Apple: nella causa sugli ebook il Governo sta col monopolio

In un documento depositato martedì presso la Corte Federale del Distretto Sud di New York, gli avvocati Apple hanno attaccato senza mezzi termini la causa antitrust che il Dipartimento di Giustizia ha intentato contro l’azienda, rea, secondo il Governo, di aver “cospirato” con alcuni editori per favorire l’innalzamento dei prezzi degli ebook sul mercato.

“Le accuse mosse dal Governo nei confronti di Apple”, si legge nel documento, “sono fondamentalmente fallate a fronte dei fatti e di fronte alla legge. Apple non ha ‘cospirato’ con nessuno, non era a conoscenza di alcuna ‘cospirazione’ da parte di altri e non ha mani ‘aggiustato i prezzi'”.

Caso antitrust sul prezzo degli ebook: perché Apple può vincere contro il DOJ

Poco meno di un paio di settimane fa il Dipartimento di Giustizia statunitense (DOJ) ha intentato una causa antitrust contro Apple e altri 5 editori, rei di aver fatto cartello per alzare artificialmente il prezzo degli ebook. In un mercato dominato totalmente dal modello Amazon, che compra ebook in grandi quantità e poi li rivende a prezzi bassi accettando margini molto risicati (e spesso andando in perdita), l’agency model di Apple (l’editore fa il prezzo, il distributore si prende il 30%) avrebbe favorito secondo il DOJ un meccanismo anticoncorrenziale di accordi fra gli editori finalizzati ad alzare artificialmente il prezzo dei libri digitali.

Tre degli editori coinvolti hanno già patteggiato, mentre Apple e altri due publisher sono intenzionati ad affrontare il dibattimento. Secondo un editoriale di L.G Crovitz pubblicata ieri dal Wall Street Journal questa è la scelta giusta, perché l’impostazione del caso scelta dal DOJ sarebbe palesemente sbagliata perché imperniata sulla presunta illiceità, per se, dell’agency model.

Caso antitrust su iBookstore e prezzi degli ebook, Apple risponde

Due giorni fa il Dipartimento di Giustizia Americano ha depositato una causa contro Apple e altri 5 editori accusandoli di aver stretto accordi anti-concorrenziali finalizzati all’innalzamento dei prezzi degli ebook sul mercato.

Nella serata di ieri Apple ha risposto ufficialmente con una dichiarazione rilasciata dal portavoce Tom Neumayr a Peter Kafka di All Things Digital:

L’accusa di collusione mossa dal DOJ contro Apple è semplicemente non vera. Il lancio dell’iBookstore nel 2010 ha favorito l’innovazione e la concorrenza, interrompendo la stretta monopolistica di Amazon sull’editoria. Da allora i consumatori hanno beneficiato di ebooks che sono più interattivi e coinvolgenti. Così come abbiamo permesso agli sviluppatori di decidere i prezzi sull’App Store, allo stesso modo gli editori possono sceglierli sull’iBookstore.

Stesso tenore e stessa impostazione della difesa da parte dei due editori che hanno scelto di non patteggiare subito, ovvero Penguin Group e MacMillan. Gli altri tre editori coinvolti, HarperCollins, Hachette e Simon&Schuster hanno invece scelto di accettare un accordo proposto dal DOJ.

Il dipartimento di giustizia fa causa ad Apple e a 5 editori per i prezzi degli ebook

Il Department Of Justice (DOJ) americano ha fatto causa ad Apple ed altri 5 editori per alcune violazioni antitrust sul prezzo degli ebook. L’accusa mossa dal Dipartimento è chiara: gli editori ed Apple si sarebbero accordati per vendere su iBookstore i propri libri con il cosiddetto “agency model” (il venditore del contenuto decide il prezzo, il distributore se ne prende una percentuale) a prezzi più alti rispetto ad Amazon e avrebbero successivamente utilizzato questo accordo come leva sullo Store di Jeff Bezos in modo da poter vendere libri anche su Kindle Store con il medesimo modello, anziché “all’ingrosso”, e a prezzi più alti rispetto al tetto dei 9,99$ imposto da Amazon sui best seller.

Tre dei cinque editori coinvolti, Harper Collins, Hachette e Simon&Schuster avrebbero già raggiunto un accordo con il Dipartimento di Giustizia, mentre Apple, McMillan e Penguin sarebbero intenzionati a procedere alla difesa in tribunale.

Apple e Google di nuovo chiamate a testimoniare davanti al Senato USA

udienza senato usa

Dopo la prima udienza, i rappresentanti di Apple e Google sono stati convocati di nuovo presso la corte del Senato USA per fare chiarezza sulle modalità con le quali le aziende informano i loro clienti circa le politiche di localizzazione e successivamente salvano e/o trasmettono a terzi tali informazioni.

A distanza di circa una settimana, quindi, due tra le più importanti aziende degli Stati Uniti (alle quali si aggiungerà anche Facebook) saranno presenti a Washington nella giornata di giovedì per essere ascoltati dai Senatori in carica nell’attuale governo Obama.

Apple e Google all’esame del Senato USA sulla privacy

southofengland.jpg

La notizia del salvataggio persistente delle informazioni di localizzazione sugli iDevice ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo grande problema di Apple (ma anche di Google). Dopo “l’antenna gate”, l’azienda di Cupertino dovrà giustificare le proprie azioni davanti alla corte del Senato USA circa il rispetto della privacy sulla mobilità degli utenti.

Come riporta AppleInsider, infatti, alcuni rappresentanti dei colossi emergenti della telefonia mobile (Apple e Google, appunto) sono stati convocati durante il mese di maggio presso la corte giudiziaria del Senato per esporre come (non?) viene rispettata la privacy degli utenti sui loro dispositivi mobili.

Apple potrebbe influenzare l’accordo Comcast-NBC

In base a quanto riportato da AppleInsider, l’accordo tra Comcast e NBC Universal potrebbe essere soggetto a “condizioni significative” da parte del governo statunitense per evitare una specie di monopolio sui programmi televisivi e film.

L’accordo tra Comcast, provider di TV via cavo, e NBC Universal, stimato per una cifra che si aggira attorno ai 14 miliardi di dollari, dovrebbe concludersi entro la fine del 2010 e né il Dipartimento di Giustizia né la FCC (Federal Communications Commission) potrebbero impedirlo poiché le aziende non sono dirette concorrenti.

La Federal Trade Commission avvia un’inchiesta Anti-Trust nei confronti di Apple

Grazie a prodotti come iPhone e iPad, ormai Apple è una delle più grandi aziende, nel settore tecnologico, in termini di capitalizzazione (molto più di quanto lo era tempo fa); nonostante questo sia un ottimo segnale di grande vitalità dell’azienda, porta irrimediabilmente con sé anche un rovescio della medaglia; ormai Apple è sotto i riflettori mondiali, e ogni passo che l’azienda compie verrà misurato e valutato da diversi organi di controllo.

A seguito delle ultime “limitazioni” introdotte da Apple sul piano software, la Federal Trade Commission ha inviato un’inchiesta Anti-Trust nei confronti dell’azienda, per verificare se queste possano causare una concorrenza sleale per altre realtà aziendali del settore.