Pegatron sotto accusa per la morte di un giovane operaio che assemblava iPhone 5c

La morte di un giovane dipendente di uno stabilimento di Pegatron dove vengono assemblati i nuovi iPhone 5c porta nuovamente in primo piano le condizioni di lavoro degli operai cinesi addetti alla fabbricazione dei prodotti Apple.

Shi Zakoun, il ragazzo deceduto per un’infezione polmonare a Shanghai dopo un solo mese di lavoro alla Pegatron, aveva soltanto quindici anni e l’azienda non avrebbe potuto lavorare presso la fabbrica. Il giovane aveva mentito sulla propria età al momento dell’assunzione grazie ad un falso documento d’identificazione.

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Le condizioni dei lavoratori di Foxconn migliorano, secondo la FLA

La Fair Labor Association, l’ente non governativo che Apple ha assunto per condurre approfondite ispezioni nelle fabbriche della Foxconn che assemblano i prodotti della Mela, ha pubblicato un nuovo rapporto aggiornato ad agosto 2012.
Nel documento, disponibile in PDF, la FLA segnala importanti miglioramenti e indica che i cambiamenti richiesti all’azienda sono stati attuati in anticipo rispetto alla tempistica imposta all’azienda.

Nuovo suicidio alla Foxconn di Chengdu

Un dipendente Foxconn impiegato nello stabilimento di Chengdu si è tolto la vita ieri, saltando dal tetto di uno dei dormitori del complesso industriale. La notizia della morte del giovane operaio, di nome Xie, si è rapidamente diffusa su Sina Weibo, il più diffuso social network cinese.
Secondo quanto riporta MIC Gadget diversi utenti avrebbero lamentato un tentativo di censura da parte delle autorità locali.

Video: uno sguardo alla nuova fabbrica Foxconn di Zengshou

Per anni le linee produttive Foxconn da cui escono i prodotti Apple, iPhone e iPad in primis, sono rimaste off-limits e la possibilità di vederle, anche solo in video, o di mettervi piede non era di certo un privilegio riservato ai giornalisti.
Il recente interessamento del New York Times e le conseguenti polemiche sullo sfruttamento dei lavoratori da parte dell’azienda Taiwanese hanno reso necessaria una decisa apertura ai media, come hanno dimostrato il reportage di ABC Nightline e le foto della visita di Tim Cook.

Ad ulteriore conferma di questa nuova tendenza arriva ora questo servizio video (qui sotto) di iFeng, un sito di news cinese. Il reporter che ha curato il filmato ha visitato il nuovo stabilimento Foxconn di Zengshou con un accompagnatore eccellente: il CEO Terry Gou.

Apple e Foxconn si spartiranno i costi per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori cinesi

Le polemiche sullo sfruttamento da parte di Foxconn dei lavoratori cinesi che assemblano i prodotti Apple sono andate attenuandosi con il passare delle settimane. L’impegno di Apple nell’affrontare la questione si è fatto decisamente più evidente, grazie anche ad un notevole dispiegamento di forze mediatico necessario per rispondere alle inchieste del New York Times, e non è sfumato con il naturale decadimento dell’attenzione riservata all’argomento dagli agenda setter del settore tecnologico.

Reuters segnala infatti un’altra iniziativa intrapresa da Apple e Foxconn dopo le recenti ispezioni degli stabilimenti affidate alla Fair Labor Association: stando a quanto dichiarato dal CEO di Foxconn, Terry Gou, l’azienda cinese e Apple si spartiranno i costi necessari al miglioramento delle condizioni di lavoro
dei dipendenti cinesi.

Apple aggiorna i dati sugli straordinari dei lavoratori cinesi

Apple ha aggiornato la sua pagina sulla “Supplier Responsibility” per includere alcuni dati recenti relativi al controllo sull’eccessivo ricorso agli straordinari da parte dei propri fornitori.
In uno specchietto della sezione dedicata ai diritti dei lavoratori e ai diritti umani l’azienda informa che nel corso di febbraio si sono visti i primi miglioramenti della situazione generale rispetto al mese precedente: fra gennaio e febbraio l’89% del campione di 500.000 lavoratori presi in esame ha rispettato le settimane di 60 ore imposte dal codice di condotta voluto da Apple.
Ancora meglio i dati di marzo, che mostrano un adeguamento alle richieste dell’azienda da parte del 95% dei lavoratori impiegati presso i fornitori ispezionati.

Foxconn e Fair Labor Association raggiungono un accordo

La Fair Labor Association, l’organizzazione non governativa cui Apple si è rivolta per i recenti audit indipendenti delle fabbriche Foxconn, ha annunciato ieri di aver raggiunto un accordo con il produttore cinese grazie al quale saranno istituiti controlli più severi su alcuni elementi chiave dell’esperienza lavorativa nelle fabbriche della grande conglomerata, quali ad esempio gli straordinari dei dipendenti e i loro salari.

Durante le indagini condotte nel corso dell’ultimo mese e mezzo la Fair Labor association ha scoperto numerose irregolarità relative a questi due punti nodali. Durante i periodi di picco, quando cioè sale sensibilmente la produzione di nuovi prodotti, la settimana lavorativa media del dipendente Foxconn può superare le 60 ore, il limite imposto dal codice di condotta cui si rifa la FLA per le proprie ispezioni.

Le mezze verità di Mike Daisey fra teatro e giornalismo

Quando nel 2010 Mike Daisey portò in teatro per la prima volta The Agony And the Ecstasy of Steve Jobs, il suo monologo sulle condizioni di lavoro nelle aziende cinesi che producono i prodotti Apple molti altri gadget tecnologici, l’ampia copertura mediatica sulla “questione Foxconn” era di là da venire.
Certo, c’erano già stati i suicidi e il tema era già ampiamente dibatutto nei circoli relativamente ristretti del Web tecnologico. E’ soltanto dopo le recenti inchieste del New York Times che l’interesse per Foxconn e le condizioni dei lavoratori cinesi è entrato di peso in un’agenda informativa di assai più ampia diffusione.

This American Life è un famosissimo programma radiofonico statunitense che va in onda ogni settimana su numerose emittenti associate alla Public Radio International, condotto dallo speaker Ira Glass. Due mesi fa, in una puntata intitolata “Mr. Daisey and the Apple Factory”, Glass mandò in onda una versione adattata per la trasmissione radiofonica di “The Agony and the Ecstasy of Steve Jobs“.

Un interessante incrocio fra giornalismo e teatro che purtroppo ha prodotto pessimi frutti: Daisey ha “mentito”. Molte delle cose che l’attore dice nel suo monologo non sono totalmente vere, come evidenziato da un successivo lavoro di investigazione sulle fonti. This American Life ha dedicato l’intera puntata della scorsa settimana alla ritrattazione del precedente episodio e Mike Daisey è finito nell’occhio del ciclone per quelle che moltissimi giornalisti non hanno esitato a bollare come “bugie”.

Foxconn: ABC Nightline, il teatrino per la FLA e il documentario italiano

Martedì scorso il programma di approfondimento giornalistico Nightline ha mandato in onda su ABC il primo video-reportage autorizzato sulle condizioni di lavoro alla Foxconn. In 18 minuti l’inchiesta di Bill Weir non ha mostrato nulla che già non avessimo appreso precedentemente da altre fonti, ma ha il merito di aver fornito immagini che per la prima volta documentano ciò che realmente avviene all’interno di una catena di montaggio in cui lavorano migliaia di persone contemporaneamente. Un ambiente che fino ad ora abbiamo solo potuto immaginare.
Nel frattempo continuano le ispezioni della FLA, mentre un associazione indipendente denuncia la presunta messinscena di Foxconn, che avrebbe provveduto ad “edulcorare” vari aspetti dell’ambiente di lavoro e a nascondere i lavoratori più giovani che non potrebbero fare gli straordinari.
L’interesse verso l’argomento ha in ogni caso il merito di aver riportato in auge un interessante documentario italiano sulla Foxconn girato nel 2010, mentre il monologhista Mike Daisey ha pubblicato con licenza Creative Commons il suo ormai famoso monologo sull’argomento.

ABC Nightline entra alla Foxconn per un reportage senza precedenti

Questa sera sul canale americano ABC andrà in onda una puntata speciale di Nightline dedicata alla produzione degli iPhone e degli altri prodotti Apple presso gli stabilimenti Foxconn di Chengdu e Shenzhen.
Il reporter Bill Weir è stato in Cina e per la prima volta in assoluto gli è stato concesso di visitare, con troupe televisiva al seguito, la linea produttiva lungo la quale vengono realizzati i gadget elettronici Apple.
A Weir è stato permesso di visitare le fabbriche e i dormitori, nonché di intervistare senza restrizioni i dipendenti. Il risultato è un interessantissimo documento, primo nel suo genere, che mostra da vicino quelle condizioni lavorative di cui abbiamo sempre sentito raccontare nei reportage giornalistici come quello pubblicato recentemente dal New York Times.

FLA: le fabbriche Foxconn sono di prima classe

Lunedì scorso Apple ha annunciato l’avvio di ispezioni a tappeto presso gli stabilimenti Foxconn dove vengono prodotti gli iPhone e gli iPad.
A condurre i controlli è la Fair Labor Association, un’ente no-profit indipendente. Oggi emergono i primi dettagli sull’operazione, che nei prossimi mesi interesserà anche altri fornitori Apple quali Pegatron e Quanta.
Le prime impressioni registrate dalla FLA, sono decisamente positive. Per il presidente dell’ente, Auret Van Herden, le condizioni riscontrate da lui e dai suoi ispettori presso le fabbriche cinesi sono molto migliori rispetto allo standard cinese, soprattutto nell’ambito della produzione dei capi d’abbigliamento.

Secondo quanto scrive Reuters, dopo le prime visiti ad alcuni impianti Foxconn, Van Heerden ha dichiarato che “le infrastrutture sono di prima classe; le condizioni fisiche [di lavoro] sono molto, molto al di sopra della norma”.

Fair Labor Association avvia le ispezioni alla Foxconn

Apple ha risposto pubblicamente alle inchieste del New York Times sulle condizioni dei lavoratori cinesi che producono iPhone ed iPad e l’ha fatto annunciando, con un comunicato diffuso pochi minuti fa, l’avvio delle ispezioni presso le fabbriche Foxconn da parte della Fair Labor Association.
La FLA è un’ente no-profit che si occupa della tutela dei lavoratori a livello globale e in particolar modo nei paesi in via di sviluppo e ad altissimo tasso di industrializzazione, come la Cina. Apple aveva annunciato di aver aderito all’ente, prima fra i giganti del settore Tech, contestualmente alla pubblicazione del rapporto 2011 sulla Supplier Responsibility, a fine gennaio.
Nel comunicato si legge che la FLA ha iniziato il proprio giro di audit speciali questa mattina presto, a partire proprio dagli stabilimenti di Foxconn City, a Shenzhen.

Il costo umano della produzione dell’iPad

Qualche mese fa alcuni reporter del New York Times hanno accettato un difficile compito: la realizzazione un’inchiesta sulle condizioni dei lavoratori cinesi che producono gli iPhone, gli iPad e molti altri gadget elettronici e computer che milioni di utenti occidentali utilizzano ogni giorno.
Un’inchiesta diversa da tutte le altre che finora abbiamo letto e che in gran parte erano basate su report di seconda mano, un’inchiesta che entrasse davvero nelle fabbriche e potesse mettere assieme le testimonianze di fonti vicine alle aziende fornitrici.

Il primo frutto di questo difficile “assignement” è un articolo sul perché Apple e altre aziende scelgono di produrre in Cina i propri gadget, comparso sulle pagine del New York Times qualche giorno fa. Ne abbiamo parlato dettagliatamente nel nostro articolo “Perchè Apple costruisce i suoi iPhone in Cina”.

Ieri il NYTimes ha pubblicato la seconda “puntata“, che parla più direttamente dei costi umani di quella produzione. E’ un articolo duro ma equilibrato (vero capolavoro del miglior giornalismo d’inchiesta americano) secondo il quale Apple, per quanto sinceramente attenta alle tematiche del lavoro in Cina, non esita in ogni caso a forzare condizioni contrattuali che innescano violazioni e soprusi.

UPDATE: Tim Cook ha risposto con una mail interna ai dipendenti (che è prontamente trapelata). Dettagli a fondo articolo.

Perché Apple costruisce i suoi iPhone in Cina?

La scorsa settimana, durante un dibattito alla CNN fra i principali candidati repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti, l’ex Governatore della Pennsylvania Rick Santorum ha esposto il piano che metterebbe in pratica, se fosse eletto Presidente, per convincere Apple a riportare in patria la produzione dei propri prodotti, un processo che ad oggi crea un indotto da più di 500.000 posti di lavoro. In Cina.

“Apple, hai tutti questi dipendenti laggiù e generi tutti questi profitti all’estero”, ha detto Santorum.“Se voi riportare in patria quei soldi ora paghi il 35% di tasse. Con il nostro piano, se porti qui i soldi e investi in fabbriche e strumentazioni qui a Charleston, non paghi nulla. Se metti quei soldi nella creazione di lavoro, se li investi, non paghi nulla. E’ un incentivo potente”.

Un incentivo potente, senza dubbio. Ma anche un incentivo totalmente sbagliato. Una ragione molto semplice per capire come mai il “piano perfetto” di Santorum non potrebbe funzionare lo fornisce indirettamente il New York Times con un’interessantissima inchiesta che dimostra perché Apple (che è il caso di studio preso ad esempio) e molte altre aziende americane non possono fare altro che rivolgersi alle aziende cinesi per la produzione dei gadget che vanno forte sul mercato americano. Spoiler: non è un problema di tasse o semplicemente di costo del lavoro, è un problema di flessibilità, scalabilità estrema e disponibilità di manodopera.

Apple pubblica il Supplier Responsibility Report 2012, la lista dei fornitori e aderisce alla FLA

Poche ore fa Apple ha pubblicato il report 2012 sulla Supplier Responsibility (link PDF), un esteso documento con cui l’azienda spiega che cosa è stato fatto nell’ambito della garanzia dei diritti dei lavoratori assunti dai fornitori dell’azienda, in particolar modo quelli che hanno sede nell’area della Greater China e più in generale nel sud-est asiatico.

Il documento, disponibile nella pagina dedicata del sito Apple, enumera con dovizia di particolari il tipo di ricerche effettuate dagli ispettori Apple e molte delle violazioni riscontrate e successivamente corrette. E non è tutto, perché sempre oggi Apple ha comunicato la propria adesione alla Fair Labor Association, un consorzio no-profit che si batte per la tutela dei diritti dei lavoratori.
A testimonianza dell’importanza della questione Tim Cook ha inviato un’email interna ai dipendenti Apple per segnalare la pubblicazione del report sulla Supplier Responsibility.

Il China Labor Watch sull’esplosione alla Pegatron

Oltre alle autorità competenti, anche il China Labor Watch sta indagando sulle cause dell’esplosione occorsa il 17 dicembre scorso presso lo stabilimento della Pegatron che produce per conto di Apple le scocche in alluminio di iPad 2.

Il CLW è un’organizzazione indipendente e no-profit sorta nel 2000 e che si occupa delle condizioni lavorative nelle fabbriche cinesi.

Apple rimuove da App Store un gioco che critica Foxconn

Tornano, inevitabili, le polemiche sulle politiche di approvazione delle applicazioni presenti in App Store. Ieri Molleindustria, un collettivo italiano le cui produzioni si collocano a metà fra la videoludica e l’arte di opposizione, segnalava su Twitter la pubblicazione su App Store di Phone Story, il “primo gioco anti-iPhone per iPhone”. Nell’app il giocatore deve ripercorrere la catena produttiva che porta alla creazione dei dispositivi come l’iPhone, a partire dall’estrazione del coltan nelle miniere illegali in Congo fino all’assemblaggio del device presso gli stabilimenti Foxconn. Con un interessante corto-circuito socioeconomico, tutti i ricavati della vendita dell’applicazione sarebbero stati devoluti per intero alle associazioni per la tutela dei lavoratori delle fabbriche in cui gli smartphone vengono prodotti. Peccato che poche ore dopo la pubblicazione del gioco, l’epurazione fosse già compiuta a causa della violazione di quattro punti delle linee guida per gli sviluppatori.

Esplosione di Chengdu, Foxconn sapeva del problema delle polveri?

Venerdì scorso una violenta esplosione ha distrutto uno degli edifici dello stabilimento Foxconn di Chengdu, uccidendo tre dipendenti e ferendone circa una ventina. La causa dell’incidente, ha spiegato l’azienda, è stato l’imprevisto accumulo di polvere di alluminio nel sistema di ventilazione nel settore della fabbrica destinato alla lucidatura e pulitura degli iPad 2.
Foxconn si sta sforzando di far apparire l’esplosione come una fatalità imprevedibile grazie al consueto sforzo mediatico gestito da PR occidentali. La storia che racconta l’associazione cinese SACOM (Students and Scholars Against Corporate Misbehaviour) in un rapporto di due settimane fa (download PDF) è molto diversa e parla di problemi già noti, che Foxconn avrebbe volutamente ignorato.

Foxconn: i ragazzini che costruiscono gli iPhone

Foto pubblicata per gentile concessione di J. Pouille

Il giornalista francese Jordan Pouille, corrispondente da Pechino per il periodico francese La Vie, poco prima di Natale è tornato a visitare gli stabilimenti Foxconn di Shenzen, in cui già era stato a giugno. Ne ha scritto sul suo giornale e sul suo blog, ha fatto molte foto e un video. E’ una testimonianza importante e precisa, che mette a nudo qual è il vero problema di Foxconn e che dovrebbe essere letta da chiunque abbia ricevuto in regalo per Natale un iPhone o un altro prodotto marchiato Apple, Nokia, Sony, HP (…).

Pouille racconta le storie di alcuni degli operai-ragazzini di Shenzen. Non c’è sfruttamento di lavoro minorile, ma praticamente tutti i dipendenti che vivono e lavorano nella iPod city hanno un’età compresa fra i 18 e 23 anni. Foxconn non vuole impiegare manodopera più “vecchia”. E’ uno dei parametri che secondo l’azienda del magnate Terry Gou favorisce la produttività, al pari dell’organizzazione scientifica delle fasi di lavoro e alla disciplina militare cui bisogna sottostare per non essere licenziati.