IBM vuole passare a Mac?

Il mondo trema e il cielo sta per cadere. Big Blue, il gigante cattivo che ventiquattro anni fa veniva preso a martellate da una atletica signorina in un noto spot Apple, vuole passare a Mac? Non proprio. Secondo quanto riportato da un documento interno di IBM, l’azienda ha iniziato a testare la possibilità di fornire computer Apple ai propri dipendenti. Per adesso si tratta di un semplice esperimento, limitato nel numero di dipendenti coinvolti, che mira ad ottenere un feedback sulla reale interoperabilità di più sistemi operativi all’interno delle strutture aziendali. In parole povere anche alla IBM si sono accorti dell’errore chiamato Vista.

Nel documento interno la decisione di testare Mac OS X è esaustivamente spiegata in sette punti:

  • Alternativo a Microsoft Windows
  • Meno soggetto a problemi di sicurezza
  • Largamente utilizzato in ambito accademico, con il quale il settore Ricerca ha stretti legami.
  • Molti neoassunti sono maggiormente a proprio agio con Mac e in ultima istanza chiedono di poterlo utilizzare
  • La community di Mac user all’interno di IBM e del settore Ricerca, che considera lo sviluppo in ambiente Mac meno faticoso e più semplice, è in crescita
  • Crescente accettazione della piattaforma Mac come client per clienti business e consumer
  • La strategia WPLC prevede investimenti significativi per il raggiungimento della parity (compatibilità paritaria delle applicazioni e delle soluzioni fra i diversi sistemi operativi – n.d.r.) per la piattaforma Mac.

Una prima tranche del test ha avuto luogo da ottobre 2007 a gennaio 2008. A ventiquattro dipendenti è stato fornito un MacBook Pro in sostituzione del Lenovo ThinkPad d’ordinanza ed è stato chiesto loro di utilizzare il vecchio PC solo ed esclusivamente nel caso fossero impossibilitati a trovare un programma per Mac alternativo per svolgere compiti che già svolgevano con il ThinkPad.

Al termine della prova 22 dei 24 dipendenti hanno fornito la propria analisi: 18 hanno definito l’uso di un Mac un’esperienza nettamente migliore, un dipendente ha affermato di essersi trovato bene con un Mac ma di non aver notato sostanziali differenze o miglioramenti, mentre tre dei partecipanti al test hanno riscontrato un peggioramento rispetto all’uso di un client PC.

Nessuno ha avuto problemi nell’installazione dei programmi interni di IBM sul nuovo sistema mentre quasi tutti hanno riportato problemi nell’utilizzo di altri applicativi non progettati originariamente per la piattaforma Mac, fra i quali, inevitabilmente, alcuni programmi aziendali sviluppati da Microsoft.

Alla fine della prova tutti i partecipanti tranne tre hanno deciso comunque di tenere il MacBook Pro come computer aziendale in sostituzione del tradizionale ThinkPad. Oltre al computer è stata fornita loro una licenza di WMware Fusion per utilizzare Windows in caso di necessità.

Anche se il test per l’adozione di computer Apple all’interno dell’azienda è solo agli inizi, il fatto che un gigante del settore aziendale com IBM abbia deciso di intraprendere questa strada la dice lunga sulla redistribuzione degli equilibri in corso nell’ambito Business. Ai Mac non manca nulla per essere macchine aziendali funzionali e produttive. L’unico problema è rappresentato dall’egemonia di Windows nel settore aziendale e dai problemi di compatibilità che essa genera.

Attualmente la virtualizzazione di Windows su Mac è una soluzione efficace ma non conveniente ipso facto. Al di là dei costi di acquisto delle licenze aggiuntive dei software di virtualizzazione, che anche per una piccola azienda sono irrisori, ci si scontra con un reale problema di produttività. Il miglioramento offerto dall’utilizzo di un Mac, che anche l’impiegato medio con conoscenze basilari nell’uso del PC può riscontrare dopo un veloce adattamento al nuovo sistema, è vanificato dalla necessità di gestire le dinamiche leggermente più complesse legate al concetto di virtualizzazione software.

Quest’analisi è valida per le piccole e medie imprese, nelle quali non è presente un vero reparto IT e spesso le soluzioni informatiche sono gestite da società esterne. Le grandi aziende invece, che possono permettersi di pianificare veri e propri programmi di migrazione, con corsi di aggiornamento ai dipendenti sull’utilizzo dei nuovi sistemi e sul funzionamento della virtualizzazione, potrebbero già adesso prendere in considerazione l’evenienza di un passaggio a Mac.

Il passo di IBM in questa direzione è dunque molto importante e mostra i primi segni di una inversione di tendenza, innescata soprattutto, inutile negarlo, da una grave defezione di Microsoft: il barcollante Vista, ultimo frutto di una politica di sviluppo che continuando su questo binario porterà Windows al collasso.

Redazione

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