Leander Kahney ha pubblicato su Cult Of Mac una interessantissima intervista a John Sculley, CEO di Apple dal 1986 al 1993. La carriera di Sculley a Cupertino non fu delle più brillanti, nonostante fosse stato proprio Steve Jobs a strapparlo alla Pepsi con una frase che sarebbe passata alla storia: “vuoi vendere acqua zuccherata per tutta la vita o vuoi cambiare il mondo?”.
Viene attribuita in gran parte alla sua gestione la crisi in cui sprofondò Apple all’inizio degli anni ’90 e Steve Jobs non gli ha mai perdonato di averlo di fatto cacciato dalla sua stessa azienda nel 1985. Ora, a 25 anni di distanza da quella rottura, e a 17 dall’ultima volta che ha messo piede a Cupertino, Sculley si è deciso a parlare di Steve Jobs e della sua visione. Non lo aveva mai fatto nel corso di questi lunghi anni in cui la Silicon Valley che conta si è praticamente scordata di lui.
L’intervista è assolutamente un must-read, anche se non contiene nessun vero scoop. Sculley fornisce molti particolari sulla metodologia di Jobs che però molte pubblicazioni come il noto libro di Kahney (Nella mente di Steve) hanno già provveduto a delineare con precisione nel corso degli ultimi 15 anni.
Lo Steve Jobs che viene fuori dall’intervista dell’ex-CEO è lo stesso Steve meticoloso, minimalista, puntiglioso all’eccesso e perfezionista che abbiamo imparato a conoscere attraverso gli aneddoti della sua storia personale, spesso assurti a vera e propria agiografia del personaggio. Traspare una metodologia che Jobs non ha assolutamente abbandonato, ma semmai ha perfezionato portandola a livelli altissimi.
Kahney, prendendo spunto dalla lunghissima intervista con Sculley (qui una trascrizione completa per chi volesse leggersela tutta), ha individuato 12 punti fondamentali che descrivono il metodo Jobs secondo l’ex-CEO.
- Beautiful design. Sculley insiste molto sul fatto che ciò che univa lui e Jobs era il design e di come già al tempo Apple fosse un’azienda che aveva più a che vedere con il design a tutto tondo (inteso come il modo in cui una cosa funziona e non come appare, per dirla con Steve Jobs) che non semplicemente con l’informatica.
- L’esperienza dell’utente. La prospettiva della user experience è una prerogativa inalienabile per Jobs, un vero principio applicato a qualsiasi prodotto con la medesima cura.
- No ai focus groups. Notoriamente Steve non ha mai voluto affidare giudizi sui prodotti ai focus groups, soprattutto allora quando nessuno sapeva minimamente cosa fosse un Personal Computer.
- Perfezionismo.
- Visione. L’evoluzione del Personal Computer era già nella mente di Steve, secondo Sculley. Jobs sapeva benissimo ed era fortemente convito che il computer sarebbe diventato la “bicicletta della mente” (c’è una nota intervista in cui lo dice apertamente) e capiva quanto fosse in errore IBM.
- Minimalismo. Per Jobs era più importante ciò che si sceglie di non fare, rispetto a ciò che poi si fa. Quelle sono le decisioni più importanti.
- Assumi i migliori. Steve ha sempre avuto la capacità di raccogliere attorno a se le menti migliori, quelli che sapeva che avrebbero potuto dare il massimo nel suo team. Sbaglio però con Sculley che a Kahney confessa: “l’errore di Apple è stato quello di assumermi”.
- Dettagli. L’importanza dei dettagli è massima per Steve Jobs, in ogni frangente. Nulla va lasciato al caso o trascurato.
- Piccolo è meglio. Steve non ha mai voluto più di 100 persone nel Mac Team, perché doveva avere con loro un rapporto personale. Al tempo non aveva neppure nessun rispetto per le grandi corporation, secondo lui troppo burocratiche. Questo aspetto si riflette nella Apple di oggi caratterizzata da un ruolo fondamentale dei team di lavoro ristretti, tanto che alcuni progetti sono affidati spesso ad una quantità incredibilmente ristretta di ingegneri.
- Rifiuto per il lavoro fatto male. Sculley paragona la Apple di Steve Jobs di quegli anni al laboratorio di un artista-artigiano, dove tanti altri artisti sanno operare in armonia con la sensibilità del maestro, a cui spetta l’ultima parola e il giudizio sulla qualità del lavoro, spesso secondo standard elevatissimi che ogni singolo membro non pensava probabilmente neppure di poter raggiungere.
- Perfezione e gusto. Steve Jobs aveva ed ha gusto, dice Sculley, a differenza di Bill Gates che per quanto geniale aveva solamente in testa il piacere derivante dalla conquista e dal dominio di un mercato, indipendentemente da ciò che sarebbe servito per raggiungere l’obiettivo.
- Ideatore di sistemi. Steve ha sempre avuto l’incredibile capacità di progettare sistemi integrati. Il sistema iPod ne è un esempio lampante, secondo Sculley. Apple si occupa di ogni aspetto, dice l’ex-CEO, a differenza di altre aziende che invece una volta definito il core-product gestiscono tutto il resto in out-sourcing.
Dall’intervista a Sculley saltano fuori anche altre interessanti chicche (come ad esempio il fatto che Jobs e Sculley prendessero spunto dal design automobilistico italiano nel progettare i prodotti Apple). Le trovate tutte su Cult Of Mac, in una serie di articoli dedicati pubblicati a corredo dell’intervista principale.
Bell’articolo! Complimenti Camillo.. I tuoi post sono sempre ben scritti.
La traduzione integrale qui:
http://www.wemedia.it/blog/2010/12/john-sculley-la-filosofia-di-steve-jobs-apple-come-sony-parte-1/