Abbonamenti In App anche per i SaaS? Steve Jobs dice di no

SaaS è una sigla che significa “Software as a service” e indica quei programmi, generalmente accessibili online, che forniscono un servizio agli utenti dietro pagamento di una “fee”, una tariffa che può aver una scadenza oppure no. Sono SaaS anche Dropbox, Evernote e altri applicativi simili che sono disponibili anche su App Store e soprattutto sono integrati tramite API in altri applicativi disponibili su App Store.

Di recente Readability, un programma simile ad Instapaper che prevede un abbonamento da parte degli utenti e che dunque potrebbe tecnicamente rientrare in questo gruppo, non è stato accettato all’interno dello Store. Motivo: la “subscription” al programma deve essere gestita tramite le nuove API per l’abbonamento in-app.

AirPrint su stampanti condivise sì o no? Steve risponde

Le indiscrezioni sulla possibile rimozione del supporto a stampanti condivise in una rete locale tramite Mac o PC da AirPrint su iOS 4.2 hanno fatto parecchio discutere. Se viene meno questa possibilità, del resto, AirPrint perde gran parte del suo appeal, perché la stampa da dispositivi dotati di iOS 4.2 sarà possibile solamente con stampanti dotate di tecnologia “eprint” direttamente compatibili.

Un utente dei forum di MacRumors, spinto dalla voglia di fare chiarezza, ha scritto direttamente al’iCEO chiedendo spiegazioni, senza risparmiare toni abbastanza duri. Steve ha risposto in maniera esaustiva. E allo stesso tempo non ha chiarito nulla.

Steve Jobs: duro scambio di mail con Valleywag [Aggiornato]

Non accenna a diminuire la frequenza con cui Steve Jobs risponde alle mail di comuni utenti, programmatori, blogger e giornalisti. Sembra che El Jobso si sia preso in carico il compito di comunicare ufficialmente in prima persona con la comunità Apple, in un insolito tentativo di aumentare la trasparenza sulle politiche dell’azienda.

L’ultima testimonianza dell’impegno che l’iCEO dedica al proprio nuovo compito ci arriva da Valleywag, blog del gruppo Gawker (di cui fa parte anche Gizmodo). Il blogger Ryan Tate ha pubblicato interamente lo scambio di email (6 inviate da lui, 4 ricevute in risposta) che ha avuto con Steve Jobs nella notte fra venerdì e sabato scorsi.

I temi sono sempre i soliti: le regole di App Store, lo scontro con Adobe, la vocazione al controllo che Apple esprime con alcune scelte, riguardanti soprattutto l’ecosistema di iPhone OS. Il tono, però, è parecchio sopra le righe, almeno per quanto riguarda il giornalista. Sempre che non sia tutta una balla colossale: in quel caso sarebbe un altro duro colpo per la reputazione già malconcia del gruppo Gawker.

Aggiornamento
: Ryan Tate ci ha risposto fornendoci le headers del primo messaggio inviato da Steve Jobs. Sembra tutto decisamente autentico.

Steve Jobs: per il porno c’è Android

L’oracolo di Cupertino ha parlato di nuovo attraverso il suo mezzo prediletto: la posta elettronica. La risposta che ha dato, ancora una volta, è tutt’altro che criptica e difficilmente interpretabile, anzi. E’ proprio un capolavoro di schiettezza.

Un utente Apple ha scritto a El Jobso per avere lumi sulla politica di ammissione dei contenuti all’interno di App Store. Da una parte l’autore della email citava il respingimento della applicazione satirica del premio Pulitzer Mark Fiore, dall’altra l’assenza del porno in App Store, che secondo lui Apple dovrebbe regolamentare semplicemente creando una categoria apposita. Al resto dovrebbero pensarci i genitori con il parental control.

La risposta di Steve è arrivata, puntuale:

“L’applicazione di Fiore sarà nello Store a breve. Quello era un errore. In ogni caso, riteniamo che Apple abbia una responsabilità morale nel tenere il porno fuori dall’App Store. Chi vuole il porno può comprare un telefono Android”.

Steve risponde ancora: ‘Pad’ è nostro e i Core i3 non servono

Steve Jobs continua a rispondere con zelo alle email di semplici utenti Apple e di sviluppatori arrabbiati. E continua a farlo con con la sua solita “vis ermetica”, sintetizzando il succo della propria risposta in poche righe concise. Ci sono un altro paio di email di risposta da El Jobso che girano per il MacWeb da ieri.

Nella prima, inviata a Chris Ostmo, uno sviluppatore che si è visto respingere la propria applicazione per iPad perché conteneva la parola magica Pad, Steve ha spiegato che è buona norma non usare i trademark altrui nei propri prodotti, alludendo ad una possibile registrazione commerciale del termine Pad da parte di Apple (immagine dopo il salto).

Nella serata di ieri (o meglio, nella tarda mattinata, ora di Cupertino), sjobs@apple ha spiegato in maniera molto chiara al comune utente David Jenkins il perché della scelta di non utilizzare i Core i3 di Intel sui nuovi MacBook Pro 13″ (email nello screenshot di apertura).