Apple ha perso il primo round nel processo sul prezzo degli ebook. Il giudice Denise Cote ha infatti emesso una sentenza dove, in centosessanta pagine, si dichiara che Cupertino ha violato lo Sherman Act – la disposizione antitrust statunitense – cospirando con cinque grandi editori per alzare artificialmente il prezzo dei libri elettronici.
Per chi ha seguito il processo, durato tre settimane e con Eddy Cue (il «capo-cospiratore») come protagonista, non è una grande sorpresa: il 23 maggio scorso il giudice Cote aveva già espresso la sua convinzione che il governo avrebbe saputo dimostrare la colpevolezza di Apple, attirandosi gli strali di chi ha trovato tempi e contenuti della dichiarazione davvero poco super partes. Gli altri imputati, i “Big Five” (Hachette, Simon & Schuster, Macmillan, Penguin e Harper Collins), avevano già patteggiato fin dall’anno scorso.
Apple non ha alcuna intenzione di arrendersi e ricorrerà in appello, probabilmente spingendosi fino alla Corte Suprema, se necessario. Questa la dichiarazione della difesa dopo la sentenza:
Apple non ha cospirato per alterare il prezzo degli ebook e continuerà a combattere contro queste false accuse. Quando abbiamo introdotto iBookstore nel 2010, abbiamo dato più scelta ai clienti, con un’iniezione di innovazione e competitività di cui il mercato aveva molto bisogno, e interrompendo la stretta monopolistica di Amazon sull’editoria. Non abbiamo fatto niente di sbagliato e ricorreremo in appello contro la decisione del giudice.
Tutt’altro parere, ovviamente, per l’accusa, il Dipartimento di Giustizia:
Le compagnie non possono ignorare le regole antitrust quando credono di avere l’interesse economico a farlo. La decisione della corte è un passo cruciale per porre fine ai danni causati dalle azioni illegali di Apple.