Quanto si può capire della corporate culture e della filosofia aziendale di due giganti della Silicon Valley quali sono Apple e Google a partire dai progetti architettonici per i loro nuovi headquarter?
Si può capire molto, almeno secondo il parere di Brian Schermer, architetto ed esperto della progettazione di spazi di lavoro intervistato sulla questione dal magazine Quartz.
Google nei giorni scorsi ha reso pubbliche le prime illustrazioni che mostrano il progetto per un nuovo GooglePlex formato da nove edifici di forma rettangolare, collegati da camminamenti sospesi e caratterizzati da ampie aree verdi sui tetti.
Il contrasto con la “spaceship”, il campus 2 che Apple a breve inizierà a costruire a Cupertino e che potrebbe essere pronto per il 2016, è evidente anche a chi di architettura capisce ben poco. Questi piani preliminari, evidentemente, comunicano una visione fortemente diversa.
“Il business di Google,” dice Schermer, “è in qualche modo sparso e scompigliato. Hanno iniziato con il motore di ricerca e ora si buttano nell’hardware, con il Pixel e Google Glass. Allo stesso modo il loro campus è un boschetto variegato di idee e posti da vivere”.
Colpisce un dettaglio di questa illustrazione preliminare: l’alta densità di persone che popolano il campus, che pranzano sul tetto o camminano per le strade del complesso.
“Apple è un’azienda controllata in maniera ferrea. Forse il dipendente Apple è qualcuno attirato da questa visione pura e condivisa, l’estetica di Jony Ive,” aggiunge Schermer analizzando le immagini del campus Apple 2.0. “Apple è più imperscrutabile. Non si vedono gli interni. Non abbiamo alcuna idea di come Apple possa organizzare in gruppi di lavoro l’interno dell’edificio.”
L’aspirazione di Google, conclude l’architetto, è quella di creare un’opera vivente da esplorare, più aperta. Quella di Apple, invece è una visione più artistica in senso stretto: i rendering preliminari del Campus Apple mostrano un opera che chiede di essere ammirata e richiamano essi stessi un’estetica quasi pittorica, come suggerisce il confronto con un’opera di Andrew Wyeth.
Questa visione di purezza cupertiniana contrasta con il disordine di un progetto, quello di Google, che fa della “serendipity” una cifra architettonica.
Oppure, per usare termini più consoni ai mercati su cui le aziende operano, il contrasto è quello fra un'”integrazione totale” e una “frammentazione consapevole”.
[via MR]
Simone 01/03/2013 il 11:51
Niente da dire! Quello di Apple è migliore!! Spero di andarci a lavorare, prima o poi!! :)
JLPicard 01/03/2013 il 23:57
Io invece vorrei lavorare per Google. Con un bel Mac Pro, Cinema Display, e iPhone aziendale…