iOS 6 e il problema Mappe
Con iPhone 5 arriva sul mercato anche la nuova incarnazione di iOS, vale a dire la versione 6. E’ un ottimo passo avanti nel complesso e introduce una nuova applicazione: Mappe.
Non ci vuole molto, dopo il lancio, per capire che per un motivo o per l’altro il software Apple è un piccolo grande disastro. Le mappe di Apple sono semplicemente inadatte al lancio pubblico. Sono ancora troppi i problemi relativi ai punti di interesse, alle informazioni geografiche e alle indicazioni stradali.
Non che Apple avesse molte alternative: iOS 6 rappresentava l’ultima grande occasione per potersi staccare da Google Maps (che arriva su App Store a fine anno) e offrire un’alternativa valida. Peccato però che un eccesso di “hybris” abbia causato quello che molti beta-tester già sospettavano: la stroncatura del programma da parte del pubblico.
Si moltiplicano, nel giro di poco, le segnalazioni di problemi, di mappe inconsistenti, di punti di interesse completamente fuori posizione. La modalità fly-over in 3D, un eye-candy non da poco, viene massacrata dalle critiche per i frequenti errori di rendering. Lo scivolone, a livello mediatico, ha un’eco enorme e supera, forse, anche quella che fu riservata allo storico caso Antennagate, dopo il lancio dell’iPhone 4.
L’errore è pesantemente ampliato dalla scelta di affidare a Mappe il ruolo di “novità fondamentale” di iOS 6. Una semplice label “beta” e un lancio un po’ più in sordina forse avrebbe riservato al software, che con tutte le sue pecche ha comunque un buon numero di “lati positivi”, un’accoglienza migliore e più “comprensiva”.
Tim Cook decide allora di scusarsi pubblicamente e ammette che Mappe non è all’altezza degli standard cui Apple ha abituato i propri clienti.
E’ una buona strategia, ma è evidente che qualche testa dovrà rotolare. L’esito dello scontro interno non tarderà a manifestarsi pubblicamente.
Terremoto al vertice
La testa che rotola è quella di Scott Forstall, storico collaboratore di Steve Jobs e Senior Vice President della divisione iOS Software. E’ lui il responsabile delle Mappe ed è a lui che fanno capo tutti i team “colpevoli” di aver prodotto un software insufficiente sotto troppi punti di vista. Lo “shake-up” fa un’altra vittima (insignificante): è John Browett, il SVP della divisione Retail, fatto fuori dopo dieci mesi inconcludenti.
Il caso Mappe, però, è solo la goccia che fa traboccare un vaso già colmo da tempo. I conoscitori degli affari interni di Cupertino non sono rimasti eccessivamente sorpresi da quel comunicato con cui, il 30 ottobre, l’azienda ha ufficializzato una serie di sensazionali cambi al vertice.
Via Forstall, il “polarizzatore”, il più simile a Steve Jobs di tutti dirigenti, e pieni poteri a Jony Ive, che diventa Senior Vice President delle Human Interfaces e prende sotto il proprio controllo tutti gli aspetti integrati del design in casa Apple, software compreso.
Bob Mansfield, che durante l’estate aveva annunciato il suo imminente pensionamento, ci ripensa (si dice si richiesta esplicita di Tim Cook) e viene assegnato alla nuova divisione Technologies a occuparsi di progetti “segreti” che ricoprono un ruolo chiave per il futuro dell’azienda.
Phil Schiller mantiene il suo posto di responsabile del Marketing, che a Cupertino significa “responsabile di tutto ciò che fa di un prodotto un prodotto Apple”. A Eddy Cue, il Mister Wolf di Apple, quello che “risolve problemi”, va il controllo dei recenti fallimenti di Forstall: Mappe, in primis, ma anche Siri, che nonostante un avvio scoppientante è rimasta confinata nel suo mondo virtuale senza espandersi come atteso da molti, relegata ad un ruolo di “gimmick” per i più.
Eddy Cue è così il responsabile di tutti i servizi che fanno capo ad iCloud, quella che Cook e Schiller hanno definito a più riprese come la strategia Apple per il nuovo decennio.
L’addio di Forstall e le nuove nomine sono la conclusione di una trasformazione durata più di un anno e non ancora terminata. La Apple del carismatico Steve Jobs è diventata la Apple di Tim Cook “sapiente amministratore”. Lo scettro della “visione” è passato ufficialmente all’erede designato, Jony Ive. L’intuito e l’amore per “il prodotto” che Steve Jobs viveva come una vera ossessione sono al sicuro nelle mani di Phil Schiller. A Eddy Cue è toccato in sorte il ruolo di inflessibile negoziatore. L’irascibilità imprevedibile e talvolta controproducente, un tratto che Scott Forstall aveva fatto suo senza il livello di genialità che in Steve Jobs lo rendeva sopportabile, è stato “espulso” definitivamente.
Quella che entra nel 2013 è così una Apple plurale e profondamente diversa da quella del 2011. Non una Apple “migliore o peggiore”, ma semplicemente differente. Se questa nuova Apple sarà ancora in grado di innovare e di resistere al futuro lo sapremo solamente nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Tim Cook, durante il suo tour mediatico di fine anno, ha invitato tutti a non puntare contro la “sua” Apple.
Il presentimento è che a fine gennaio, quando verranno annunciati i risultati del primo trimestre fiscale del 2013, avremo un’idea del perché il CEO si sia permesso questa ardita affermazione.
Bell’articolo, complimenti.
Mancano secondo me un paio di notizie:
– Il crollo in Borsa delle azioni Apple passate dai 700$ a poco più di 500$ in breve tempo.
– E il “premio” come peggior pubblicità dell’anno dato proprio ad Apple! I tempi delle pubblicità “1984” e “Think different”sono completamente finiti.
Buon anno!
Bellissimo articolo. Affascinante, dettagliato, ben articolato. Solo qui si leggono cose davvero interessanti e strutturate. Un augurio di un buon anno a tutti voi!
Questo è un articolo! Tanti blog dovrebbero imparare da voi (non faccio nomi)…
Il percorso di Apple del 2012 mi è piaciuto, soprattutto Tim Cook che si è rilevato un ottimo organizzatore; è evidente che il problema si è presentato dal lato software con iOS 6, un sistema operativo povero di novità campeggiato dal flop mediatico delle mappe. Tim Cook ha dimostrato di essere un CEO capace di affrontare i problemi riassettando le responsabilità dei capi divisionali eliminando il marcio; lo vedo quindi come un buon gestore più come guru futuristico come poteva esserlo Jobs, possiamo forse comparare l’operato di Steve all’accoppiata Cook-Ive che incarna sia l’aspetto organizzativo che quello creativo.
Un commento lo voglio fare al prodotto dell’anno, ossia l’iPad mini, che si è rilevato un prodotto in un categoria riuscita (pur presentando caratteristiche hardware al di sotto delle aspettative), dopotutto si sarebbe creata troppa competitività con l’iPad che nei prossimi mesi dovranno comunque rilanciare in occasione di un aggiornamento corposo e prestazionale del mini. L’aspetto dolente del 2012 è stato il settore pro, pur presentando il bellissimo MacBook Pro Retina, le novità software sono state pressoché assenti: personalmente mi aspetto un Logic X, un Aperture X (anche se sono apparsi dei libri su amazon che fanno ben sperare) oltre che una rinnovata suite di iWork e il fatidico Mac Pro ormai atteso da millenni. Ciò che spero nella Apple del 2013 è un miglioramento generale del lato software: un iOS 7 profondamente cambiato e adeguato alle novità della concorrenza, un OS X 10.9 più integrato con iOS (anche se non attendo stravolgimenti in quanto li prevedo per la versione 11 che magari si chiamerà proprio iOS 8) e novità dal settore pro. Insomma, una Apple che parte nel 2013 con uno spirito nuovo: cosciente delle grandi sfide del futuro, più umile nell’ammettere i propri sbagli ma, da quanto visto, desiderosa di ricorrere ai ripari.