Non c’è giorno che non si parli di Proview ormai. L’azienda che sta cercando di bloccare l’import/export e la vendita di iPad in Cina ha indetto una conferenza stampa nelle scorse ore per mostrare al mondo intero il suo rivoluzionario iPAD a cui Proview iniziò a lavorare nel lontano 1998. Un prodotto che non ha nulla che somigli ad un tablet attuale.
L’Internet Personal Access Device di Proview, questo il significato dell’acronimo iPAD, ha senza dubbio un design innovativo per quei tempi. Un computer all-in-one che sembra l’imitazione mal riuscita dell’iMac G3 (CRT) uscito proprio nel 1998.
Durante la conferenza stampa, Proview ha dichiarato di aver investito circa 30 milioni di dollari nei computer iPAD e di averne prodotti tra le diecimila e le ventimila unità dal 1998 al 2009. Poi è iniziata la controversia con Apple.
Non c’è che dire. Senza la benché minima vergogna, Proview continua la sua battaglia legale ed ora anche “mediatica”, con tanto di conferenze stampa, per cercare di contrastare Apple e provare a farsi pagare dei diritti troppo incautamente svenduti. Il tutto mostrando dei prodotti che si rifanno chiaramente al design che Apple aveva usato negli anni passati per i suoi computer desktop.
Alea iacta est, diremmo noi viste le nostre origini e la nostra cultura. Ma quelli di Proview, ahinoi, hanno origini diverse che seguono la cultura dei copycats.
Non c’è che dire. La dirigenza di Proview, se così si può definire il manipolo di persone che dovrebbe essere rimasto negli ormai semi-abbandonati edifici dell’azienda asiatica, senza la benché minima vergogna ha perso l’occasione per evitare un’ulteriore figuraccia dopo i documenti e le missive comparse in rete riguardo la cessione dei diritti del nome I – PAD e di tutte le sue varianti.
Ormai ne abbiamo viste davvero di tutti i colori. Diatribe legali per quattro lettere, per design copiati e per tecnologie inserite nei prodotti con la Mela mangiucchiata. Speriamo davvero di non vedere davvero anche un greco (o il Governo greco) che, spinto dalla crisi in atto nel paese ellenico, non provi a preparare un ricorso legale per il riconoscimento dei diritti su nome e forma della tavoletta di Apple.
[Image courtesy of M.I.C Gadget]
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ha ragione l'azienda cinese, se quella chiama un prodotto iPad la Apple non può venderlo con il suo stesso nome.
@ Domenico Costa:
già
ma sopratutto.....DAI! un po di onestà intellettuale: la Apple per ogni scaramuccia del genere ne ha creata almeno due ad altre aziende, grazie alla liquidità in cassa hanno brevettato anche un modo per respirare immagino oramai......se sti poveracci tentano di recuperare due denari con gli stessi metodi che apple usa ogni giorno, non ci vedo nulla di male....poi la parola ai giudici.
Domenico Costa wrote:
I diritti sono stati venduti alla società IPADL (si presume controllata da Apple) nel 2009.
In altre parole, tu mi vendi una cosa e dopo mi fai causa perché vuoi altri soldi? Non so come funzioni in Cina, ma anche qui in Italia si farebbe fatica a trovare un giudice disposto a dar ragione al venditore.
La legge è uguale per tutti. Apple che lotta tanto contro la pirateria non è sopra alla legge e deve rispettarla. Del resto pagando 60 milioni di dollari per evitare la causa (questo in realtà l'epilogo della vicenda) ha in pratica riconosciuto il proprio torto. Mi ricorda tanto sony che ha piratato il walkman (causa conclusa e sony riconosciuta colpevole) e poi sovvenziona ogni forma di lotta per vincolare l'uso delle idee se possono in qualche modo sfiorare un marchio registrato. Io sarei d'accordo a cambiare le leggi. Ma fino a quel momento...