A due anni dalla nomina di amministratore delegato di Apple, Tim Cook è stato scelto come nuovo personaggio per un profilo redatto da Reuters, una delle agenzia di stampa più celebri al mondo.
Dall’analisi su Cook emergono molte note positive: secondo Reuters, il CEO di Apple, dopo le dimissioni di Steve Jobs, è riuscito a sostenere la transizione dell’azienda verso un “maturo colosso d’affari“, anche grazie alla gestione dei prodotti di prima fascia, tra cui iPhone ed iPad. Allo stesso tempo, però, scrive Reuters, “alcuni temono che i cambiamenti di Cook alla cultura [aziendale] abbiano spento il fuoco – e forse il timore – che spingeva i dipendenti a raggiungere continuamente l’impossibile“.
Insomma, una Apple più “ragionata” e meno “passionale”, modellata sul carattere meticoloso e preciso di Cook, ma certamente diversa da quel carattere di brillantezza inventiva che caratterizzava l’azienda di Jobs.
“Le persone che lo conoscono bene dipingono un ritratto di un esecutivo dalle scelte ponderate, basate su dati, che sa come ascoltare e che può divenire divertente ed affascinante quando configurato a piccoli gruppi. […]
Allo stesso tempo, [Cook] ha un lato duro. Nelle riunioni, è talmente calmo da apparire impassibile, seduto in silenzio con le mani giunte davanti a sé. Ogni cambiamento del dondolio della sua sedia è un segno che i subordinati attendono: quando Cook si limita ad ascoltare, si tranquillizzano se il ritmo del suo oscillare non cambia.
“Può ferirti con una semplice frase” ha riferito a Reuters una persona vicina a Cook. “Basta qualche parolina tra le parole ‘Non penso che sia abbastanza buono’ da farti venire vla oglia di strisciare in un fosso e morire”
Nel report emerge anche un Cook molto sicuro delle proprie posizioni, come confermò all’epoca il Map-gate, con la decisa presa di posizione del CEO in persona riguardo i presunti problemi delle mappe che Cupertino aveva rilasciato con iOS 6.
In definitiva, il Tim Cook che emerge dal nuovo profilo di Reuters è il personaggio sospeso tra la grande abilità nel continuare i progetti di Jobs e la difficoltà, ancora presente dopo due anni, a gestire al meglio le dinamiche interne aziendali, soprattutto quelle relative alla comunicazione di gruppo e alla soddisfazione dei propri dipendenti.
Solo il futuro, con l’introduzione di nuovi prodotti sul mercato, potrà svelarci se il CEO è effettivamente all’altezza di reggere rivoluzioni informatiche come quelle che Steve Jobs aveva condotto con i suoi prodotti.