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iPhone: svelato il dietro le quinte della presentazione del 2007

È il nove gennaio del 2007. Steve Grignon è seduto a qualche metro dal palco del MacWorld. Quel posto, da cui riesce a riconoscere senza problemi i tratti del viso di Steve Jobs, se lo è guadagnato con il lavoro degli ultimi due anni e mezzo. Grignon è un Senior Egineer ad Apple. Il suo compito è stato quello di sviluppare il software necessario a fare funzionare i chip per la connessione alle reti di iPhone. Cellulare, Bluetooth e WiFi del nuovo dispositivo di Cupertino funzioneranno grazie al suo lavoro. O forse no. Perché il device che Jobs ha in mano è un prototipo. Uno dei circa 100 iPhone attualmente esistenti. Un telefono che, durante le prove, si è bloccato sempre.

Jobs, Grignon lo sa, non ama fare brutte figure sul palco. Ecco è preoccupato. E con lui lo sono tutti gli altri ingegneri di Apple seduti al suo fianco. Ed ecco anche perché, quando Jobs conclude un segmento della presentazione, l’ingegnere che ha lavorato a quella parte del progetto festeggia, sorseggiando da una bottiglia di Scotch. Proprio lì, tra i sedili del Moscone West.

Come Grignon ci sia arrivato, nel pubblico del MacWorld del 2007, più pesante di 20kg e con un matrimonio sfaldato, la racconta Fred Vogelstein sul New York Times. Vogelstein ha scritto un libro: Dogfight: come Apple e Google sono andate in guerra e hanno iniziato una rivoluzione, che arriverà nelle librerie degli Stati Uniti il prossimo novembre. Come assaggio di una storia che ha davvero cambiato il mondo, l’autore ci racconta cosa è successo dietro le sempre misteriose quinte di una delle presentazioni più importanti di sempre per Steve Jobs, Apple e l’industria tecnologica.

2001-2006

L’idea di produrre un iPhone circolava nei corridoi del campus di Cupertino dal 2001, poco dopo il lancio dell’originale iPod. Nessuno vuole tenere in tasca tre dispositivi per ascoltare la musica, fare telefonate e leggere le mail se può farlo con lo stesso device. Ecco perché iPhone era quasi una ovvietà, per Apple. L’impresa sarebbe stata produrlo secondo gli standard e le idee di Jobs.

Il CEO  e i suoi stretti collaboratori si rendevano conto, ogni volta che ripensavano a quello che sarebbe diventato iPhone, che sarebbe stato impossibile creare un dispositivo come quello che stavano sognando. I chip e le bande telefoniche erano troppo lente perché fosse possibile navigare il web in maniera fluida. Le mail erano una funzione interessante per un telefono, ma RIM e i suoi BlackBerry coprivano già quel settore del mercato.

Ma a rendere davvero impossibile iPhone, almeno per Steve Jobs, era l’idea di dover scendere a patti con gli operatori telefonici. Jobs, abituato a dettare i dettagli dei contratti che la sua compagnia firmava, non avrebbe mai accettato le clausole imposte dai carrier. Questi, trovandosi in una posizione dominante (chi controlla la rete telefonica controlla i telefoni che su questa vengono utilizzati) erano i veri signori del mercato telefonico.

La situazione cambia leggermente nel 2004, quando Jobs pensa che un contratto con un carrier possa non essere così restrittivo. Servirà oltre un anno per definire i dettagli del contratto tra Apple e Cingular (firmato nel 2006) che porterà iPhone in esclusiva sulla rete di AT&T.

Tra il 2005 e il 2006, Apple produce (almeno) tre prototipi funzionanti di iPhone. Con diverso hardware e diverse interfacce. Jobs vuole installare OS X sul cellulare. Ovviamente non tutto OS X, ma solo una sua parte. Il primo ostacolo, per gli ingegneri, consiste nello scalare un software sviluppato per girare su un computer perché funzioni su un dispositivo tascabile.

Il secondo ostacolo è legato allo schermo multitouch. Il display sensibile a tocchi multipli, secondo Jobs, sarebbe stato un elemento necessario al funzionamento di iPhone, ma ai tempi la tecnologia era tutt’altro che avanzata in questo settore. Ecco perché disegnare uno schermo e il processo produttivo necessario a montarlo su milioni unità sembrava una impresa troppo rischiosa da prendere, anche per Apple.

Tony Fadell, al tempo uno degli ingegneri più rispettati ad Apple, spiega:

Dovevamo andare dai produttori di LCD e scoprire se sapevano come montare questa tecnologia [il multitouch] nel vetro; dovevamo scoprire se fosse possibile produrre qualcosa di simile su grande scala. […] Solo produrre un dispositivo con touch-screen sembrava essere una impresa. Abbiamo lavorato in due o tre modi differenti prima di trovare una soluzione che permettesse di produrre grandi quantità di schermi sensibili al tocco.

Per anni Apple ha prodotto computer, ma il settore della telefonia rappresenta una sfida completamente nuova per Jobs e i suoi dipendenti. I laboratori di Cupertino sono stati attrezzati per testare la qualità della ricezione delle antenne e la quantità di radiazioni ricevuta da un corpo umano tramite modelli organici di teste umane. Lo sviluppo del progetto costa ad Apple qualcosa come 150 milioni di dollari, mettendo a repentaglio il futuro dell’azienda. Se iPhone fosse fallito, Apple non avrebbe avuto un altro grande dispositivo da mostrare al mondo. Non per qualche anno, almeno.

Il primo prototipo di iPhone, creato nel 2005, riprende le forme di quello mostrato scherzosamente da Jobs sul palco del MacWorld del 2007. Un iPod con hardware per cellulari che utilizzava la ghiera per comporre un numero telefonico. Il secondo prototipo, del 2006, è molto più simile a quello presentato ufficialmente. Spiega Phil Kearney, ingegnere che ha lasciato Apple nel 2008:

Io e Ruben Caballero [l’esperto di antenne ad Apple] dovemmo salire e spiegare a Steve e Ive che non puoi fare passare una onda elettromagnetica attraverso il metallo. E non fu facile spiegarlo. La maggior parte dei designer sono artisti. L’ultima lezione di scienza che hanno seguito era al liceo. Ma hanno molto potere ad Apple. Quindi chiedono: ‘Non è che potremmo fare passare anche solo un po’ di onde attraverso il materiale’, e tu devi spiegargli perché non è possibile.

 

Come se non bastasse, il lavoro su iPhone diventa ancora più complicato a causa della segretezza. Jobs vuole che nessuno sappia di iPhone. Solo poche centinaia di ingegneri lavorano allo smartphone, e nessuno di loro può parlarne con qualcun altro. Se Apple scopre che un suo dipendente ha parlato di iPhone con un amico o un famigliare, viene immediatamente licenziato. Ha spiegato Scott Forstall, a capo del progetto iPhone fino allo scorso anno:

Avevamo messo una scritta sulla porta di uno dei dormitori che diceva Fight Club, perché la prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. […] Steve non voleva assumere nessuno da fuori Apple per lavorare all’interfaccia grafica, ma mi aveva detto che potevo assumere chi volessi all’interno di Apple. Quindi chiamavo dipendenti nel mio ufficio, li facevo sedere, e dicevo loro: ‘Sei una superstar nel tuo attuale settore. Ho un altro progetto che vorrei tu considerassi. Non posso dirti di che cosa si tratta. Tutto quello che ti posso dire è che dovrai spenderci notti e finesettimana e lavorare come non hai mai lavorato in tutta la tua vita.

Marvell e CSR, che forniscono i chip WiFi e Bluetooth per il primo iPhone, non sanno cosa stia progettando Apple. I dirigenti di Cupertino raccontato loro di stare disegnando un nuovo iPod. Gli stessi dirigenti, quando si presentano nella sede di Cingular per limare le condizioni del contratto, fingono di lavorare per un’altra compagnia, così da non destare sospetti. Spiega Grignon:

Non vuoi che una receptionist ti veda arrivare con tutti i cartellini che portano il logo della compagnia.

Gli ingegneri che lavorano ad iPhone vengono chiusi in un settore separato del campus di Cupertino, ma la stanza più sicura, e ovviamente la più interessante, è quella dove lavora Jony Ive:

Era strano, perché non è che potessi evitare di passarci davanti. Si trovava al secondo piano, proprio davanti alla lobby, dietro una grande porta di metallo. Ogni tanto vedevi la porta aprirsi e cercavi di guardare dentro e vedere qualcosa, ma non potevi provare a fare molto di più.

Lo conferma anche Forstall, che durante la deposizione al processo Apple VS Samsung, spiega che per accedere ad alcuni settori del campus era necessario identificarsi anche quattro volte.

 

9 gennaio, 2007

La segretezza non è da meno al Moscone West di San Francisco. Apple arriva sul posto una settimana prima della presentazione, e prende il controllo del posto. Costruisce un paio di stanze. Una, con lati di 2,5 metri, dove nasconde, testa e modifica all’ultimo momento i prototipi. L’altra, completa di divano, diventa la casa di Steve Jobs per quella settimana. Tutto l’ambiente è protetto da oltre una dozzina di agenti di sicurezza che fanno guardia 24 ore su 24 agli ambienti e lasciano entrare solo le persone su una strettissima lista di fidati stilata dallo stesso Jobs.

Steve prova la presentazione del nuovo iPhone per cinque giorni consecutivi. I dispositivi che ha in mano durante gli eventi sono tutt’altro che perfetti. Alcuni hanno i display non allineati con la scocca, altri il vetro rovinato, ma tutti condividono lo stesso problema: non funzionano. Ogni volta che Jobs prova a presentare iPhone, qualcosa va storto e il telefono va in crash, perde la connessione alla rete cellulare, o termina la memoria (e deve essere riavviato).

Il prototipo di iPhone che sarà mostrato al mondo è il migliore, dal punto di vista estetico, ma ha qualche problema. Per esempio può aprire le mail e poi navigare una pagina web, ma non fare il viceversa. Ecco perché Jobs e un pugno di collaboratori, tra cui Grignon, lavorano al cammino dorato. L’esatta sequenza di azioni che permetterà a Jobs di presentare il dispositivo sul palco senza che questo si blocchi.

Grignon assicura che il suo codice per l’utilizzo della rete cellulare non era pronto, nel gennaio del 2007. Così come non lo era tutto il resto del software di iPhone, inclusa la parte di codice che amministrava la memoria del dispositivo. Eppure Steve Jobs è salito sul palco,  quel famoso 9 gennaio, e ha presentato un telefono che sembrava funzionare perfettamente.

Il CEO aveva chiesto che all’interno di iPhone venissero aggiunte le componenti elettroniche necessarie a mostrare il display di iPhone sul grande schermo del Moscone. In questo modo le persone nel pubblico avrebbero avuto l’impressione di tenere il dispositivo tra le mani. Forse anche questo ha aiutato a rendere instabile iPhone, ma erano diversi i problemi comunque presenti su tutti i prototipi.

Grignon spiega che il WiFi era così instabile che l’AirPort a cui Jobs era collegato, durante la presentazione, funzionava su frequenze utilizzate in Giappone, vietate negli StatI Uniti. In questo modo gli oltre 5000 smanettoni seduti nel pubblico non sarebbero riusciti a collegarsi alla rete WiFi (comunque nascosta) che serviva a Steve per la presentazione.

La connessione alla rete cellulare era fornita da una torretta mobile portata al centro conferenze da AT&T appositamente per l’evento. Ma il telefono tendeva comunque a perdere la connessione e recuperarla subito dopo. Ecco perché il software di prova era stato modificato per mostrare sempre, sulla schermata di iPhone, una ottima ricezione del segnale, anche in caso di caduta del collegamento.

Ma il problema maggiore di iPhone era un altro: la memoria. Grignon racconta che si poteva ascoltare parte di una canzone e vedere parte di un video, ma era sostanzialmente impossibile arrivare fino in fondo senza che iPhone si bloccasse e dovesse essere riavviato:

Io e i miei ragazzi eravamo molto preoccupati a questo proposito. Avevamo solo 128 MB di memoria su quei telefoni, e siccome il lavoro non era finito, tutte le app erano pesanti e pericolose

E Jobs voleva concludere la presentazione con una carrellata rapida di tutte le funzioni in cui avrebbe aperto fotografie, ascoltato musica, letto mail e navigato la rete. Anche se gli ingegneri, insieme a Jobs, erano riusciti a creare quel cammino dorato, potevano sempre esserci imprevisti che avrebbero costretto Jobs a sostituire telefono sul palco.

Non c’è da stupirsi, considerate anche le minacce di Jobs ai suoi dipendenti, che durante la presentazione Grignon e i suoi colleghi avessero tra le mani una bottiglia di Scotch. L’iPhone mostrato durante l’evento avrebbe potuto bloccarsi in qualsiasi momento. Ma non lo fece.

Si dice che i dirigenti di Research in Motion, dopo avere visto la presentazione, fossero rimasti di sasso: È impossibile che un simile telefono funzioni veramente, si sarebbero detti. Ed in effetti avevano ragione, quel telefono non funzionava. Se non sul palco del Moscone West, seguendo una particolare serie di azioni. Ecco perché iPhone sarebbe arrivato sul mercato alcuni mesi dopo, quando gli ingegneri avrebbero finito di correggerne gli errori e avessero stabilizzato il suo software.

Nessuno, nel gennaio del 2007, avrebbe potuto usare iPhone per riprodurre musica, guardare un pezzo di un film, fare una chiamata, inviare un messaggio e una mail, scorrere una grande quantità di fotografie, navigare le pagine del New York Times e di Amazon, trovare uno Starbucks su Google Maps solo per fare uno scherzo telefonico. Nessuno.

Tranne Steve Jobs.

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