Spesso e volentieri la definizione “mercato dei tablet” è utilizzata per definire il mercato che l’iPad ha creato e che tutt’oggi, a più di due anni dal primo lancio del prodotto, domina incontrastato.
La usano gli analisti per trasmettere un’aura di pretesa obiettività nei loro report, la usano le pubblicazioni generaliste per motivi analoghi e la usano gli operatori di telefonia mobile per cercare di vendere prodotti indistinguibili fra loro (ed erroneamente identificati come “iPad” dal consumatore meno esperto) fatti piovere dal cielo.
Di fatto, “mercato dei tablet” può essere approssimato a “mercato dell’iPad”. Era così nel 2010, è ancora così nel 2012.
Lo riconfermano i numeri di IDC diffusi la scorsa settimana, che segnalano il preoccupante calo di vendite del Kindle Fire, e lo riconferma pure uno studio dell’Ad Network Chitika, le cui statistiche indicano che il 94,64% delle ad impression generate da tablet sono da attribuirsi ad un iPad di prima, seconda o terza generazione.
E’ bene specificare, come sempre in questi casi, che i numeri dello studio sono riferiti ad un campione di siti non selezionato secondo criteri di target, ma sufficientemente vasto da fornire una discreta rilevanza statistica.
E sia come sia, il 94,64% è davvero una percentuale astronomica, soprattutto se si considera il tablet che ha guadagnato il secondo gradino del podio, il Samsung Galaxy (nei suoi vari formati), ha generato solo l’1,22% delle impression sugli ad di Chitika network.
Seguono a ruota l’Asus Tranformer Prime, con una percentuale attorno all’1,20% e poi lo Xoom, il Playbook, il Kindle Fire e il Nook di Barnes and Nobles.
Insomma, nessun segno di recupero da parte di una concorrenza che nel settore non riesce a offrire prodotti realmente competitivi ed è costretta ad offrire tablet a prezzi analoghi a quelli dell’iPad dai quali ricava margini decisamente più ristretti.
E’ l’ennesima riprova che il meccanismo applicato al mercato degli smartphone non può essere replicato nel settore tablet. L’ipotesi più diffusa fra gli esperti è che il tentativo di vendere i tablet attraverso gli operatori (che li utilizzano come mezzo per la sottoscrizione di abbonamenti vincolanti con quota mensile) si stia rivelando controproducente, forse perché il consumatore si approccia all’acquisto di un tablet come si approccerebbe all’acquisto, più ragionato, di un Personal Computer e non con quello forse più impulsivo con cui compra un telefono.
Sir 07/05/2012 il 13:29
Si vero come quando la gente aveva comprato un mp3 player ma lo chiamava iPod !