1,5 milioni di dollari, l’equivalente di qualche spicciolo ritrovato nella tasca dei pantaloni: ecco quanto spende Apple ogni anno per foraggiare i gruppi di pressione, le lobby che spingono sui governanti statali e federali statunitensi per approvare leggi favorevoli alle aziende che le pagano.
Una pratica regolamentata e trasparente, con dati pubblici a disposizione di chi li richiede. Se avete visto il film “Thank you for smoking”, filtratelo da alcune iperboli narrative e avrete sicuramente una mezza idea anche di come le lobby funzionino.
Ma 1,5 milioni di dollari sono tanti o pochi se spesi per questo tipo di attività? Beh, decisamente pochi. Silicon Alley Insider, in uno dei suoi “grafici del giorno”, ha messo a confronto la spesa in lobbying di Apple con quella di altri giganti dell’Information Technology (dati riferiti al 2009). La spesa di Cupertino è una bazzecola se confrontata alla spesa di altre aziende del settore, soprattutto in rapporto al fatturato.
Fra le aziende prese in considerazione quella che spende di più è AT&T con 15 milioni di dollari investiti in gruppi di pressione nel corso del 2009. Seguono Comcast (13 milioni), Microsoft (7 milioni), IBM, Google, Yahoo (per cui la spesa rappresenta lo 0,030% del fatturato), Amazon e infine Apple.
Secondo Silicon Alley Insider il risparmio di Apple in questo settore è un positivo effetto del non dover mantenere il primato del market share in vari settori, se non in quello dei player multimediali.
Una motivazione piuttosto semplicistica che sicuramente non basta a spiegare come mai le lobby costino meno dello stipendio di un dirigente di medio-alto livello. Apple riesce comunque ad ottenere sgravi e leggi che favoriscono l’attività dell’azienda. Si pensi ad esempio alle detrazioni fiscali ottenute dallo Stato del North Carolina in cambio della costruzione del Data Center da 1 miliardo di dollari in una contea con gravi problemi di disoccupazione, o il cambio delle regole di accounting che ha permesso di utilizzare il sistema GAAP per tutta la contabilità, senza più la necessità di dover spalmare le rendite di iPhone e Apple TV su un periodo di due anni.
E’ probabile che a fare la differenza in questo caso sia la natura dei prodotti Apple e il fatto a Cupertino si faccia “tutto insieme” senza una divisione netta fra il software (sistema operativo, in particolare) e hardware. Altre società che invece operano nel settore del software “puro” e dei servizi hanno forse la necessità di oliare qualche ingranaggio in più.
Va precisato che anche nel caso delle altre aziende citate nel grafico stiamo parlando di somme irrisorie se confrontate con quelle che investono in lobbying le compagnie petrolifere, le multinazionali del farmaco ed altre industrie i cui affari dipendono in maniera molto più diretta dalle decisioni di Washington.
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