L’Unione Europea se la prende ancora con Apple (e Fiat e Starbucks). Le tre aziende sono sotto indagine con l’accusa di avere evaso tasse nel territorio europeo.
La Commissione Europea cercherà di scoprire se il business di Apple, con sede in Irlanda, è conforme ai regolamenti dell’Unione Europea. La Commissione ha i riflettori puntati anche sulla presenza di Starbucks nei Paesi Bassie e di Fiat in Lussemburgo.
Spiega Joaquìn Almunia, vice presidente della commissione incaricata dell’indagine:
Nell’attuale contesto di rigidi budget pubblici, è molto importante che le grandi multinazionali paghino le loro tasse. Sotto il controllo e le leggi dell’Unione Europea, le autorità nazionali non possono effettuare azioni che permettano ad alcune aziende di pagare meno tasse di quelle che dovrebbero essere pagate se fossero applicate in un sistema equo e non discriminatorio.
La Commissione cercherà di capire se Apple sta sfruttando le condizioni fiscali favorevoli dell’Irlanda per pagare meno tasse di quante dovrebbe all’interno di quello che l’Unione Europea chiama EU Single Market.
Apple non è l’unica azienda a sfruttare le favorevoli condizioni dello stato europeo per pagare meno tasse. L’Irlanda è una sorta di paradiso fiscale europeo (almeno per le multinazionali come Apple) che amano fissare la loro sede europea proprio nella regione.
Una precedente indagine svolta negli Stati Uniti ha verificato che Apple -almeno secondo la legge degli USA- non ha violato alcuna legge. Il senato degli Stati Uniti ha scoperto che Cupertino ha pagato solo il 2% di tasse sui 74 miliardi di dollari incassati fuori dagli Stati Uniti trasferendo il danaro a aziende affiliate come Apple Operations International, con sede proprio in Irlanda (dove la quota del 2% è legale).
Apple sostiene di pagare ogni tassa senza violare alcuna legge. Ma il fatto che l’azienda sposti la maggior parte della sua cassa fuori dagli Stati Uniti per pagare meno tasse in Irlanda non sta simpatica né agli States (che potrebbero guadagnare sull’incasso di Cupertino) né all’Europa (secondo cui un tasso del 2% potrebbe essere troppo conveniente, e quindi non concorrenziale).
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