Gli anni più recenti hanno visto una crescita piuttosto sostenuta nel numero dei giochi che vengono rilasciati includendo al loro interno delle microtransazioni. Spesso, per lanciare un titolo gratuitamente, gli sviluppatori si affidano a un vasto mercato online che possa fornire agli utenti delle ricompense sotto forma di miglioramenti estetici o potenziamenti all’interno del gioco stesso, a fronte del pagamento di una piccola somma.
Per renderle ancora più accattivanti, molte di queste microtransazioni hanno per oggetto le “casse premio” (le cosiddette loot box o loot crate): l’utente che le riceve può acquistare una chiave dallo store del gioco e aprirle, riscuotendone il contenuto. Sono state tuttavia sollevate molte critiche riguardo alle modalità di presentazione di queste microtransazioni: alcuni giochi sono stati pesantemente contestati in quanto sembravano replicare il suono e la grafica tipici di una slot machine, inducendo alcuni a pensare che il metodo stesse promuovendo il gioco d’azzardo. Si trattava di qualcosa molto simile ai popolari siti di slot machine online che siamo abituati a vedere oggi e che continuano a essere così popolari. Le slot continuano a essere tra i giochi più apprezzati nel mercato del gioco d’azzardo, tanto che ormai non stupisce quasi più che anche gli altri giochi si ispirino alla formula vincente di una forma di intrattenimento così consolidata nel settore.
L’esempio più eclatante risale ad alcuni anni fa e ha come protagonista il titolo di eSport Counter-Strike: Global Offensive. Un aggiornamento del gioco del 2013 aveva introdotto delle casse di armi come ricompense, presentate utilizzando una funzionalità in stile slot machine: questa specifica parte del gioco era diventata talmente popolare che creatori di contenuti e streamer di alto profilo erano arrivati a dedicare intere sessioni di gioco esclusivamente all’apertura di queste casse, nella speranza di ottenere grandi ricompense. Una situazione che, col passare nel tempo, è iniziata a essere mal vista in Europa, tanto che Paesi come Francia e Germania si erano rapidamente mossi per apportare delle modifiche. Ad un certo punto, si era diffusa insistentemente la voce di un divieto totale di acquistare e aprire queste loot box, legato al timore che questa funzionalità agisse come incitamento al gioco d’azzardo tra gli utenti più giovani. Una previsione che di fatto si era verificata tra gli utenti dei Paesi Bassi.
Invece che imporre un divieto totale, si decise invece di garantire che le probabilità di vittoria venissero rese note a tutti: gli utenti potevano così conoscere le possibilità di vincere gli articoli più rari, un provvedimento che venne considerato sufficiente per distogliere l’attenzione. Un simile approccio di tipo preventivo fu l’introduzione di uno “scanner a raggi X”: gli utenti potevano vedere il contenuto di ogni singola cassa e sapere il contenuto che avrebbero acquistato; una volta passata sotto questo scanner, la loot box doveva essere aperta prima di poter passare alla successiva, e non poteva essere venduta. Sebbene non si trattasse di una definitiva eliminazione delle casse premio, era comunque un passo avanti verso una maggior trasparenza.
Apple è stato uno degli ultimi nomi famosi a dover sostenere la propria causa al riguardo. Nella prima parte dell’anno infatti, era stata presentata una causa collettiva contro l’azienda di Cupertino proprio per gli stessi motivi: Apple era stata infatti accusata di favorire la promozione di giochi d’azzardo tra i bambini. Tuttavia, il punto centrale sostenuto da Apple era che l’azienda aveva già richiesto agli sviluppatori dei giochi presenti sullo store di rivelare le probabilità di ricavare premi utili tramite questi metodi. “Il solo fatto che Apple acconsenta alla presenza delle loot box nei giochi disponibili sull’App Store costituisce una forma di gioco d’azzardo”, si leggeva nel reclamo presentato contro l’azienda. Come la lotteria dello Stato della California, Apple richiede agli sviluppatori di app di dichiarare in anticipo le “probabilità di vincita” di specifici premi contenuti nelle loot box dei giochi distribuiti sul proprio store.
Spesso questi casi si concludono in maniera confusa. Anche se gli sviluppatori fanno del loro meglio per adempiere alle normative riguardanti gli acquisti in-game relativi alle ricompense, è comunque spesso molto difficile scoraggiare gli utenti dal comprarle. Nel caso specifico di queste loot box dallo stile così simile alle slot machine, spesso basta aggiungere qualche elemento grafico accattivante per stimolare l’interesse dell’utente ad aprire la cassa successiva. Tuttavia, l’introduzione di queste microtransazioni si è rivelata decisamente remunerativa e ha reso il ciclo di vita di molti giochi molto più lungo di quello che sarebbe stato normalmente, tanto che molti sviluppatori saranno molto propensi a sposare questi sistemi il più a lungo possibile, specialmente perché gli introiti provenienti da questi metodi continuano ad aumentare.
Mentre il settore del gaming ha continuato a crescere e a dimostrarsi vincente negli ultimi anni, soprattutto tra gli utenti del canale mobile, questa non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta che il funzionamento delle microtransazioni scatenerà delle proteste. Anche se si riuscirà ad abbandonare i sistemi basati sulle loot box che sono diventati ormai così popolari, la presenza dalle microtransazioni nel loro complesso ha reso più difficile per alcuni utenti accedere a giochi di cui, in loro assenza, avrebbero potuto invece usufruire. I sistemi di pay-to-win, pay-to-progress, giochi dalla durata limitata che nascondono un paywall, sono tutti diventati fonte di preoccupazione per molti giocatori, in quanto non sono più in grado di avanzare all’interno del gioco se non effettuando acquisti a pagamento in-game. È una modalità che ha incontrato l’ostilità di molti, un problema che in futuro potrebbe essere affrontato seriamente; ma per il momento continua a essere una funzionalità molto pubblicizzata. Se i giochi online dovranno abbandonare il sistema di ricompense che tanto assomiglia alle loot box, molti sviluppatori potrebbero rifugiarsi in questi sistemi basati sulle microtransazioni per finanziare i propri giochi, con il rischio che diventi una situazione svantaggiosa per tutti le parti coinvolte.