iAd doveva essere un nuovo, ricco business per Apple. Il servizio, originariamente lanciato nell’aprile del 2010, collega una compagnia che intende effettuare una campagna pubblicitaria su iOS, con gli sviluppatori che rendono disponibile dello spazio nelle loro applicazioni per dei banner interattivi. L’inserzionista contatta Apple, che dietro un sostanzioso compenso organizza e avvia la campagna pubblicitaria. Lo sviluppatore non deve fare altro che decidere di “vendere” dello spazio nella sua app, che sarà poi riempito da Cupertino in base alla clientela.
Il sistema non è però mai riuscito a prendere davvero piede. Apple ha cercato in ogni modo di riportare interesse verso un servizio che sembra destinato a fallire. Se per avviare una campagna pubblicitaria era richiesta una spesa minima, per l’inserzionista, di un milione di dollari, oggi ne servono “solo” 100 000. E questo è stato l’ultimo gradino di una serie di aggiustamenti al ribasso effettuati sulle tariffe. Poco più di un anno fa si era passati dal milione di dollari al mezzo milione, e nel giro di pochi mesi, ad agosto 2011, il costo d’ingresso si era abbassato a 300 000 dollari. Se a Cupertino si è sentito il bisogno di incentivare ulteriormente gli sviluppatori con una maggiore percentuale sulle “impressions” è evidente che ancora iAd fatica ad ingranare. Nel frattempo altri servizi pubblicitari, come AdMob, riscuotono grande successo sia tra gli inserzionisti che tra i developer.
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