L’assunzione di Kevin Lynch nel ruolo di Vice President of Technology alla Apple ha scatenato una ridda di commenti di natura diametralmente opposta da parte di esperti e commentatori.
Da un lato chi ritiene che l’ex CTO di Adobe sia un’ottimo acquisto per Cupertino, dall’altro coloro secondo cui Lynch è un vero e proprio “bozo” (vedi nota), in particolar modo a causa delle sue posizioni sulla “questione Flash”. Fu proprio lui a rispondere con toni alquanto accesi a quei Thoughts on Flash con cui Steve Jobs spiegò per filo e per segno i motivi per cui non voleva il plugin di Adobe sui suoi dispositivi mobili. Un video virale in cui il nuovo Vice Presidente distrugge alcuni iPhone 3GS, in particolare, ha fatto il giro del Web e suscitato un acceso dibattito.
Per essere un Chief Technology Officer, in effetti, Lynch si è spinto fino a supportare Flash con sistemi e metodi che non rientrano solitamente nel campionario di un dirigente del suo livello.
Quello che i critici non perdonano a Lynch non è tanto di aver supportato una tecnologia Adobe quando lavorava per l’azienda, quanto la dimostrazione di incapacità nel intuire un trend discendente ormai evidente.
John Gruber, uno dei principali sostenitori della teoria del “bozo”, spiega che a suo parere il problema non è che Lynch difendesse Flash nel 2009, ma che credesse ancora nella tecnologia, difendendola a spada tratta, nei due anni successivi, quando ormai era chiaro a tutti che la strada degli standard del Web multimediale era tracciata e Flash non l’avrebbe di certo percorsa. E c’è di più, ovvero un’ulteriore attacco da parte di Lynch in cui il CTO descrive di fatto Apple come il nuovo Grande Fratello orwelliano.
Ma se è vero che opinioni e opere di Lynch in questi ultimi anni rendono alquanto sorprendente questo improvviso cambio di casacca, è pure vero che l’ex CTO di Adobe è un software team leader dall’esperienza ventennale che, fra le altre cose, potrebbe sopperire almeno in parte al vuoto lasciato da Scott Forstall. E i suoi rapporti con l’ambiente Apple non si limitano certo alla storia recente visto che ha collaborato con i veterani di Cupertino Bill Atkinsons e Andy Hertzfeld alla General Magic e fu collega di Phil Schiller e Randy Ubillos (responsabile e creatore di iMovie e Final Cut Pro) alla Macromedia.
Ma come mai tanta attenzione ad un’assunzione che pure non va a modificare sensibilmente il quadro del top management?
Semplice: perché tutti gli occhi sono puntati su Tim Cook e sulla sua efficacia nell’assumere persone di talento.
Il CEO Apple ha da farsi perdonare, in particolare, l’assunzione di John Browett come SVP della divisione Retail. In tanti l’avevano stroncato sulla base della sua precedente esperienza negativa come CEO di Dixons ed hanno avuto ragione: Browett non si è trovato a suo agio e dopo nemmeno un anno ha ricevuto il benservito contestualmente all’allontanamento di Scott Forstall.
Cook, in sostanza, deve dimostrare di saper davvero assumere altri A-player come lui, secondo la famosa teoria di Steve Jobs per la quale gli A-Player assumono solamente propri pari, con la quale il co-fondatore Apple giustificava la natura esigentissima del lavoro alla Apple.
Le ombre sul passato anti-Apple di Lynch non potevano non saltare subito fuori, ma sicuramente a Cupertino sono tutti al corrente del video qui sopra e delle vecchie posizioni dell’ex-CTO nei confronti dell’azienda. Evidentemente, se hanno deciso di assumerlo comunque, hanno valutato aspetti che a noi non è dato di conoscere.
Solo il tempo ci dirà se Lynch, che adesso lavorerà alle dipendenze dirette del “quasi pensionato” Bob Mansfield, è stato una buona scelta oppure, davvero, Cupertino si è messa in casa un temibilissimo “bozo”.
Nota:
Con il termine bozo Steve Jobs soleva indicare spesso le persone che non riteneva all’altezza del ruolo che ricoprivano o del compito che era stato loro assegnato. Gil Amelio, il CEO cui Steve fece le scarpe nel 1997, era un bozo. Buona parte della dirigenza che quasi porto Apple al fallimento, nei primi ‘90, era composta, a suo parere, da bozos.
E’ un “titolo” che spettava indipendentemente dal fatto che fossero schierati dalla sua parte o fra le fila “nemiche”. Bill Gates, ad esempio, secondo Steve peccava di gusto ma non era di certo un bozo.
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