L’ultimo documentario su Steve Jobs è senza pietà, e non piace ad Eddy Cue

Steve Jobs giovane capelli

Alla SXSW di Austin, in Texas, è stato presentato un nuovo documentario su Steve Jobs. Si intitola Steve Jobs: Man in the Machine, e i media americani ne stanno parlando profusamente.

Il guardian scrive che il film ritrae uno Steve Jobs:

Come un uomo dal talento sorprendente e con una ossessione maniacale per il dettaglio, ma privo di qualsiasi forma di empatia.

Questo a causa di alcuni esempi che il regista Alex Gibney ha scelto di mostrare. Esempi che mettono in luce il comportamento di Jobs spesso messo in ombra dai suoi successi:

Eppure questo uomo, sempre convinto di avere ragione, ha terminato i programmi filantropici di Apple, ha collaborato a creare una enorme evasione delle tasse, ha pagato i lavoratori cinesi che producono iPhone solo pochi centesimi, e ha accettato di mantenere la sua prima figlia solo dopo avere trascinato la sua ex-fidanzata davanti ad un giudice, sostenendo che lei fosse promiscua e lui fosse sterile, fino a che un test del DNA ha dimostrato che aveva torto. Solo a quel punto ha accettato di pagarle 500 dollari al mese, quando lui ne valeva 200 milioni.

Eddy Cue, Senior VP di Apple per tutto quello che riguarda servizi online, iTunes e iCloud, ha descritto il film su Twitter come una visione non accurata e maligna di quello che definisce “un mio amico”.

The Hollywood Report ha scritto una recensione nella quale supporta la tesi di Cue, sostenendo che The Man in the Machine è:

Una correzione all’elogio di Jobs, un film che affonda le sue radici in ciò che lui ha fatto di male e nei suoi tratti più oscuri, non per cercare di farne il ritratto, ma con l’anima di un giudice durante il Giorno del Giudizio che sa benissimo che l’accusato non è un santo.

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