Sei un musicista affermato, sei su piazza da una decina d’anni e alle spalle hai diverse hit da classifica. I tuoi dischi vengono apprezzati e non ti mancano le collaborazioni, le ospitate televisive e radiofoniche, i concerti. Ma non manca nemmeno la noia di esperienze che per quanto diverse alla lunga si somigliano sempre un po’ tra di loro.
Davanti hai due strade: accettare la routine professionale come parte del lavoro che ti sei scelto e continuare a fare quel che sai fare meglio oppure rischiare e ripartire da zero, reinventando il tuo stile.
Pier Cortese ha scelto la seconda opzione e per aprire la gabbia dorata della “cantautorialità analogica” che un po’, mi confessa, cominciava ad opprimerlo, ha scelto una chiave digitale. Ha scelto l’iPhone. L’ha mescolato con la sua voce e la sua chitarra, in un esperimento elettroacustico, “iMè”, che unisce l’intimità della performance solista alle sonorità elettroniche di uno strumento che, almeno in teoria, servirebbe per telefonare, inviare SMS, leggere le email.
Riesco a beccare Pier al cellulare, vale a dire sul suo strumento musicale, mentre sta andando a Teramo per una serata con il suo trio elettro-acustico. Un esperimento parallelo a quello solista in cui si fa comunque largo uso di strumenti Made in Cupertino, MacBook Pro e iPhone compresi.