Il verbo “aprire” e sostantivi connessi sono le parole chiave delle ultime settimane a Cupertino e hanno più di un significato. Oggi verranno inaugurati, e quindi aperti al pubblico, ben 7 Apple Store in giro per il mondo, dalla Cina agli Stati Uniti passando per l’Europa. Anche i recenti cambiamenti apportati ai T.o.S. del Developer Program e alle regole di approvazione delle applicazioni su App Store sono viste come delle “aperture” nei confronti degli sviluppatori e dei concorrenti. Il denominatore comune, curiosamente, è una chiusura: quella dell’anno fiscale 2010, che si conclude proprio oggi. E’ evidentemente tempo di sistemare qualche conto in sospeso in vari ambiti operativi prima del consuntivo.
Le modifiche ai termini di App Store sono forse l’aspetto più importante. Anche perché, incredibile ma vero, sembra che stiano proprio facendo effetto. E’ caduto il blocco verso i client per il servizio Google Voice, categoria di applicativi che fino a poco tempo fa non poteva che aspirare al limbo in cui le apps non vengono ne approvate ne bocciate.
Apple ha aperto anche ai compilatori di terze parti, che ora potranno essere utilizzati (seppur a particolari condizioni) per realizzare applicazioni per iOS. La nuova regola riguarda principalmente Adobe, che ha ripreso lo sviluppo dell’iPhone packager incluso in Flash CS5.
L’intervento della FTC è probabilmente stato fondamentale per convincere Apple a fare “il grande passo”. Ecco quindi anche l’apertura (inevitabile per evitare problemi e sanzioni) verso AdMob, la concessionaria pubblicitaria mobile di Big G. Non dovrà più sottostare al dogma del paragrafo 3.3.9 del contratto dell’iOS Developer Program, che prima delle modifiche rischiava di tagliarla fuori del tutto dalla piattaforma iOS.
E che dire dell’ancora vociferata apertura verso gli editori con la cosiddetta “digital newsstand”, l’edicola digitale che secondo recenti rumors potrebbe affiancarsi ad iBookstore per facilitare la vendita su iPad di periodici in abbonamento?
Apertura anche ad accordi comuni con altre aziende della Silicon Valley per patteggiare l’accusa di aver operato illegalmente di comune accordo nell’assunzione di personale. Il Dipartimento di Giustizia aveva accusato Google, Apple, Adobe, Intel e altre aziende di aver sottoscritto taciti accordi anti-poaching, finalizzati cioè a scongiurare il rischio di soffiarsi a vicenda personale altamente specializzato. Secondo il Wall Street Journal, solitamente più che affidabile per indiscrezioni di questo genere, le aziende vorrebbero evitare che il caso arrivi in tribunale e stanno cercando di raggiungere un intesa con il Dipartimento.
Va in controtendenza una chiusura, positiva, ovvero quella dell’antennagate. Dal 30 settembre, con il termine dell’iPhone 4 Case Program, la bolla mediatica che ha animato le headline tecnologiche di luglio diventerà solamente un brutto ricordo.
Photo Credits: Jeremie MV – Flickr
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