L’argomento cardine era il ricordo di Steve e i due non hanno mancato di condividere alcuni interessanti aneddoti e riflessioni sull’uomo ma soprattutto sulla sua eredità. Un’eredità che secondo Ellison si può riscontrare non solo alla Apple ma anche nel modo in cui molti nuovi imprenditori della Silicon Valley gestiscono “il potere” all’interno delle proprie aziende.
Mark Zuckerberg, Larry Page e Sergey Brin, ha fatto notare Ellison, hanno strutturato le proprie aziende attorno alle proprie figure in modo tale da non dover sottostare alle decisioni del Consiglio di Amministrazione o degli investitori. A favorire tale scelta “monocratica” sarebbe stata la prima esperienza di Jobs alla Apple.
Steve era fondamentale per la Apple degli anni ’80 ma il consiglio di amministrazione non lo capì e gli preferì “un tizio il cui unico storico consisteva nell’aver venduto dell’acqua zuccherata”. Non succederà mai nulla di simile a Google e Facebook, ha concluso il CEO Oracle.
Ellison ha aggiunto poi un po’ di colore con un simpatico aneddoto sul modo in cui lui e Steve si conobbero da “vicini di casa” negli anni 80 a Woodside.
La fidanzata di Jobs gli aveva regalato un pavone ma il pennuto aveva la cattiva abitudine di avventurarsi nella proprietà di Ellison e schiamazzare a ore improbabili del mattino. Il CEO di Oracle decise allora di affrontare il vicino di casa sulla questione:
– “Sono un programmatore e non voglio essere svegliato così presto al mattino”.
– “Quell’uccello non piace nemmeno a te, eh?” fu la risposta di Jobs, che gli promise di sbarazzarsi del regalo se Ellison gli avesse retto il gioco con la fidanzata.
Ed Catmull ha ricordato di Steve l’approccio “culturale” a problemi che altri CEO avrebbero affrontato come si fa con l’ordinaria amministrazione. La costruzione della sede Pixar, ad esempio, realizzata su idea di Steve in modo che all’interno i creativi, i programmatori e gli ingegneri non potessero fare a meno di incontrarsi. Steve sapeva qual era la cultura del luogo, ha detto Catmull, e ha trovato il modo di infonderla nel progetto, confermando a chi lavorava alla Pixar la sua estrema ammirazione per il loro lavoro e la loro cultura.
La sua natura talvolta “brutale”, che tante critiche gli attirava, nasceva dalla necessità di pretendere sempre il meglio, ha detto Ellison, prima di specificare però che, a differenza di quanto in tanti ancora ritengono, Steve sapeva ascoltare e come e sapeva anche cambiare idea.
Seconda Catmull era bravissimo a raccontare storie, aveva bisogno di raccontare i suoi progetti con una narrativa che facesse da meta-struttura. Una struttura che però poteva mutare rapidamente o essere spazzata via se sapeva riconoscere un’idea migliore proveniente dalla mente di qualcun altro.
A riconferma del fatto che il secondo Steve Jobs, quello degli anni ’90, fosse drasticamente cambiato rispetto al primo, quello che fu cacciato da Apple, un particolare importante derivato dall’esperienza alla Pixar: il fatto che Steve non partecipò mai ad una riunione in cui si prendevano decisioni sugli storyboard. Una libertà creativa che per Catmull aveva semplicemente dell’incredibile.
Il panel con Ellison e Catmull è ricco di molti altri spunti. Trovate un video riassuntivo in questa pagina.
Prima dell’inizio del panel è stato trasmesso un filmato con il montaggio di alcuni dei passaggi più importanti delle partecipazioni di Steve alla conferenza di All Things Digital. Lo trovate qui sotto:
1 commento su “Larry Ellison e Ed Catmull parlano di Steve Jobs alla D10”