Il TIME lo aveva nominato, ma ha poi deciso di assegnare il titolo di "persona dell'anno" ai medici che hanno combattuto l'Ebola in Africa. Il Financial Times invece è andato fino in fondo e ha deciso di investire del medesimo onore proprio lui, Tim Cook, il CEO di Apple.
Nel profilo che accompagna l’annuncio dell’assegnazione del titolo a Tim Cook, il Financial Times indica le motivazioni che hanno portato alla scelta di Cook come persona dell’anno. Il 2014, secondo il giornale finanziario londinese, è stato l’anno dell’affermazione per il CEO Apple, che ha saputo uscire dall’ombra del suo predecessore per affermare la sua visione e i suoi valori, anche quelli più strettamente personali e legati alla sua privacy.
Il Financial Times ricorda il modo in cui Cook ha risposto alle pressioni degli azionisti, come chi gli contestava un’eccessiva attenzione verso le energie rinnovabili e altri settori poco remunerativi. “Non facciamo tutto per il dannato ROI”, aveva sbottato con rabbia sincera durante l’ultima riunione degli shareholder a Cupertino.
Il Financial Times fa notare come Cook abbia saputo tenere botta anche dopo gli attacchi di uno squalo del calibro di Carl Icahn, il mega-investitore che ha costruito una campagna mediatica per convincere Apple ad insistere maggiormente sul buyback delle sue azioni e sulla sottoscrizione di debito. Cook si è incontrato con lui più volte e ha saputo tenere duro, garantendo che la linea puramente speculativa di Icahn non alterasse le sue convinzione e i suoi piani relativi agli aspetti finanziari dell’azienda.
Il resto dell’anno sembra aver confermato una visione positiva ed efficace, fra qualche criticità ma anche molti risultati positivi. Un anno culminato a settembre con il lancio dell’iPhone 6 e 6 Plus e l’annuncio dell’Apple Watch, chiacchieratissimo dispositivo in dirittura d’arrivo nei primi mesi del 2015, che permetterà ad Apple Watch di far breccia nel settore della moda e del lusso da indossare, una strada raramente intrapresa con successo da altre aziende tecnologiche prima di Apple.
Il Financial Times non poteva ovviamente esimersi dal tributare a Tim Cook il merito di aver preso il coraggio a due mani, dichiarando pubblicamente la propria omosessualità. “Se sapere che il CEO di Apple è gay può aiutare qualcuno in difficoltà a scendere a patti con la propria natura, o portare conforto a chiunque si senta solo, o ispirare le persone ad insistere sulla propria uguaglianza,” “allora tutto questo vale lo scambio con la mia privacy”.
Fra gli aspetti più critici della figura di Cook il Financial Times individua il suo coinvolgimento con le vera e propria “produzione” dei nuovi prodotti, un aspetto che coinvolgeva il suo predecessore in maniera molto più diretta. Cook non è tipo da mettere il becco nelle questioni di design o nelle scelte di chi scrive il software. Ciò nonostante è chiaro che la sua visione per una Apple del futuro, che ormai ha preso una forma ben riconoscibile, è quella di un collettivo di eccellenze che costruiscono sull’eredità di Steve Jobs. Una squadra forte e solida, ma senza un vero fuoriclasse, nella consapevolezza che nessuno, davvero, potrebbe colmare il vuoto lasciato da Jobs.