Nel corso degli anni, soprattutto dopo il ritorno di Steve Jobs, Apple ha fatto della segretezza sullo sviluppo dei futuri prodotti uno dei propri pilastri. Sebbene il problema dello spionaggio industriale e dei “leaks” riguardi tutti i grandi produttori del settore informatico e dell’elettronica di consumo, Apple è forse l’unica azienda a mettere in campo pratiche di controllo paragonabili a quelle di alcune aziende del settore militare che operano su progetti top secret.
A Cupertino i dipendenti corporate di Apple devono sottostare a ferree regole di accesso e ogni singolo movimento o spostamento deve poter essere monitorato. Esiste anche un nucleo interno di controllo, quella che Gizmodo definì, in maniera totalmente inappropriata, la Gestapo di Apple.
La progettazione però non è l’unica fase sottoposta a severi controlli. Un nuovo report di Reuters fa luce sulle pratiche di segretezza che Apple mette in pratica anche in fase di produzione, in Cina, con richieste e pretese che spesso mettono in difficoltà le aziende fornitrici.
Il problema principale della fase di produzione dei prodotti in Cina è rappresentato dalla possibilità di fughe di informazioni che non solo possono essere “comprate” dalla concorrenza, ma possono anche finire per alimentare il mercato dei “tarocchi” a basso costo.
Mentre molte aziende occidentali preferiscono semplificare i passaggi e affidare la produzione e l’assemblaggio finale alla stessa ditta, è pratica comune per Apple quella di spezzettare le fasi di realizzazione di un prodotto commissionando ad aziende diverse, meglio se in competizione fra di loro, la produzione di singole parti.
In questo modo gli operai (ed anche i dirigenti) non sono a conoscenza di quale possa essere il design del prodotto finito. L’assemblaggio completo viene delegato ad un gruppo di lavoratori strettamente sorvegliati e super controllati.
Altra pratica comune è quella di ordinare l’avvio di una specifica produzione ad appena poche settimane dalla commercializzazione del prodotto, per evitare fino all’ultimo di far circolare più informazioni del necessario. Anche una volta che la produzione è avviata Apple fornisce alle aziende solo i dati strettamente necessari per la realizzazione del prodotto.
Una delle principali lamentele dei produttori cinesi deriva dal fatto che spesso Apple pretende di usare metodi di lavorazione che poi non permettono di riutilizzare certe linee produttive con altri clienti a causa dell’unicità del prodotto o del singolo pezzo realizzato.
Queste pratiche si portano dietro non pochi aspetti negativi. In particolar modo demandare a grandi strutture industriali di un paese in cui vige ancora un regime autoritario il compito di salvaguardare la “segretezza ad ogni costo”, finisce spesso per produrre situazioni che di sicuro non vanno a braccetto con i diritti umani.
Risale all’estate 2009 il caso emblematico di Sun Danyong, 25enne dipendente della Foxconn di Shenzen, morto suicida dopo essere stato accusato di aver sottratto alcuni prototipi di iPhone 4G. La storia è rimasta abbastanza fumosa, ma non si esclude che possano essere state le forti pressioni esercitate dal dipartimento di sicurezza dell’azienda ad aver spinto il ragazzo a togliersi la vita.
La natura autoritaria delle pratiche che queste aziende mettono in campo per salvaguardare la segretezza della produzione si è nuovamente resa evidente alcuni giorni or sono quando un reporter di Reuters è stato aggredito e minacciato da due agenti di guardia allo stabilimento Foxconn di Guanlan (che realizza prodotti per Apple e molte altre aziende del settore – foto in apertura).
Il giornalista, arrivato in taxi, stava scattando delle foto dalla strada (quindi in uno spazio pubblico) quando una delle due guardie ha urlato per intimargli di smetterla. Il reporter ha continuato a fotografare ed è poi rientrato in macchina per andarsene. La guardia però ha bloccato il taxi minacciando di far ritirare la licenza al tassista e con l’aiuto del collega ha cercato di trascinare dentro la fabbrica il giornalista, che nel frattempo era sceso dall’auto per cercare di risolvere la questione.
Divincolatosi dalla presa, il reporter ha provato ad andarsene ma una delle guardie lo ha bloccato colpendolo con un calcio alla gamba. All’arrivo dell’auto di sicurezza di Foxconn il giornalista si è rifiutato di salire e ha chiamato la polizia, che una volta arrivata ha mediato e risolto la faccenda che si è conclusa con le scuse delle guardie e la decisione del reporter di non sporgere denuncia.
“Lei è libero di fare ciò che vuole” ha spiegato un poliziotto al giornalista di Reuters “ma deve capire che loro sono la Foxconn, godono di uno status speciale, qui”.
emblematico. ovviamente non è un problema solo della apple, ma anche della apple.
l’occidente fonda il suo status quo veramente a discapito del resto del mondo, il più delle volte.