Guy Kawasaki è un intrattenitore nato. Qualcuno potrebbe definirlo “imbonitore”, ma la parola giusta è Evangelist. Ed è proprio questa, Chief Evangelist, la carica che Kawasaki ricopriva alla Apple negli anni ’80. Il suo amore per la Mela e per il Mac non è mai tramontato, nonostante non sia più un dipendente Apple dal 1987, e spesso e volentieri i riferimenti ad Apple e a Steve Jobs sono punti chiave delle sue presentazioni.
Non fa eccezione il recente e divertente keynote che Kawasaki ha tenuto alla Ad:tech Conference di San Francisco la settimana scorsa per promuovere il suo nuovo libro “Enchantment” (una specie di manuale di persuasione), durante il quale non sono mancati i riferimenti all’azienda di Cupertino. Come l’affermazione che leggete nel titolo: secondo Kawasaki a salvare Apple fu il desktop publishing.
Un’affermazione da contestualizzare. Alla fine degli anni ’80 Apple attraversava il primo periodo davvero difficile. Il Macintosh (“un prodotto che era una ca*ata, però una ca*ata rivoluzionaria!”) era stato accolto bene, ma in realtà non era il computer ideale per creare fogli di calcolo o applicazioni basate su database, spiega Kawasaki. In compenso era il miglior computer disponibile per il desktop publishing, grazie anche all’integrazione con le stampanti Apple LaserWriter.
Quest’applicazione del Macintosh, secondo Kawasaki, è quella che l’ha salvato dall’oblio, ne ha favorito le vendite e ha permesso ad Apple di superare la fine degli anni ’80 senza fallire:
“Desktop Publishing, fu quello a salvare Apple. Fu un dono di Dio per salvare Apple. Non c’è altra spiegazione della sopravvivenza di Apple se non che quella fu la prova dell’esistenza di un Dio benevolo”.
Kawasaki non è uno che le manda a dire e le sue presentazioni sono dei veri e propri show che sanno adattarsi perfettamente all’audience per divertire e diffondere il giusto verbo, che nel caso specifico è ovviamente “comprate il mio nuovo libro”.
Sul Macintosh team: “Era la più alta concentrazione di egocentrici in una sola stanza nella storia della Silicon Valley”. E lo è rimasta per circa vent’anni, “poi Google ha battuto il record”.
Uno dei punti chiave della presentazione di Kawasaki riguarda la capacità di vendere il proprio sogno. L’esempio citato è quello di Steve Jobs che ha da subito descritto l’iPhone come una meravigliosa rivoluzione e non certo come “un telefono che viene prodotto con 188$, in Cina, da lavoratori che hanno una certa inclinazione al suicidio”. Non il massimo del gusto, Guy, ma abbiamo capito il punto.
Qua le là nella presentazione, le immancabili gomitate nelle costole a Redmond: “Le vostre presentazioni devono durare al massimo 20 minuti. Lo so che solitamente una riunione dura un’ora, ma al di fuoi di quest’audience la maggioranza usa Windows e 40 minuti servono per riuscire a collegare il computer al proiettore”.
Se volete farvi due risate con Guy Kawasaki (evitando di farvi convincere a comprare il suo libro, se ci riuscite) vi consiglio di dare un’occhiata al video qui sotto, ne vale la pena.
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A parte i personaggio istrionico, non ha detto niente di nuovo, alla fine degli anni ’80 era, pc in ufficio, Mac in tipografia, amiga per il video, Atari per la musica.