaro esempio del plagio spudorato”. Non lo farò, perché questa immagine non significa nulla nel contesto delle cause in corso fra i due giganti. E’ solo testimonianza (divertente e facile da irridere) di una “sciatteria commerciale” e dell’incapacità del colosso coreano di gestire i dettagli della propria retail experience globale.

Al Red Bull Racing Formula One Team piacciono i copioni

Red Bull Formula One Racing Team Keyboard Copycat

Red Bull Racing Team - Apple keyboard copycat - The Apple Lounge
Tutti gli appassionati ricorderanno l’immagine di apertura. Steve Jobs parlava dei “copycat”, i copioni che hanno provato e continuano a provare a contrastare il dominio di Apple nel mondo della telefonia mobile e dei tablet e che, ad oggi, non riescono neppure a scalfire la Mela col morso. Ma a quell’immagine abbiamo aggiunto qualcosa in più.

L’immagine originale non contemplava il logo che abbiamo aggiunto. Quello del Red Bull Racing Formula One Team. Non perché gli attuali campioni del mondo di Formula1 siano dei copioni, ma perché utilizzano alcuni dispositivi che dire essere copiati da Apple è dire poco. Vediamo dopo il salto di cosa stiamo parlando.

Samsung ha davvero copiato Apple?

Durante il keynote di presentazione dell’iPad 2, Steve Jobs parlò del 2010 come “l’anno dell’iPad”, sottolineando il dominio incontrastato della tavoletta Apple nel mercato dei tablet nonostante i “copioni“: Samsung, HP, BlackBerry, ed altri. Parole forti, accuse pesanti. In effetti, Apple è costantemente in causa per violazione dei brevetti, è cosa risaputa. Una guerra di copyright che ha coinvolto molti nomi illustri dell’informatica, persino Samsung, con la quale la casa di Cupertino sembrava in ottimi rapporti. Rapporti evidentemente incrinati negli ultimi tempi: le due società, per quanto da una parte collaborino fortemente per la fornitura di materiali, dall’altra competono altrettanto fortemente sul mercato.

Samsung fornisce ad Apple alcuni dei componenti più importanti per i dispositivi iOS come le memorie solide, la memoria temporanea (DRAM) e alcuni processori. Complessivamente, il 26 per cento del costo per i componenti deriva da pezzi acquistati da Apple direttamente da Samsung. Questo fa di Apple uno dei principali clienti di Samsung, e rende al tempo stesso Samsung uno dei principali fornitori di Apple. È stata forse proprio questa forte collaborazione ad “ispirare” Samsung per la realizzazione di alcuni prodotti? Ma soprattutto, si può parlare di ispirazione o il termine più adatto è plagio? Vediamo di approfondire la questione dopo il salto, con una serie di immagini che Apple Rumors ha pubblicato in un interessante (ed inquietante) articolo.

Apple e Samsung: la mappa del conflitto globale

Sono passati cinque mesi da quando Apple ha fatto causa a Samsung in California, accusando il concorrente coreano di aver illecitamente copiato il design dell’iPhone, dell’iPad e dell’interfaccia di iOS con i propri smartphone e tablet della serie Galaxy. Da allora il conflitto legale, cui Samsung rispose pochi giorni più tardi con tre cause contemporanee depositate in Giappone, Germania e Corea, ha assunto una scala globale grazie ad una lunga serie di rimpalli legali che hanno toccato praticamente tutti i continenti tranne quello africano.
Per avere una migliore visione dell’estensione dello scontro internazionale fra Apple e Samsung ho preparato una mappa interattiva ad hoc con tutte le cause in corso. La trovate qui di seguito.

Logitech Wireless Touchpad, quel sottile deja vu

Abbiamo visto oggi i tentativi di innovazione di Microsoft con Windows 8, il nuovo sistema operativo ibrido per PC e Tablet. Se avrà successo o no ce lo dirà il tempo, ma di sicuro si tratta di qualcosa di nuovo, seppur nella semplicità dell’idea, di non visto prima.

Ma mentre qualcuno tenta di innovare e di proporre la sua visione delle cose, c’è chi invece si ostina a seguire gli altri, com’era quel detto? Chi segue gli altri non arriva mai primo. È la prima cosa che ho pensato quando ho visto questa “novità” di casa Logitech, il Wireless Trackpad. A voi ricorda qualcosa?

Apple rimuove da App Store un gioco che critica Foxconn

Tornano, inevitabili, le polemiche sulle politiche di approvazione delle applicazioni presenti in App Store. Ieri Molleindustria, un collettivo italiano le cui produzioni si collocano a metà fra la videoludica e l’arte di opposizione, segnalava su Twitter la pubblicazione su App Store di Phone Story, il “primo gioco anti-iPhone per iPhone”. Nell’app il giocatore deve ripercorrere la catena produttiva che porta alla creazione dei dispositivi come l’iPhone, a partire dall’estrazione del coltan nelle miniere illegali in Congo fino all’assemblaggio del device presso gli stabilimenti Foxconn. Con un interessante corto-circuito socioeconomico, tutti i ricavati della vendita dell’applicazione sarebbero stati devoluti per intero alle associazioni per la tutela dei lavoratori delle fabbriche in cui gli smartphone vengono prodotti. Peccato che poche ore dopo la pubblicazione del gioco, l’epurazione fosse già compiuta a causa della violazione di quattro punti delle linee guida per gli sviluppatori.

IFA 2011, la fiera dei Tablet anti-iPad

Già nel 2010 all’IFA di Berlino moltissimi concorrenti di Apple hanno presentato la propria offerta Tablet ma nel corso dell’ultimo anno quasi nessuno dei cosiddetti iPad-killer è riuscito a convincere fino in fondo il mercato e soprattutto gli utenti. Nel 2011 ci riprovano praticamente tutti quanti (e qualcuno in più) con un’offerta che per quanto differenziata dal punto di vista hardware (con una pletora di fattori di forma differenti) è quasi totalmente sovrapponibile dal punto di vista software, laddove Android Honeycomb la fa da padrone.
Ci prova Sony, con i suoi tablet S e P; ci prova Samsung con il Galaxy Note, che sfodera un formato “di mezzo” da 5 pollici che si vede sottrarre attenzione da una faccenda di cartelloni oscurati, ci provano Packard Bell e HTC ed anche Toshiba con l’AT200, un prodotto che esteticamente convince ma arriverà solo a dicembre in versione Wi-Fi, con sensibile ritardo rispetto a tutti gli altri. C’era anche Huawei con il suo MediaPad, un tablet da 7 pollici con Honeycomb 3.2 già presentato in anteprima qualche mese fa.

Steve Jobs, la tag cloud dei tributi

Steve's tag Cloud - clic per ingrandire

Dall’annuncio delle dimissioni di Steve Jobs, la scorsa settimana, la rete si è letteralmente riempita di interessantissime testimonianze su Steve Jobs scritte da chi ha lavorato con lui o ha condiviso con il nuovo Chairman di Apple una parte della propria vita. Storie che fino ad ora, per un motivo o per l’altro, erano rimaste nell’ambito dei ricordi personali di molti, sono saltate fuori e hanno offerto uno sguardo interessante al passato dell’uomo e del CEO.
Visto che molte parole sono state spese, ho pensato che fosse il caso di raccoglierne almeno un po’ da alcuni dei tributi che più mi sono piaciuti e provare a farne una tag cloud. La trovate qui sopra. Lo so che ormai le tag cloud, comprese quelle di Wordle, sono una roba che fa 2.0 trés facile, una roba da convegno politico che si vuole mettere al passo coi tempi senza capirci granché,  ma ero curioso di capire che cosa uscisse fuori, in automatico, dalle migliaia di parole su Steve che ho letto in questi giorni.

Steve Jobs: le dimissioni e la salute

Nonostante l’annuncio ufficiale non ne facesse affatto menzione, praticamente tutte le grandi pubblicazioni italiane e straniere ieri hanno collegato in automatico le dimissioni di Steve Jobs ad un aggravamento delle condizioni di salute dell’ormai ex-CEO di Apple. La verità è che non c’era e non c’è nessuna indicazione in tal senso, e il collegamento è solo una pigrizia giornalistica a cui per molti è stato facile ed immediato indugiare. Fatevene una ragione, pennivendoli e soprattutto titolisti: “dare le dimissioni” è diverso da “passare a miglior vita”.
Per giunta le indiscrezioni più quotate parlano di uno Steve Jobs che, nonostante non si sia fatto molto vedere nelle ultime due settimane, ha trascorso tutto l’ultimo giorno da CEO al lavoro in ufficio.

Apple ci tiene davvero alla sicurezza?

Apple Store Bologna in costruzione - Operai senza sicurezza - Grazie per l'immagine a setteB.IT

Apple Store Bologna in costruzione - Grazie a setteB.IT per l'immagine
In tutti questi anni Apple ci ha insegnato che la sicurezza viene prima di tutto. Quando compriamo un iPhone, un iPad o un iPod touch, ad esempio, la prima cosa che Apple sconsiglia per la nostra sicurezza è di non jailbreakarlo. E se qualcuno invece dovesse rubare il nostro iDevice? Per la nostra sicurezza c’è un modo per tracciarlo. E in caso di impossibilità nella restituzione, la possibilità di cancellare da remoto i dati dal device. Tutto per la nostra sicurezza.

Esistono, poi, le patch che Apple rilascia per i suoi sistemi operativi, sia i più recenti che i più datati. Insomma tutto ciò che riguarda il mondo Apple è incentrato sulla sicurezza. Quella digitale, però.

Final Cut Pro X e il disinteresse di Apple verso i “pro”

La “debacle” di Final Cut Pro X ha riportato in auge una vecchia discussione sul presunto disinteresse di Apple verso il mercato comunemente definito professionale. A Cupertino, si dice, sono molto più interessati a macinare denaro creando prodotti per le masse e sentono ormai come un peso inutile tutto l’apparato dei software professionali destinati a vari settori. Il tentativo in corso, quindi, sarebbe quello di consumerizzare, se mi passate il termine, anche il mercato professionale, dato che vendere 100.000 copie di una specie di iMovie Pro a 299$ è sicuramente più facile e più redditizio che vendere 10.000 copie di un eventuale Final Cut Studio 4 a 1000$.
A rincarare la dose con queste ed altre considerazioni ci pensa Ron Brinkman, developer del software di image compositing Shake, tool professionale acquisito da Apple e “terminato” nel 2009 nonostante la sua storia di successo in ambito professionale. La tesi di Brinkman è che in fondo, ad Apple, dei professionisti ormai gliene frega ben poco.

Marco Tempest: iPod, magia e inganno

Marco Tempest iPod Magic

Marco Tempest iPod Magic

“Quando qualcosa esula dalla tua capacità di comprenderlo, in qualche modo diventa magico“. Con questa frase azzeccata e recitata in maniera impeccabile, il buon Jony Ive ci introduceva, nel 2010, alla magia dell’iPad. Non a caso tutta la campagna di Apple per il lancio del primo iPad era giocata sull’aggettivo “magical” e sulla capacità del nuovo dispositivo di stupire, minimizzando la possibilità (e la necessità) di percepirne il meccanismo di funzionamento.
La frase di Jony Ive si può applicare benissimo anche all’illusionismo e alla prestidigitazione. La nostra incapacità di capire quale sia il meccanismo di abilità e intelligenza alla base di un trucco trasforma in magia l’abilità del prestigiatore. E’ quello che Marco Tempest, “tecno-illusionista” che già da qualche anno mescola la sua passione per la magia ad una buona dose di fanboismo Apple, ci spiega nel video che potete vedere qui di seguito.

Documenti segreti svelano alcuni dettagli del mondo retail Apple

Il Wall Street Journal, nei giorni scorsi, è venuto a conoscenza di alcuni documenti riservati Apple che contengono alcuni dettagli circa i colloqui con gli impiegati, il livello di retribuzione e alcune regole (anche bizzarre) in vigore all’interno degli Apple Store.

Tra le curiosità più interessanti, troviamo alcune regole di comportamento e di linguaggio che gli impiegati dei punti vendita al dettaglio devono rispettare quando parlano con i clienti. Ad esempio, è proibito correggere i clienti quando non pronunciano in maniera corretta il nome di un prodotto, così da non farli sentire a disagio.

Steve Jobs fa i preparativi per la “pensione”?

Steve Jobs lascia la parola a Phil Schiller al WWDC 2011
Nell’ultimo keynote svoltosi un paio di giorni fa per presentare le ultime novità, molte delle quali già “annunciate”, abbiamo notato qualcosa di insolito rispetto ai precedenti eventi.

Chi ha avuto modi di assistere dal vivo all’evento (o ai vari Live organizzati in rete) o chi ha visto il keynote dopo che Apple lo ha reso disponibile avrà notato sicuramente la durata eccezionale di quasi due ore viste le tante novità mostrate. Ma c’è anche qualcos’altro.

Garanzia Apple e Apple Care: cerchiamo di capirne di più

Apple Care Protection Plan

La scorsa settimana l’AGCM, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, ha avviato un procedimento nei confronti di Apple e del distributore Comet per stabilire se l’Apple Care Protection Plan venga venduto “senza chiarire al consumatore che il contratto si sovrappone temporalmente al secondo anno della garanzia legale che non comporta costi per il consumatore”.
In parole pover l’AGCM vuole capire se l’offerta di Apple, che prevede un anno di garanzia Apple Care per la maggior parte dei propri prodotti, sia ingannevole oppure no.
La materia non è semplice, la legge europea che la regola relativamente complessa per i non addetti ai lavori – compreso il consumatore medio.
Per capire un po’ di più e cercare, nel limite del possibile, di fare luce sulla questione, abbiamo chiesto un parere legale a Gianluca Craia, dello Studio Legale Craia, patrocinatore e consulente legale d’impresa, esperto di mediazione civile e societaria.

Cosa dice la legge

Partiamo dai punti certi. Negli Stati che aderiscono all’Unione Europea, a seguito della direttiva 99/44/CE, (recepita nell’ordinamento italiano con D.lgs 2 febbraio 2002 n° 24),  in caso di vendita di un prodotto ad un consumatore, il venditore ha  l’obbligo di consegnare beni conformi al contratto di vendita.
Ciò significa che i beni devono:

  1. essere idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo (ad esempio: iPhone deve essere in grado di telefonare e connettersi ad internet, fare foto e video ecc.)
  2. essere conformi alla descrizione fornita dal venditore (su iPhone deve girare iOS 4.3.3 e successivi, il dispositivo deve avere la fotocamera a 5Mpx, essere in grado di girare video in HD e così via)
  3. presentare le medesime qualità e prestazioni  che il consumatore può ragionevolmente attendersi, anche sulla base della pubblicità realizzata dal venditore, produttore o suo agente e/o rappresentante (deve essere veloce, avere funzionalità al top rispetto ai parametri di riferimento, non avere problemi di connessione ecc.)
  4. essere idonei all’uso particolare richiesto dal consumatore e portato a conoscenza del venditore

Ogni volta che il bene non rispetta, anche alternativamente, una delle caratteristiche elencate, è non conforme.

Lodsys Vs Apple: ancora niente intesa per in-app purchase

Nei giorni scorsi è salito agli onori della Mac-cronaca il caso Lodsys, costringendo Apple ad una presa di posizione ufficiale per tranquillizzare i piccoli developers di App Store che avevano già ricevuto una notifica per “uso illegale” del brevetto legato alle in-app purchase. Attraverso un post sul proprio blog, Lodsys fa sapere che la questione non è chiusa e anzi snocciola pure i nomi delle grandi società coinvolte, a suo dire, in questo utilizzo non autorizzato di un proprio brevetto. Tra le società interessate troviamo Combay, Iconfactory, Illusion Labs AB, Shovelmate e Quickoffice.

Sono dunque stati coinvolti non solo alcuni piccoli sviluppatori che hanno creato applicazioni nella propria cantina ma anzi società in grado di farsi strada in App Store con prodotti di qualità. Quale sarà dunque il prossimo passo? Addio in-app purchase oppure Apple troverà un accordo?

Esplosione di Chengdu, Foxconn sapeva del problema delle polveri?

Venerdì scorso una violenta esplosione ha distrutto uno degli edifici dello stabilimento Foxconn di Chengdu, uccidendo tre dipendenti e ferendone circa una ventina. La causa dell’incidente, ha spiegato l’azienda, è stato l’imprevisto accumulo di polvere di alluminio nel sistema di ventilazione nel settore della fabbrica destinato alla lucidatura e pulitura degli iPad 2.
Foxconn si sta sforzando di far apparire l’esplosione come una fatalità imprevedibile grazie al consueto sforzo mediatico gestito da PR occidentali. La storia che racconta l’associazione cinese SACOM (Students and Scholars Against Corporate Misbehaviour) in un rapporto di due settimane fa (download PDF) è molto diversa e parla di problemi già noti, che Foxconn avrebbe volutamente ignorato.

8 motivi per cui Apple non comprerà MySpace

Pare proprio che MySpace sia in vendita. News Corp. sarebbe in cerca di acquirenti per liberarsi del social-carrozzone che acquisì nel 2005 per 500 milioni di dollari. Lo sostiene il Wall Street Journal (di News Corp. pure quello), fonte in questo caso più che attendibile. Il prezzo minimo per l’acquisto dovrebbe essere almeno superiore ai 100 milioni di dollari. Bazzecole per molte aziende della Silicon Valley, Apple compresa.

Secondo Davide “tagliaerbe” Pozzi un ottimo acquirente potrebbe essere proprio l’azienda di Cupertino. Gli 8 motivi addotti, in parte già formulati nel 2009 da Jonah Stein, ad una prima analisi superficiale potrebbero sembrare convincenti, ma in realtà non lo sono affatto. Ecco perché, secondo il sottoscritto, Apple non farà alcuna offerta per MySpace, anche se potrebbe permettersi di comprare la baracca ad una cifra irrisoria.