Non esiste prodotto Apple che iFixit non abbia smontato completamente, spesso a poche ore dal lancio internazionale. L’azienda statunitense vende componenti di ricambio per i dispositivi della Mela e pubblica un visitatissimo sito che raccoglie tutorial fotografici per lo smontaggio di iPhone, iPad e Mac. Venerdì scorso i tecnici hanno messo le mani su un Apple Watch a pochi minuti dalla commercializzazione in Australia e ne hanno documentato lo smontaggio in diretta.
La rimozione del display si è rivelata meno difficile del previsto per le mani degli esperti di iFixit ed anche la batteria (da 205mAh) non ha dato troppi problemi.
Altrettanto non si può dire del Taptic Engine (il piccolo motore che genera il feedback tattile del dispositivo) e soprattutto del SiP (System in Package) S1, il chipset che gestisce tutte le funzioni principali del computer da polso di Apple.
“Il SiP S1 è incastonato nella resina,” spiegano da iFixit, “ed è inoltre mantenuto in posizione da un pasticcio di colla e connettori a nastro saldati. In poche parole i componenti di base sono impossibili da sostituire”.
Significa, in pratica, che la riparabilità del cuore del dispositivo è pressoché nulla. L’Apple Watch non si potrà aggiornare e la prima versione del dispositivo, quella in commercio dalla scorsa settimana, in futuro non potrà essere equipaggiata con versioni più recenti del SiP. Chi si volesse cimentare comunque nell’impresa impossibile si troverebbe comunque a dover affrontare minuscole viti speciali, cavi incollati o saldati e connettori fragilissimi.
Ce n’è abbastanza, insomma, perché si torni a parlare di obsolescenza programmata, vale a dire la scelta di limitare artificialmente la possibilità di aggiustare il prodotto in modo che alla riparazione (o all’aggiornamento dei componenti) sia preferibile l’acquisto di un nuovo modello. Con conseguente ritorno per le casse dell’azienda produttrice.
La questione è annosa, però, e troppo spesso sfocia in accuse poco provate, degne delle peggiori teorie del complotto. L’Apple Watch è soltanto l’ultimo di una lunga lista di prodotti – non solo a marca Apple – accusati di essere progettati per diventare vecchi troppo in fretta.
Quello che i sostenitori della teoria dell’obsolescenza programmata non tengono di conto, è la complessità dei componenti che costituiscono i dispositivi che ci portiamo in tasca. Computer più potenti di un PC di dieci anni fa la cui miniaturizzazione richiede inevitabili compromessi di design. Non si può escludere a priori che non vi sia dell’intenzionalità nella scarsa riparabilità dei prodotti Apple, ma è molto più semplice pensare che alla base vi siano scelte dettate dalla necessità di raggiungere nuovi livelli di innovazione e di complessità del design.
Detta in poche parole e senza troppi tecnicismi: non si può avere al polso un computer che fino a dieci anni fa sarebbe stato fantascienza e allo stesso tempo pretendere di poterlo riparare con un Torx del 6 comprato all’OBI.
“Apple deve permetterci di riparare i nostri dispositivi”, dice chi, come iFixit, ha costruito un piccolo impero sulla rivendita di componenti e strumenti per le riparazioni fai da te. Una necessità che viene posta sopra ogni altra cosa, anche a costo di negare che certi compromessi siano indispensabili per garantire l’innovazione dei prodotti.
E’ vero, prodotti che si possano riparare più facilmente piacciono a tutti, ma provate a guardarvi intorno e vedrete in quanti continuano ad usare Mac e iPhone vecchi di tre o quattro anni. Per non parlare degli iPad, il cui tasso di ricambio presso l’utenza è talmente basso che la crescita delle vendite ne risente da almeno un anno e mezzo.
Anche l’argomento della lotta all’inquinamento non tiene, almeno per tre motivi: Apple offre programmi di riciclo per tutti i prodotti usati e quelli ritirati in garanzia, una volta aggiustati, entrano nel canale dei ricondizionati; l’usato “obsoleto” Apple alimenta un fiorente mercato secondario e si possono vendere con discreto ritorno anche iPad, Mac e iPhone parecchio datati; chi avanza accuse sulla scarsa riparabilità dei prodotti Apple lo fa quasi sempre per questioni di natura meramente economica e non perché abbia particolarmente a cuore l’ambiente (ma quest’ultimo, ovviamente, è un mero parere personale).
Anche iFixit, in ogni caso, non boccia del tutto l’Apple Watch.
L’indice di riparabilità assegnato allo smartwatch Apple è di 5 su 10. Decisamente superiore a quello di altri prodotti Apple come l’iPad Air 2 (2 su 10) o il nuovo MacBook 2015 (1 su 10) il cui design iper-sottile lo rende praticamente impossibile da riparare.
vorrei capire chi spende diecimila euro per un orologio d’oro che dopo due o tre anni si butta… gli orologi costosi di solito durano una vita… si passano ai figli e probabilmente anche ai nipoti, il loro valore si mantiene nel tempo, qui invece abbiamo un gingillo con una vita pari a quella di un iphone??? ah ah ah