Sul finire della scorsa settimana, un articolo pubblicato da Forbes ha riaccesso le indiscrezioni sulla data lancio del prossimo iPhone, che per comodità chiameremo iPhone 5, e sul fatto che il nuovo melafonino possa essere fatto, almeno in parte di “vetro metallico”.
Quanto al lancio, poco da dire: la supposizione è che l’iPhone 5 arriverà ad ottobre, probabilmente per la disponibilità dei chip LTE di Qualcomm (o forse perché semplicemente è quella la data stabilita da tempo).
In merito al “vetro metallico” ci sono un bel po’ di cose in più da dire. Il report di Forbes dà per scontato che Apple potrà sfruttare sul prossimo melafonino la licenza acquisita da Liquid Metal per l’utilizzo di leghe di metalli non cristalline di ultima generazione. Ma il quadro è molto più complicato di quanto semplicisticamente lo si voglia dipingere.
Cos’è il Liquid Metal
LiquidMetal Technologies è un’azienda nata come spinoff del California Institute of Technology per sviluppare materiali metallici amorfi di nuova generazione che, detta tout-court, sposino la resistenza del metallo alla leggerezza e alla malleabilità della plastica. Sono materiali che per la loro natura potrebbero rivoluzionare interi processi produttivi.
Ecco quanto scrivevamo al riguardo nell’agosto di due anni fa:
Con il termine “amorfo” si indicano alcune leghe metalliche particolari che hanno una struttura non cristallina, come quella che invece caratterizza tutti i metalli. Questo aspetto permette di superare le barriere costruttive tipiche dei materiali tradizionali e conferisce a queste leghe metalliche alcune caratteristiche peculiari, come una maggior robustezza, un migliore rapporto fra robustezza e peso, un’alta resistenza alla corrosione e al deterioramento e un limite elastico più alto.
Dal 2010 Apple detiene la licenza in esclusiva per l’utilizzo dei metalli amorfi di LiquidMetal Technologies nel settore dell’elettronica di consumo. Mentre in campo sportivo la Head ha iniziato già da tempo la produzione di racchette da tennis e mazze da golf in Liquid Metal, il team di Jony Ive non ha ancora tirato fuori nulla “dal cilindro”. L’iPhone 5, scrive Forbes, è l’occasione giusta.
Quali problemi con Liquid Metal
Se creare un prodotto con un materiale così all’avanguardia fosse facile come processare i comuni metalli, certamente saremmo di fronte ad una transizione semplice e di facile implementazione.
Il problema è che sulla questione pare che si diano per scontati un po’ troppi aspetti fondamentali. In particolare sono tre gli elementi correlati da tenere in considerazione: la reperibilità dei materiali e la loro natura, la scalabilità della produzione e il costo complessivo della realizzazione.
Reperibilità dei materiali e loro natura
I metalli di cui sono composte le leghe testate fino ad oggi da Liquid Metal Technologies sono principalmente 4: Nichel, Rame, Berillio e Zirconio. Tutti e quattro pongono varie problematiche in relazione al loro reperimento e alla loro lavorazione, sia da un punto di vista degli effetti sulla salute che della disponibilità per la produzione di massa di oggetti derivati da loro leghe.
Il problema del berillio lo espone direttamente anche Forbes: innocuo nelle leghe, è tossico se inalato. Costa molto (quasi 100$ l’etto in bulk, contro i 20 centesimi dell’alluminio, tanto per confronto). Gli altri tre metalli costano meno e sono meno “problematici” anche se il nichel, come probabilmente saprete, causa risposte allergiche ad una percentuale della popolazione che può variare fra il 10 e il 20%. Un aspetto da non sottovalutare.
Sembrano peli nell’uovo, ma sono elementi che non possono non essere presi in considerazione nella progettazione di un oggetto che dovrà finire nelle mani di milioni di consumatori e dovrà essere realizzato da centinaia di migliaia di operai in Cina.
Scalabilità e sostenibilità della produzione
Il riferimento all’assemblaggio del prodotto, o alla realizzazione di una delle parti del prodotto, ci collega all’altro aspetto problematico legato all’utilizzo dei metalli amorfi in un oggetto come l’iPhone.
Vista la natura del materiale, quale potrà essere la scalabilità di un eventuale produzione? Come potrà Apple garantire la disponibilità di milioni di unità nel giro di poco tempo?
Sono domande che rappresentano, non ne dubitiamo, il fulcro della ricerca che Apple nel corso di questi ultimi due anni ha sicuramente condotto sulla questione.
Un’eventuale soluzione soddisfacente a questi quesiti sarebbe l’aspetto più sorprendente di tutta l’operazione.
A quanto si diceva al tempo, uno dei motivi per i quali Apple acquisì la licenza per il settore dell’elettronica di consumo da Liquid Metal Technologies era l’accesso a macchinari per la pressofusione dei metalli amorfi in grado di rivoluzionare i processi produttivi che integrano la realizzazione di componenti in metallo.
Per capirci (mi perdonino e mi correggano gli ingegneri meccanici se uso male alcuni dei termini): l’alluminio con cui sono realizzati i MacBook Pro e Air arriva in blocchi e viene tagliato, fresato, inciso al laser e sottoposto a molti altri processi puramente meccanici di taglio, incisione, foratura.
In ambito aerospaziale già oggi alcuni pezzi realizzati in leghe di metalli amorfi si possono produrre con veri e propri “stampi a pressione”. Con un solo passaggio si ottiene un pezzo dotato di zigrinature, spigoli e filettature che nel caso di un metallo normale avrebbero richiesto più passaggi attraverso torni, trapani e frese.
Traslando tutto questo all’iPhone: realizzare la scocca del telefono pressando semplicemente del metallo come si farebbe con della plastica è praticamente un sogno di design che diventa realtà. Apple è nella posizione giusta per raggiungere un simile risultato: ha i soldi, ha i cervelli ha la volontà e lo spirito innovativo. Ma anche Apple, come tutte le aziende, deve poi fare i conti con la realtà del mercato.
Il costo
Se spendere un paio di miliardi di dollari in ricerca per realizzare il primo melafonino pressofuso in metallo amorfo per la super ricca Apple non è certamente un problema, riuscire a traslare quell’esperienza in un prodotto che possa essere sfornato in milioni di esemplari al mese non è altrettanto semplice.
Tutto quello che abbiamo scritto finora, ogni singolo passaggio, si traduce banalmente in una somma di costi.
Apple dovrebbe quindi riuscire nell’impresa di: a)utilizzare un materiale totalmente nuovo, mai usato prima in questa industria; b) riuscire a gestirne la produzione in modo da averne a sufficienza; c) integrarlo in un prodotto fatto e finito; d) produrre quel prodotto, rivoluzionario e senza precedenti nel settore ad un prezzo pari o di poco variabile rispetto al modello precedente del medesimo prodotto.
A vederlo scritto si potrebbe essere tentati di pensare: “che ci vuole, basta cacciare la grana e assumere gli ingegneri giusti”.
La soluzione non è così semplice ed anche Forbes se la sbriga in maniera un po’ troppo facile. Dice, in sostanza, che Apple si può permettere di erodere un po’ i margini sulla vendita del prodotto per garantire la rivoluzione allo stesso prezzo.
Non torna, non è una soluzione che Tim Cook, sopraffino manager delle operazioni ancor prima che CEO (ed Apple per esteso) potrebbe accettare. E secondariamente non è una soluzione che piacerebbe a Wall Street e agli investitori.
Conclusione (per ora)
Come avrete capito, se avete resistito fino qui, il succo è che un iPhone 5 realizzato, almeno in parte, in Liquid Metal, Apple potrebbe riuscire a realizzarlo a patto di risolvere un rompicapo molto complicato per arrivare ad una produzione sostenibile e scalabile, a costi pari (o parimenti ammortabili) rispetto ai costi attuali.
E’ una sfida molto interessante, sulla quale ancora sappiamo pochissimo, salvo qualche indiscrezione. Se Apple riuscirà nell’impresa di portare i metalli amorfi sull’iPhone 5, foss’anche solo sotto forma di scocca posteriore del nuovo modello di melafonino, sarà riuscita in un tempo brevissimo a confezionare l’ennesima rivoluzione.
iPhone, per continuare a distinguersi fortemente da una schiera di concorrenti ormai innumerevoli, ha bisogno di un nuovo scatto di livello tecnologico che un’innovazione impareggiabile come questa (legalmente impareggiabile, vista la licenza d’esclusiva sulla tecnologia) potrebbe garantire. Se devo sbilanciarmi, protendo per l’idea che ottobre 2012 sia ancora un po’ presto per questa grossa novità. Ma abbiamo a disposizione ancora mesi e mesi di rumors e indiscrezioni.
Perplimo 23/04/2012 il 11:01
Sono convinto che i primi componenti realizzati in liquid metal e montati su un dispositivo prodotto in massa saranno:
• molto piccoli, per contenere i costi e non avere la necessità di impianti produttivi fantascientifici
• molto complessi, per dimostrare le capacità della tecnologia
• altamente caratterizzanti dal punto di vista estetico o funzionale, ovvero garantiranno un qualcosa al prodotto che senza liquid metal sarebbe stato impossibile
In due parole, minima spesa, massima resa, cioè Apple! :)
Penso che sia proprio su una cosa del genere che il team di Sir Jony sia al lavoro
Sfn 23/04/2012 il 11:22
Scusate ma, in pratica, cosa garantirebbe di così rivoluzionario nel campo dell’iPhone questa tecnologia?
Perplimo 23/04/2012 il 11:53
Con questa tecnologia si possono stampare i metalli così come oggi si riesce a fare solo con le plastiche
Sfn 23/04/2012 il 13:13
@ Perplimo:
Bah e a parte questa novità che non mi dice nulla? Anche gli ipotetici miglioramenti per la leggerezza e la resistenza, certo a meno che non diventasse davvero ultra resistente, che potrebbe essere utile in caso di cadute (anche se, vabbè), sono irrilevanti, soprattutto a fronte di uno sbattimento del genere. Illuminatemi.
Michele 23/04/2012 il 13:20
Sfn wrote:
Il fatto di applicare al metallo processi prima possibili solo con resine plastiche porterebbe a risultati equivalenti in termini di rapporti resistenza/leggerezza ma con costi di produzione inferiori ( meno handling, meno azioni ecc.)…poi bisogna vedere se e’ un risparmio per tutti o solo piu’ margine per chi produce..