iPacchi: l’aumento di app scam e la deriva televisiva dell’App Store italiano

La grande operazione di marketing che Impending e RealMac Software hanno messo in piedi nelle scorse settimane in vista del lancio di Clear, ha avuto i frutti sperati. L’applicazione, hanno rivelato gli sviluppatori, è stata scaricata ben 350.000 volte in poco più di una settimana.
Un grande successo facilmente prevedibile, vista la popolarità dei developers e il grande hype che s’era creato. Tanto prevedibile da spingere un altro sviluppatore a realizzare, in anticipo sul lancio dell’originale, un’applicazione “tarocca” in tutto simile a Clear che è riuscita a gabbare non pochi utenti prima che Apple provvedesse a rimuoverla.
Nei giorni scorsi proprio Phill Ryu di Impending Software ha pubblicato un lungo articolo sul preoccupante problema delle scam app, un fenomeno crescente su App Store contro il quale, a suo (condivisibile) parere, Apple non sta ancora facendo abbastanza.
Ryu cita il caso eclatante di Pokemon Giallo ma ce ne sono molti altri e tutti hanno caratteristiche comuni.
Sull’App Store italiano il fenomeno è presente e ha preso una piega assai curiosa, con il proliferare di applicazioni televisive che scalano con facilità la classifica delle app a pagamento nonostante si tratti di inenarrabili schifezze.

Google Latitude approda in App Store

Dopo un’attesa durata parecchio, approda finalmente in App Store la App ufficiale per Google Latitude (iTunes Link), consentendo di usufruire del servizio anche agli utilizzatori di dispositivi iOS, senza dover più ricorrere alla Web App lanciata l’estate dell’anno scorso.

Apple è diventata più permissiva nell’approvazione delle app?

La settimana scorsa, come vi abbiamo fatto sapere in un post precedente, Apple ha rilassato alcuni dei vincoli dell’App Store. In particolar modo sono stati rivisti i paragrafi 3.3.1, 3.3.2 e 3.3.9 dei termini di servizio di iOS 4 che impedivano l’utilizzo di compilatori di terze parti come il packager for iPhone di Adobe.

Oltre a garantire una visione più “aperta” della piattaforma e permettere a più sviluppatori di avvicinarsi al mondo di iOS, sembra che la decisione abbia condizionato in qualche modo anche il processo di approvazione delle app. Come riporta il Los Angeles Times, infatti alcuni sviluppatori, che avevano visto “parcheggiare” le proprie app per diverso tempo in attesa di approvazione, sono stati avvisati di aver superato il processo di selezione.

App Store: altre due bocciature che fanno discutere

Non si placano le polemiche sul sistema di revisione delle applicazioni con contenuti editoriali che vengono ammesse nell’App Store.
Dopo il caso di Mark Fiore, il vignettista satirico vincitore di un premio Pulitzer che si è visto ri-approvare la sua app rifiutata a dicembre 2009 dopo la vittoria dell’ambito premio (e l’intervento di Steve Jobs) è ora il turno dell’editore Cagle Cartoons. La società di Daryl Cagle, cartoonist per MSNBC, si è vista rifiutare un’applicazione che raccoglie caricature del golfista Tiger Woods, il cui contenuto, secondo il solito recensore anonimo, era da considerarsi opinabile.

Anche l’editorialista di Vanity Fair Michael Wolff, le cui columns sono note per i toni quasi offensivi nei confronti di Steve Jobs (al quale il giornalista riserva spesso attributi del calibro di “dittatore”, “nevrotico”, “terrificante”), lamenta la bocciatura di un’applicazione che raccoglie i suoi editoriali pubblicati da Newser.com.

Pericolo frodi bancarie per le App: evviva la censura di App Store?

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Nei mesi scorsi ci siamo spesso confrontati sul problema della “censura” in App Store: il metodo di approvazione delle applicazioni, macchinoso e talvolta inspiegabile, è uno dei punti inamovibili della politica di Apple. Sia da TAL che da tutto il “Mac Web” si è spesso alzata la richiesta di una revisione al meccanismo denominato “App approval process“: meno controlli garantirebbero, sulla carta, una maggiore libertà di creazione da parte dei vari developers.

Davanti ad una notizia odierna, però, sembra cadere il castello di accuse costruito nei confronti di Apple: c’è un serio pericolo di frodi bancarie per alcune applicazioni. Per ora il problema è limitato ai devices con sistema operativo Android e l’augurio è quello che siano stati proprio i “maniacali controlli” da parte di Apple ad evitare il dilagare di applicazioni simili anche in App Store.

La TV svedese chiede aiuto a Steve Jobs per farsi approvare l’App

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Le critiche al processo di approvazione delle applicazioni in App Store sono ormai all’ordine del giorno e se esse provengono pure dalla Svezia, popolo che il luogo comune vede come gente “fredda e pacata”, può significare che qualcosa debba essere rivisto. L’iniziativa svedese interessa l’applicazione “SVT Play” che è in attesa di essere approvata: tale App permetterà alla TV pubblica di trasmettere in streaming la propria programmazione a tutti gli iPhone e iPod touch.

La cosa che non ti aspetti, però, è che non ci troviamo davanti ad una applicazione in stand-by da settimane: “SVT Play” è stata appena inviata ad Apple e gli sviluppatori, in sostanza, si rivolgono a Steve Jobs per saltare la fila. D’accordo con chi ritiene che il processo di approvazione delle applicazioni sia decisamente lungo e snervante ma ciò non giustifica il fatto di voler “fare i furbetti”.

App Store e il lato umano della censura computerizzata

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Il chiacchierato metodo di approvazione della applicazioni in App Store, contestato sia dei developers stessi che dall’utenza, ha recentemente avuto un “upgrade”: non solo è presente il controllo umano ma da qualche settimana le applicazioni vengono verificate anche da un apposito software in grado di percepire eventuali infrazioni presenti nel codice.

Un dato oggettivo, infatti, è utile ad Apple per giustificare la censura in App Store che tutti abbiamo imparato a conoscere: una motivazione inequivocabile, infatti, non permette recriminazioni. Fa sorridere in merito una recente notizia che vede Apple avvisare un developer di “non includere, nella prossima versione dell’applicazione, quelle API private che la iPhone SDK non permette“: un episodio non usuale nei tempi passati che fa quasi immaginare che la censura computerizzata abbia un “lato umano”.

App Store come “game changer” anche per il New York Times

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App Store, ovviamente in collaborazione con iPhone e iPod touch, ha cambiato il modo di videogiocare di milioni di persone. Chi cercava una console portatile, ha trovato una valida alternativa mentre chi nemmeno immaginava di potersi divertire con il proprio telefono cellulare, ora è ora tornato bambino. App Store come “game changer” è il soggetto di un interessante articolo del New York Times.

Nulla di nuovo per i vertici di Cupertino che già all’iPod event dello scorso settembre indicavano iPod touch come l’unica vera console portatile e nulla di nuovo per tutti voi che quotidianamente seguite le “iPhoniche vicende” qui su TAL. Perché dunque vi segnalo un articolo del NYT? Semplice: definire App Store come “game changer” è sfruttato come un pretesto da “quelli di Cupertino” per tornare a parlare del metodo di approvazione delle applicazioni attraverso le colonne di uno dei media più seguiti al mondo.

Applicazioni rifiutate da App Store: sale la protesta

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Il processo di approvazione delle applicazioni per uno sviluppatore credo che possa genericamente inteso come una sorta di “compito in classe delle scuole superiori”: si prepara il lavoro (anche se in questo caso anche a casa), lo si consegna e si attende ansiosi di conoscerne l’esito. Nel caso di App Store, il developer non si aspetta ovviamente di ricever un “10” ma piuttosto attende la comunicazione riguardante l’approvazione della propria App.

Un meccanismo che credo possa innescare un po’ di ansia (soprattutto per i piccoli developers che investono tempo e denaro nella programmazione di applicazioni per iPhone e iPod touch) che, unto alla “poca trasparenza di Apple”, crea malumori quando l’applicazione viene scartata. Ora è online un sito in cui tutti gli sviluppatori possono offrire informazioni sulle proprie applicazioni rifiutate. Apple è sempre di più nel centro del mirino.

App Store: Schiller difende il processo di approvazione delle App

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Abbiamo riportato proprio in mattinata la notizia del cambiamento del metodo di approvazione delle applicazioni di App Store: è stato affiancato al giudizio umano un meccanismo che legge il codice e capisce se esso rispetta le regole della iPhone SDK (talvolta con qualche problemino).

Leggiamo ora su iPhoner.it che è lo stesso Phil Schiller, dopo parecchie polemiche alimentate soprattutto dal web, a scendere in campo per difendere il processo di approvazione di App Store. A quanto si legge, è possibile ipotizzare una dirigenza Apple relativamente scocciata dalle polemiche che sono montate attorno alle applicazioni per iPhone e iPod touch “non approvate”.

App Store: il processo di approvazione perde il lato umano

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Sul processo di approvazione delle applicazioni in App Store, qui su TAL abbiamo speso barattoli e barattoli di inchiostro virtuale: tanta ammirazione per l’esimio lavoro portato avanti da Apple con il suo innovativo, e pluri-copiato, negozio virtuale di applicazioni e anche tante critiche sulla gestione dell’approvazione dei contenuti che in asso appaiono. Esclusioni ingiustificate (la famosa “censura made in Cupertino”) e talvolta qualche favoritismo di troppo verso i “big” dello sviluppo.

Tutto questo, però, potrebbe essere un vago ricordo dato che da pochissimo tempo Apple ha introdotto un metodo semi-automatico di approvazione delle App. Un meccanismo in grado di capire automaticamente se il codice dell’applicazione sottoposta ad approvazione rispetta le regole della “iPhone SDK” per poi permettere all’occhio umano di controllarne solo la “non oscenità” dei contenuti.

App Store e censura, nuovo intervento di Schiller

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Con l’assenza di Steve Jobs al comando di Apple sono mancate, tra le altre cose, anche le lettere che l’iCEO indirizzava a coloro che chiedevano un suo intervento diretto in qualche seria questione. È notizia di qualche giorno fa la risposta di Schiller alle accuse mosse ad Apple per la censura alla App-vocabolario NinjaWords (accuse poi rivelatesi false) attraverso una lettera a Gruber di Daring Fireball che si era fatto portavoce delle idee degli sviluppatori “penalizzati”.

Il buon Phill è tornato a parlare di App Store pochi giorni dopo il primo intervento e lo ha fatto indirizzando una nuova lettera ad un altro importante personaggio della sfera Mac. Questa volta non abbiamo il testo integrale della iMail ma un riassunto fornito dallo stesso destinatario.

App Store, Podcaster e MailWrangler: il problema rifiuti

La politica applicata da Apple nella selezione e nell’approvazione delle applicazioni per iPhone e iPod touch che possono entrare a far parte del catalogo di App Store sta facendo parecchio discutere e sta attirando numerose critiche. La pietra dello scandalo è ancora una volta Podcaster, un’app per il download di podcast che Apple ha rifiutato perché, a suo dire, replicherebbe le funzioni di iTunes. Adesso Apple ha preteso di chiudere anche l’unico canale distributivo rimasto disponibile agli sviluppatori, ovvero quello della distribuzione con licenza ad hoc, impedendo di fatto ad Almerica, la software house dietro a Podcaster, di diffondere in qualsiasi modo la propria applicazione. Stesso trattamento è toccato ad uno sviluppatore italiano e alla sua applicazione MailWrangler.