Gino Paoli: “i produttori di smartphone devono pagare i diritti agli autori”

Apple, Samsung e tutti gli altri produttori di smartphone e tablet che vendono i loro prodotti in Italia devono pagare i diritti agli autori dei contenuti multimediali che su di essi vengono archiviati e riprodotti.
E’ questo, in sintesi, il parere di Gino Paoli, che parlando con il Corriere Della Sera nella sua veste di presidente SIAE è intervenuto per chiarire quelli che definisce “equivoci”. Non si tratta di far pagare di più al consumatore, spiega Paoli, perché sono le aziende che devono assorbire i costi delle nuove tariffe sull’equo compenso.

gino paoli itunes

Chi si fosse perso le puntate precedenti: è in corso una ridefinizione delle tariffe SIAE per l’equo compenso sulla copia privata che si applica, fra gli altri, a dispositivi quali smartphone, tablet, decoder digitali dotati di hard disk interno, lettori MP3.  Si parla di nuove cifre già da dicembre ma ieri il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray ha smentito che i numeri diffusi dal Corriere (si parla di 5,20€ + IVA per smartphone e tablet) sono infondati e che la discussione è ancora in corso.

“Che cosa significa copia privata?” si chiede Gino Paoli nel suo intervento sul Corriere. “Non l’ho capito. Qui si parla di compenso all’autore”.
Verrebbe da dire che forse, per evitare gli equivoci di cui parla il cantante basterebbe uno sforzo maggiore nella ricerca dei termini da utilizzare per definire la tassa, visto che “copia privata” è la definizione che ne dà proprio quella SIAE di cui Paoli è Presidente.

La tassa sul compenso agli autori non è in ogni caso una prerogativa italiana, perché esiste anche in Francia e Germania (non in UK) per altro con tariffe più alte a quelle attuali. Ciò nonostante i prezzi di iPhone, iPad e altri dispositivi analoghi in quei paesi non è di certo più alto che da noi, anzi.

In altre parole il pensiero di Paoli è che questa tassa debba essere applicata ai produttori e non ai consumatori.
Ovvero: se Apple, Samsung e gli altri scaricano sul consumatore italiano questa tassa secondo il Presidente SIAE sono loro che stanno facendo il gioco sporco. Per altro, aggiunge, correre in loro difesa (come ha fatto “Confindustria Digitale”) significa difendere dei soggetti che in molti casi non pagano nemmeno le tasse in Italia, a differenza del “milione e mezzo” di lavoratori che SIAE rappresenta. (Che lo vogliano o no, verrebbe da aggiungere).

Il principio per cui gli autori vadano compensati equamente per la loro produzione intellettuale non è certamente in discussione. Il problema, che a Paoli sembra sfuggire, probabilmente per comprensibili ragioni anagrafiche e di formazione, è che il mercato musicale e tecnologico di oggi mal si sposa con una tassa che impone un compenso su dispositivi il cui uso potrebbe anche esulare completamente dalla riproduzione di contenuti protetti dai diritti d’autore.

Per l’utente comune (e probabilmente per le multinazionali della tecnologia interessate dalla tassa) non è facile capire quindi quale collegamento diretto vi possa essere fra diritto d’autore e sistemi di archiviazione dei file musicali. Quello che sfugge a me, personalmente, è perché si debba considerare equa una tariffa applicata ai supporti e ai dispositivi digitali – al di là di chi sia a pagarli – che va ad aggiungersi ai diritti d’autore già versati al momento dell’acquisto di un brano musicale o di un album.

 

 

7 commenti su “Gino Paoli: “i produttori di smartphone devono pagare i diritti agli autori””

  1. Questa tassa è una cagata.
    Dico io, ma se compro un DVD o un tablet o quello che mi pare per metterci le mie foto, canzoni da me create, presentazioni Keynote, testi o quello che mi pare, perché diavolo devo pagare una tassa perché POTREI metterci roba che comunque ho legalmente acquistato?
    Allora a questo punto la musica la pirato, tanto sto pagando lo stesso…

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  2. La SIAE va chiusa! L’ Italia è già stata condannata più volte dall’ UE per le pratiche illegali operate dalla SIAE !
    Ora Gino Paoli candidamente se ne esce a volere sfilare soldi ad Apple ed altri produttori .. con ovvio aggravio sul prodotto finale perchè se un produttore paga tasse aggiuntive poi le scarica sempre sui clienti, e come potrebbe essere altrimenti?
    La SIAE è una ignobile tassa di ignobili uomini che non dovrebbero avere alcun diritto di parola.
    Ma ci rendiamo conto ? No dico.. questo qui con la SIAE vorrebbe delle tasse aggiuntive su ogni tablet e smartphone venduto oltre ai soldi che già ricevono sulle vendite dei brani legalmente acquistati su iTunes.. che non sono certo piccoli numeri e pochi soldi…
    Sono delle assolute sanguisughe! Gli stessi prezzi di album e singoli brani su iTunes sarebbero molto più bassi se non fosse per questa gente appunto ignobile, degli ingordi ricchi senza cervello che sanno solo chiedere di più e pretendere, questa gente qui fa fallire le aziende e le economie dei paesi!

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    • @matteo65601: Assolutamente d’accordo con te!
      La SIAE ha distrutto il mercato della musica Live (mi riferisco ai fantastici gruppetti locali che una volta suonavano nei pub di zona, ora non possono più per le tasse elevate e il maledetto borderau ), sta distruggendo le aziende chiedendo loro sempre più tasse… tipico esempio all’italiana: Azienda privata resa inspiegabilmente “statale”. Chiedono più soldi e si inventano tasse solo perché hanno un buco di miliardi di euro…
      malagestione! Non si può mettere un vecchio a dirigere un’azienda che con i tempi che corrono dovrebbe essere ultra informata sulle dinamiche di internet e dei contenuti in streaming/on demand…. VERGOGNA!!!

  3. Beh, se ci pensate il discorso non è affatto sbagliato: visto che in Europa la copia privata è regolamentata in questo modo, è giusto che lo sia anche in Italia, com’è giusto che i produttori multi-milionari di smartphone e quant’altro supportino, in questo caso, la musica Italiana.

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