Apple potrebbe essere fra le compagnie pronte a fare un’offerta per contrastare l’acquisizione di Yahoo! da parte di Microsoft dopo l’hostile-takeover da 44 miliardi di dollari della settimana scorsa. Anche Google non rinuncia naturalmente a prendere posizione: dopo le dichiarazioni al vetriolo rilasciate dal Vice Presidente e capo dell’ufficio legale David Drummond, che sul blog della compagnia ha accusato Microsoft di voler imporre le proprie politiche monopolistiche al web, sembra che a Mountain View stiano lavorando ad una possibile soluzione per strappare Yahoo! dalle grinfie dell’eminenza grigia di Redmond.
Forse nei prossimi anni archivieremo questa battaglia come il primo vero scontro cultural-finanziario dell’epoca del web 2.0. I duellanti non sono semplici compagnie che lottano per un’acquisizione a suon di dollari, ma sono esponenti di correnti di pensiero differenti che hanno da sempre un approccio completamente diverso nei confronti della medesima arte.
Da una parte le solari aziende della Silicon Valley, votate all’innovazione e portatrici del vero zeitgeist della rivoluzione dell’internet sociale, forti della coscienza dei disastri del finto boom al silicone di fine anni novanta. Dall’altra il grigiore della vera corporation, con sede nel piovoso stato di Washington, che conscia della propria forza finanziaria basa la propria potenza sulla pervasività di un prodotto uniforme e ubiquo, un gigante incapace di muoversi con agilità in direzioni innovative che subordina la creatività alle direttive finanziarie. Da una parte dunque gli inventori di un nuovo modo di fare (soldi con) internet, e dall’altra gli inseguitori, che troppo intenti a dominare il mondo dei computer desktop non sono stati capaci di fare altrettanto con l’etereo e sfuggevole mondo del web.
Adesso Microsoft ha bisogno di Yahoo, non per insidiare realmente la leadership di Google ma per conquistare un comodo secondo posto con il quale rassicurare gli investitori. Ma Yahoo! non è un’altra di quelle piccole compagnie ingurgitate a decine dal gigante di Redmond per conquistare settori nuovi senza produrre nulla di prima mano.
Il fondatore di Yahoo!, Jerry Yang, non è un simpatizzante di Microsoft ed è probabile che vedrebbe di buon occhio un’offerta rivale da parte di Apple, azienda per la quale ha espresso grande ammirazione in passato, tanto da invitare Steve Jobs in veste di motivatore per un discorso ai dipendenti lo scorso ottobre. Volendo si potrebbe aggiungere che Jobs ha dalla sua una certa esperienza nel recuperare dagli inferi del fallimento società in condizioni disperate.
Steve Jobs con Jerry Yang
Google, dal canto suo, non può permettersi certamente di muovere un’offerta per rivaleggiare con la proposta di Microsoft: un intervento dell’antitrust per abuso di posizione dominante in caso di acquisizione di Yahoo sarebbe inevitabile. Ma il CEO di Google Eric Schmidt ha comunque offerto supporto a Yahoo! e l’azienda di Mountain View ha sguinzagliato in queste ore i propri legali e lobbisti a Washington per capire quali siano i margini di movimento.
Nella strategia di Google si inserisce anche la possibilità di sfruttare l’antitrust a proprio favore, spingendo verso un accertamento da parte dell’ente garante per stabile che la fusione Microsoft-Yahoo non violi nessuna attuale normativa in materia di concorrenza. Un tale provvedimento ritarderebbe enormemente l’acquisizione e potrebbe protrarsi molto a lungo, anche fino all’insediamento della nuova amministrazione post-Bush, quando le posizioni di Washington potrebbero essere divenute meno permissive nei confronti delle grandi corporations.
Non è da escludere che un’intervento di Google possa consistere nel supporto delle iniziative di altre aziende, Apple in testa. Il fatto che Eric Schmidt faccia parte anche della Board of Directors di Apple rende infatti piuttosto improbabile che Cupertino possa muoversi da sola in un eventuale operazione di acquisizione che porterebbe l’azienda a diventare un concorrente di uno dei propri principali alleati.
Nel balletto di conferme e smentite vengono coinvolte anche News Corp di Rupert Murdoch, pronta a muovere ancora un altra offerta, ed AOL (Times Warner) di cui Google detiene il 5%.
[ Via | NYT ]
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madonna che casino...Chissà come andrà a finire tutta sta vicenda...