[show_ad]
E’ il 22 gennaio 1984, 30 anni fa. Al Tampa Stadium di Tampa, Florida, i Washington Redskins affrontano i Los Angeles Raiders per l’assegnazione del Super Bowl XVIII. I Raiders non lasciano scampo agli avversari e la partita è presto segnata, pronta per essere archiviata come una fra le tante finali per l’assegnazione del titolo stagionale della NFL. Durante un timeout del terzo tempo, però, la linea passa alla pubblicità e il pubblico americano assiste alla trasmissione di uno spot che diventerà, contro molti pronostici, una pietra miliare dell’advertising televisivo.
Uomini grigi, vestiti tutti uguali, marciano all’interno di una struttura futuribile per andare ad assistere, inebetiti, ad un discorso del loro tiranno, il Grande Fratello.
L’unica nota di colore è una ragazza atletica e bionda. Calzoncini rossi, canottiera bianca con uno strano logo a forma di computer: corre con una mazza in mano, mentre le guardie cercano di fermarla senza riuscirci.
Riesce ad arrivare nella sala dove sono confluiti quegli strani individui omologati e tristi e lancia con energia il suo martello, a distruggere lo schermo da cui il Grande Fratello impartisce il proprio dogma.
Le parole scorrono sullo schermo, lette da una voce calda ma solenne, mentre le immagini sfumano al nero e compare il logo colorato della Apple Computer:
On January 24th, Apple will introduce Macintosh. And you’ll see why 1984 won’t be like “1984”.
L’avrete capito: era la seconda (ed ultima) messa in onda televisiva a pagamento[1] dello spot “1984”, diretto dal regista Ridley Scott, con cui Apple annunciava in maniera radicale il lancio del rivoluzionario computer Macintosh, che sarebbe avvenuto il 24 gennaio, due giorni più tardi.
Lo spot non fu pensato fin da subito per il Macintosh; era pronto già in anticipo per l’Apple ][ come campagna per la carta stampata, ma non piacque e venne archiviato.
“Sei mesi prima di venire a conoscenza del Mac, avevamo questo spot che recitava ‘ecco perché il 1984 non sarà come 1984’” racconta Lee Clow, il creative director dell’agenzia pubblicitaria Chiat \ Day. “Spiegava la filosofia di Apple e i suoi obiettivi; quelle persone, non solo il governo e le grandi corporation, dovevano guidare lo sviluppo tecnologico. Se non vogliamo che i computer s’impossessino delle nostre vite, dovranno essere accessibili a tutti”.
Steve Hayden, il copywriter dell’agenzia, pensò di recuperare l’idea quando Apple commissionò la realizzazione di un spot da trasmettere durante il Super Bowl del 1984. Venne creata una sceneggiatura riadattando la campagna originale e Chiat \ Day affidò a Ridley Scott, allora sulla cresta dell’onda dopo il successo di Alien e Blade Runner, un budget di 900.000 dollari per la realizzazione del cortometraggio pubblicitario.
Steve Jobs era entusiasta: quello spot, così radicale e idealista, era perfetto per introdurre il computer che nella sua visione avrebbe dovuto rivoluzionare il mercato informatico e mettere in discussione il predominio che International Business Machine, meglio nota come IBM, già esercitava sul settore.
I primi a vedere lo spot furono i 750 rappresentati Apple riuniti ad Honolulu nell’autunno del 1983. La loro reazione, alimentata anche dalla presentazione studiata e recitata alla perfezione da Steve Jobs, fu di puro entusiasmo.
Forti di questo successo preventivo, Jobs e Sculley (allora CEO di Apple) erano sicuri di ricevere l’approvazione del Consiglio di Amministrazione per la messa in onda.
Il CdA non si entusiasma
Quando il direttore del Marketing Apple, Mike Murray, mostrò lo spot al consiglio la reazione fu invece diametralmente opposta: i consiglieri non misero il veto definitivo, ma scelsero in ogni caso di provare a rivendere il minuto e trenta secondi di spazio pubblicitario acquistato in vista del super-bowl. Quel “1984”, insomma, non piacque a nessuno di loro.
L’agenzia pubblicitaria riuscì a piazzare solo i trenta secondi, ma lo slot da un minuto rimase a disposizione di Apple.
Steve Jobs mostrò lo spot a Steve Wozniak, che rimase talmente colpito da offrire 400.000 dollari di tasca sua per pagare la metà del prezzo dello slot, se Jobs avesse accettato di coprire l’altra parte. Woz non riusciva a credere che il Consiglio non avesse percepito l’unicità di quel cortometraggio fantascientifico e pensava che il problema fosse il costo della trasmissione durante il Super Bowl.
[show_ad]
La decisione più difficile
Ad assumersi la responsabilità della messa in onda dello spot furono, in definitiva, Bill Campbell – VP Marketing e oggi membro del CdA Apple – ed E. Floyd Kvamme – SVP Marketing & Sales – cui Sculley, forse per mettersi al riparo dalle ripercussioni di un possibile fallimento, diede mandato di prendere la decisione definitiva.
Campbell e Kvamme si assunsero il rischio.
Fu probabilmente una delle decisioni più azzeccate della storia Apple. Lo spot riscosse un successo senza precedenti: la pubblicità gratuita che Apple ottenne grazie a “1984” fu stimata in 5 milioni di dollari, quantificando lo spazio televisivo e giornalistico che emittenti, quotidiani e riviste dedicarono gratuitamente a quell’incredibile e coraggioso cortometraggio che aveva lasciato senza parole i 96 milioni di telespettatori sintonizzati sul Super Bowl. Apple aveva creato un vero e proprio evento e reiterò il concetto, rivoluzionario per un settore in cui la ripetizione è uno strumento fondamentale, annunciando che non avrebbe più trasmesso lo spot.
Un successo senza precedenti
Stime Nielsen parlarono di una penetrazione senza precedenti: lo spot fu visto, in un modo o nell’altro, dal 46,3% delle famiglie americane, dal 50% degli uomini e dal 36% delle donne statunitensi.
“1984” vinse un totale di 30 premi, compreso l’ambito Grand Prize a Cannes, e divenne rapidamente il modello assoluto per l’advertising “da Super Bowl”. Il prodotto veniva nominato soltanto una volta, eppure (o meglio: proprie per questo) l’impatto fu enorme.
Nel corso di questi trent’anni lo spot è stato citato, ri-fatto e parodiato moltissime volte. Nel 2007 alcuni sostenitori di Obama alle primarie democratiche produssero una versione dello spot con Hillary Clinton, allora sfidante del futuro Presidente, al posto del Grande Fratello originale.
Apple diventa il Grande Fratello?
Nel 2009 gli sviluppatori di DoubleTwist, software alternativo ad iTunes che permette di sincronizzare la propria libreria multimediale anche su dispositivi non prodotti da Apple, caricarono su YouTube una versione animata di 1984 in cui Steve Jobs vestiva i panni del tiranno. Gli omologati, in quel caso, erano i “fanboy” Apple, indottrinati da un pensiero unico “designed in California”.
Il remake di 1984 prodotto da DoubleTwist interpreta e sintetizza una critica che negli anni ha trovato parecchi sostenitori: Apple si è tramutata in quell’oppressore tirannico che criticava nel 1984.
Agli occhi dei sostenitori di questa tesi il tiranno era proprio Steve Jobs, la stessa persona che allora introdusse “1984” mitizzando il ruolo di outsider di Apple contro l’egemonia di IBM e la volontà di imporre un’unico standard informatico.
E’ una critica che non considera molti aspetti, primo fra tutti fatto che “1984” non era, già allora, un trattato di filosofia morale né un manifesto politico, ma un’intelligente campagna di marketing finalizzata alla promozione del prodotto di una corporation capitalista, solo un po’ piccola.
Fatti i dovuti distinguo, dunque, a 30 anni da quel 22 gennaio è bene ricordare “1984” per quello che è stato, ovvero uno degli spot di maggior successo di sempre con cui un’azienda innovativa ha saputo comunicare nella maniera più efficace possibile i propri valori e la proprio (perdonatemi l’uso del termine) mission.
30 anni dopo
Non sappiamo ancora se Apple ha intenzione di rievocare quel successo con una nuova campagna, né se bolle in pentola qualcosa per il prossimo 24 gennaio. Steve Jobs certamente non avrebbe voluto alcuna celebrazione del passato, proiettato com’era da quella sua personale vena d’innovatore nevrotico e compulsivo ma anche lui, in occasione del ventennale dell Macintosh, nel 2004, approvò un remake dello spot in cui la ragazza col martello ascolta musica da un’iPod.
Intanto Lee Clow, oggi Global Director of Media Arts per la TBWA\Chiat\Day – ancora oggi l’agenzia pubblicitaria di Apple – ha lasciato trapelare qualcosa su Twitter:
Ne sapremo di più il prossimo 2 febbraio, quando i Denver Broncos incontreranno i Seattle Seahawks allo stadio MetLife di East Rutherford, nel New Jersey, per il Super Bowl XLVIII.
Venerdì prossimo, qui su TheAppleLounge, pubblicheremo una serie di articoli dedicati al Macintosh, per festeggiare i trent’anni dal lancio con i nostri lettori.
Se vuoi rimanere aggiornato e celebrare con noi la ricorrenza seguiteci su Facebook, Twitter e iscriviti alla nostra newsletter.
Note
- Lo spot venne trasmesso per la prima volta il 15 dicembre 1983 da un’oscura emittente locale di Twin Falls, Idaho, all’una di notte. L’agenzia Chiat \ Day pagò 10$ quello slot: era un’escamotage per far sì che 1984 potesse partecipare ai premi pubblicitari per gli spot del 1983. ↩