È finita l’epoca in cui un produttore di telefoni cellulari si sforzava al fine di creare un ottimo telefono inteso solamente come oggetto hardware. Dopo essersi dati battaglia su tutte le possibili funzioni multimediali (fotocamera e riproduttore files musicali) ed addirittura sul design degli accessori stessi (non solo auricolari ma anche i carica-batterie da muro), quest’anno è approdata una nuova rivoluzione: una “rivoluzione talmente nuova” che, francamente, era difficile da immaginare. Anche questa volta c’è lo zampino di Apple e, come avrete ormai intuito (anche grazie al titolo), ci riferiamo più precisamente ad App Store. Dopo il negozio virtuale di Apple sono approdati quello di Google (Android Market) e presto arriverà quello di BlackBerry (BlackBerry App Center).
Prima di potere testare a fondo tutte e tre queste realtà (in verità, se ci seguite quotidianamente, sapete che ogni giorno vi presentiamo una Applicazione per iPhone) e di conseguenza capire dal vivo le analogie e diversità di questi mondi, è necessario fermarci a riflettere, seppure per pochi minuti, sul concetto a loro comune e cioè quello di fornire servizi dedicati all’utente (anche a pagamento). Ovviamente quella che segue è solo una delle possibili chiavi interpretative al solo scopo di farvi pensare un pochino, in modo da uscire dai soliti schemi mentali che ognuno di noi porta con sé alla stregua di pesante bagaglio.
Da un punto di vista prettamente economico, tutto questo sembrerebbe fatto solamente allo scopo di “spennare ulteriormente il cliente” dopo avergli fatto spendere più di 400 Euro per un telefono cellulare che “ha bisogno di altro per essere completo”: caso evidente è quello dell’applicazione Firemail che permette ad iPhone di scrivere le E-Mail in “landscape-mode”, cosa che dovrebbe essere presente di default in un cellulare come iPhone. Una nuova maniera per aumentare gli introiti finanziari quindi? Certamente è così, ma, non è sicuramente la motivazione principale.
La motivazione principale va sicuramente cercata altrove e, più precisamente, nella guerra spietata tra le varie aziende produttrici di telefoni cellulari. “E ora cosa c’entra la guerra tra le aziende”, vi starete sicuramente chiedendo. La risposta è più semplice di quanto si creda. In un mondo globale dove i telefoni cellulari (nonostante gli sforzi di design) si assomigliano sempre di più – lasciando a parte un discorso di costi – qual è la principale motivazione di scelta di un terminale rispetto ad un altro se non un servizio a completa disposizione dell’utente finale che gli permetta di personalizzare il proprio acquisto?
Ecco che la personalizzazione è uno degli scopi primari: tante aziende dei più disparati settori (ad esempio dalle case automobilistiche ai grandi produttori di occhiali) puntano alla vendita di un oggetto standard che il cliente finale sia in grado di rendere “proprio” diversificandolo da tutti gli altri in commercio.
Apple, RIM e Google, con i loro rispettivi App Store, BlackBerry App Center e Android Market puntano a soddisfare proprio questa esigenza di personalizzazione. Poco importa se iPhone non presenta, di default, alcun gioco: su App Store ne sono presenti a centinaia e ognuno è libero di scegliere quello ciò che preferisce, sia a pagamento che non. L’utente in questo modo coltiva un rapporto di continua fiducia e comunicazione con il produttore del telefono cellulare da lui acquistato e ciò permette ai produttori stessi di “fidelizzare subdolamente” il cliente oltre che a conoscere i suoi gusti e le sue abitudini.
Non ci resta che attendere il lancio ufficiale del ”GooglePhone” T-Mobile G1 con Android previsto per domani negli USA: potremo così avere delle veritiere testimonianze riguardanti Android Market, mentre per il BlackBerry App Center bisogna aspettare ancora un po’ di tempo.
Tutto questo con una sola convinzione: Apple con il suo App Store è riuscita anche a dare una svolta al mercato della telefonia mobile ormai ridotto a un rincorrersi di nuovi modelli che lasciava da parte l’utente.
Fire 22/10/2008 il 11:39
Bell’articolo davvero.
Ricordo anni fa, quando i display dei cellulari erano ancora principalmente monocromatici, e cambiavo cellulare solo per i nuovi giochini, le suonerie e le poche funzionalità incluse.
Oggi, come giustamente dice Michele nell’articolo, si va verso uno standard più o meno parificato, con la personalizzazione del dispositivo che diventa il cuore della questione.
Proprio perchè, ad un certo livello di “avanzamento tecnologico”, i cellulari sono ormai parificabili ai computer: vanno su internet, scrivono mail, vedono video, modificano documenti, gestiscono la contabilità, gli appuntamenti e quant’altro.
Ecco che quindi le applicazioni extra diventano il principale fattore di retention verso l’una o l’altra piattaforma: chi me lo fa fare di passare dal sistema A al sistema B, visto che su A ormai tengo i miei programmi preferiti per la contabilità personale, la mail, i giochi eccetera?
Ed è per questo che Apple, così come RIM, hanno il vantaggio di essere le piattaforme che ad oggi offrono una solida “base di partenza” per l’utente. iPhone, pioniere del settore, ha dalla sua l’interfaccia e l’immediatezza tanto cara all’utenza consumer, e che tenta pure i business users. RIM invece ha la consolidata fama da telefono business, che sta cercando sempre più (e con successo) di diffondersi tra l’utenza consumer, nel frattempo offrendo quel touch screen e l’interfaccia immediata di cui Apple è stata la vera pioniera.
All’orizzonte, in fondo, va correndo Google con Android, che sebbene abbia tante potenzialità non ha ancora (a parere mio) una User Interface sufficientemente attraente per mangiare fette di mercato ad Apple e RIM.
La domanda vera e propria è quindi: in quanto tempo i cellulari evolveranno tutti, più o meno, verso le potenzialità che offrono i nuovi dispositivi come iPhone, Storm e G1? Perchè sarà proprio quello il periodo di transizione in cui si giocheranno le guerre per la maggiorparte della userbase. La pista da corsa è ragionevolmente lunga, due sono già in testa, altri sono indietro ma stanno recuperando.
In tutto questo, non si prospetta altro che un futuro meravigliosamente tecnologico in miniatura.