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Aumenti dell’equo compenso SIAE, il ministero smentisce

Se l’iPhone 6 e il prossimo iPad costeranno ancora di più (e così forse anche i prodotti della concorrenza) il motivo potrebbe essere l’ulteriore aumento del cosiddetto “equo compenso”, il balzello assai poco equo grazie al quale la Società Italiana Autori ed Editori incamera ogni anno milioni di euro dalle vendite di dispositivi dotati di supporto di memoria e funzionalità di riproduzione multimediale.
Il decreto del 2009 che istituiva l’equo compenso deve essere rivisto e aggiornato e sono in discussione aumenti da capogiro che graverebbero su tutto il mercato della tecnologia. Il Ministro Massimo Bray, però, frena: “Non è prevista nessuna tassa su smartphone e tablet e le ipotetiche tariffe pubblicate in merito agli aumenti di costo sono infondate”.

Le tariffe di cui parla il Ministro sono quelle pubblicate ieri in una tabella del Corriere della Sera, che riassumeva in breve gli aumenti previsti, così come suggeriti dalla SIAE già a dicembre 2013.
Nell’articolo si parla di nuove tariffe che potrebbero andare dai 5,20€ per smartphone e tablet fino ai 40€ per dispositivi come i decoder digitali e satellitari dotati di hard disk interno. Secondo un rapido calcolo del Corriere un simile aumento porterebbe nelle casse della SIAE un gettito extra di circa 200 milioni di Euro all’anno.

Le tariffe verrebbero poi aggravate dall’imposizione dell’IVA al 22%, poiché applicate al prezzo finale del prodotto. Una tassa pesante, insomma, giustificata secondo la SIAE dalla necessità di rivedere quel – già contestatissimo – decreto del 2009 alla luce dell'”incessante sviluppo tecnologico” per poter compensare “equamente” gli artisti ogni qualvolta che un’utente copia su un proprio dispositivo la propria musica già legalmente acquistata.

Nulla è ancora deciso, però. Il Ministro per i Beni Culturali Massimo Bray ieri è intervenuto per far sapere che le cifre diffuse dal Corriere sono infondate. La discussione sarebbe ancora in corso è c’è la seria intenzione di trovare una “soluzione condivisa da tutti”. I tutti in questione sarebbero i produttori di hardware, gli autori e gli utenti.

Rimane da capire come possa essere condivisibile dagli utenti e dai produttori di hardware una tassa che impone un doppio balzello – perché si aggiunge a quanto già si paga per acquistare legalmente la musica – che va a gravare sulle tasche di tutti, anche quegli utenti che sull’hard disk del proprio iPhone o del proprio iPad non caricheranno mai neppure un brano musicale.

Sull’incidenza dell’equo compenso sul prezzo dell’iPhone ci sono versioni e sopratutto pareri discordanti. Secondo la SIAE al momento sull’iPhone viene applicata una tariffa fissa di 0,90€. Tuttavia non è chiaro come vadano considerate le tabelle sul prezzo “al Gygabyte” che sembrano includere, almeno per definizione, gli hard disk integrati nell’iPhone. Se c’è una specifica di esclusione dalla doppia applicazione per gli smartphone, personalmente non sono riuscito a trovarla nel decreto o nelle successive revisioni.

Nessuno mette in dubbio che artisti e professionisti della cultura debbano essere retribuiti equamente per ciò che producono con il loro ingegno (anche se sulla equità dei compensi distribuiti dalla SIAE si potrebbe aprire un dibattito infinito) ma è anche sufficientemente chiaro che una tassa sulla “copia privata” è una misura fuori dal tempo, soprattutto se consideriamo la definitiva affermazione della digital distribution e dei servizi di streaming musicale. Del resto da una “società” che utilizza nei suoi documenti termini come “videogramma” e “fonogramma” ci si può aspettare al massimo un’ottima padronanza dell’italiano ma non di certo la comprensione dei complessi meccanismi della tecnologia contemporanea.

Redazione

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  • E' la solita storia.. Finora ho sempre condannato chi copia illegalmente musica, software, libri, ecc. Ma tutte queste faccende onestamente iniziano a seccare.
    Perché, io che non ho mai fotocopiato nemmeno la pagina di un libro o un singolo brano musicale, devo vedermi addebitare costi per la necessità di memorizzare, che so, il mio CV scritto in Word (con regolare licenza, giusto per fare un esempio)? Che poi sono soldi che vanno ad ingrassare le inefficienze di stato e Siae?

    Che facciano pure, ma dopo non vengano a lamentarsi che la gente si copia illegalmente i contenuti più svariati.. ormai è solo legittima difesa..

  • Grazie all'e-commerce è possibile acquistare con facilità all'estero… Forse i prezzi (compresa la spedizione) non cambiano più di tanto, ma è una questione di principio, così l'iva e il loro cari compensi non li vedono proprio ;-)

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