La scorsa settimana, durante un dibattito alla CNN fra i principali candidati repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti, l’ex Governatore della Pennsylvania Rick Santorum ha esposto il piano che metterebbe in pratica, se fosse eletto Presidente, per convincere Apple a riportare in patria la produzione dei propri prodotti, un processo che ad oggi crea un indotto da più di 500.000 posti di lavoro. In Cina.
“Apple, hai tutti questi dipendenti laggiù e generi tutti questi profitti all’estero”, ha detto Santorum.“Se voi riportare in patria quei soldi ora paghi il 35% di tasse. Con il nostro piano, se porti qui i soldi e investi in fabbriche e strumentazioni qui a Charleston, non paghi nulla. Se metti quei soldi nella creazione di lavoro, se li investi, non paghi nulla. E’ un incentivo potente”.
Un incentivo potente, senza dubbio. Ma anche un incentivo totalmente sbagliato. Una ragione molto semplice per capire come mai il “piano perfetto” di Santorum non potrebbe funzionare lo fornisce indirettamente il New York Times con un’interessantissima inchiesta che dimostra perché Apple (che è il caso di studio preso ad esempio) e molte altre aziende americane non possono fare altro che rivolgersi alle aziende cinesi per la produzione dei gadget che vanno forte sul mercato americano. Spoiler: non è un problema di tasse o semplicemente di costo del lavoro, è un problema di flessibilità, scalabilità estrema e disponibilità di manodopera.