“Uantausand tuandred”, dice il russo con il suo inglese zoppicante.
“Ok”
La trattativa si è conclusa nel giro di un minuto. Il russo – lo chiameremo Gigi, giusto perché Sascha o Nikolai suonerebbe troppo cliché – chiede di controllare lo scontrino, poi tira fuori due pezzi da 500€ e 4 da 50€. Li piazza sul bancone, senza battere ciglio e se ne disinteressa mentre osserva la ricevuta che le cinesi gli hanno allungato. Nessuno che sia sano di mente ruberebbe dei soldi a quel gigante che a occhio sfiora i 2m e sicuramente tocca 130chili. Credo che Gigi ne sia consapevole.
La coppia cinese incassa: 350€ netti per mezz’ora di “lavoro”. Il pater-familias, che nel frattempo è arrivato al tavolo, controlla con esperienza le banconote da 500€, le gratta con l’unghia del pollice e annuisce: sono vere. Le mette in tasca, mentre Gigi il russo gigante nasconde l’iPhone 6s in una borsa da viaggio in pelle, strabordante di scatole bianche con il logo della Mela.
Ho appena assistito ad una transazione fra scalpers, i bagarini dell’iPhone che ogni anno approfittano del lancio dei nuovi smartphone Apple per guadagnare facilmente qualche soldo oppure, come nel caso del russo, per raccogliere quanti più dispositivi possibili da contrabbandare e rivendere a cifre ancora più scandalose.
Nel frattempo si è avvicinato un altro ragazzo cinese, amico della famiglia che ha appena concluso la trattativa. Due minuti, un’occhiata allo scontrino, e il russo ha già comprato due iPhone 6s anche da lui. Totale: 2500€. Sempre in contanti.
Nel frattempo alzo lo sguardo. Lo Store pullula di emuli del Gigi. Alcuni sono suoi compari. Si scambiano due parole o comunicano a gesti da lontano.
Da quel che vedo è facile intuire lo schema: gli slavi orientali comprano, gli asiatici vendono. Mentre scrivo la frase precedente mi fermo e mi chiedo se non suoni troppo razzista. Mi devo rassegnare: no, purtroppo, sto solo descrivendo lo stato delle cose.
Mentre mi rattristo un po’, Gigi non perde tempo. Ha già infilato altri 4 iPhone 6s nella borsa, tutti comprati sul tavolo al quale sono seduto io. E’ come se fossi invisibile. E neppure la presenza degli Specialist è un deterrente efficace. Gigi non si fa problemi e offre contanti ad un ragazzo che sta procedendo a pagare il suo nuovo iPhone con carta di credito. Lo Specialist è in piedi, lì accanto.
Qui le cose prendono una piega surreale. Il POS rifiuta la carta del ragazzo. Lo Specialist prova a lanciare di nuovo il pagamento per un paio di volte ma niente da fare, la carta non funziona. Gigi è impaziente.
“You sell mi, I pay cash, you no use card. Easy”.
Non aspetta risposta. Tira fuori dalla tasca un rotolo di banconote tenute insieme con un elastico. C’è parecchio viola. A occhio saranno almeno 20.000€, potrebbero essere pure di più. Sfila due pezzi da 500 e li piazza sulla scatola dell’iPhone 6s. Lo specialist sgrana gli occhi, poi guarda da un altra parte.
Il ragazzo della carta rifiutata non sa bene che fare. Ci pensa un po’ e accetta. 850€ per l’iPhone, 400 a lui per il “servizio”. Lo specialist annulla la transazione con carta di credito e accetta le banconote, e la sua faccia dice tutto. E’ schifato, ma non può fare nulla.
Due amici del ragazzo si avvicinano, hanno capito l’andazzo e vogliono vendere anche i loro iPhone. Gigi è ben felice di accontentarli e srotola altri 4 pezzi da cinquecento.
A questo punto l’assurdo tocca picchi da commedia americana: i ragazzi lasciano i soldi sul tavolo e chiedono ad un altro Specialist di passaggio di controllare che non siano falsi. L’addetto, preso alla sprovvista, esaudisce rapidamente la richiesta, con lo zelo di chi vuole fare bene il suo lavoro. Forse non ha ben capito che tipo di transazione sta favorendo?
Il segno giallo della penna sulle banconote svanisce mentre l’inchiostro speciale si asciuga. Le cinquecento sono vere.
“I not joke and i no ever have fake mony” puntualizza Gigi.
“Ora li aspetta fuori e li mena per l’affronto,” penso. Invece no, tutt’altro. Il gigante rimane tranquillo, anzi si mostra comprensivo.
“Where you from,” gli chiedono i ragazzi.
“Russia!” dice Gigi confermando la mia impressione e liberandomi così dai sensi di colpa antixenofobi che continuavano a ronzarmi in testa.
“Cool, we are learning Russian”
Gigi gli dice qualcosa in russo. Poi ride. Loro rispondono in russo. Poi ridono. Hanno fatto amicizia. Me li immagino a Sochi quest’inverno, al tavolo di un bar, con un cimitero di bicchierini di vodka davanti, mentre cantano canzoni sconce e ondeggiano, abbracciati e sudati.
L’arrivo della security mi richiama alla realtà. Un tipo in felpa grigia con l’auricolare all’orecchio, poco più alto di Gigi, probabilmente stesso peso, ma in muscoli, gli dice chiaro e tondo che non può impedirgli di fare i “suoi affari”, ma che li vada a fare fuori dallo Store.
Gigi ci prova: “Noooo! we friends! Rilly, we just buying iPhone together”.
E in fondo è vero, stanno solo comprando degli iPhone tutti assieme. Il fatto che lo stesso iPhone venga comprato per due volte nel giro di dieci minuti è un dettaglio trascurabile.
L’invito della guardia, perentorio e severo, è sufficiente a interrompere la combo di acquisti di Gigi, che ha la faccia del bimbo scoperto a rubare i biscotti. Molti biscotti, a giudicare dalla stazza. 12 iPhone comprati in venti minuti ad un singolo tavolino dello Store. Potrebbe essere un record, ma non c’è modo di appurarlo.
Mi alzo ed esco. La fiera del bestiame continua fuori, come suggerito in maniera decisa dalla security, ma con un po’ più di discrezione. Di Polizei non se ne vede. E’ un libero mercato, del resto, e Gigi e suoi non stanno facendo nulla di palesemente illegale.
Me ne vado. Sono un po’ stordito, un po’ affascinato. E penso che forse avrei dovuto ordinare qualche iPhone in più. Sono sicuro che Gigi li avrebbe graditi, e io mi sarei ripagato il mio. Mentre attraverso la strada scaccio il pensiero con fastidio. “Smettila di fare il solito Italiano, sei in Germania!”. Poi vedo una Passat Diesel, parcheggiata sul lato della strada, giusto per ricordarmi che nel grande schema delle cose i piccoli traffici di Gigi sono una goccia nell’oceano. Che fosse russo, in fondo, non c’entra più di tanto.
Bel racconto. Appuntamento per l’uscita del “7”, l’anno prossimo, noi e Gigi.
Ottima descrizione di ciò che è accaduto. Schifo assoluto, ma come hai detto tu a fine articolo, è una goccia nell’oceano… tristezza
Bell’articolo!!
Eh già, perchè l’utente medio di Apple si lamenta per gli scalper che non fanno nulla di male, anzi grazie a gente come voi campano. L’utente medio Apple però non si preoccupa mai di Mamma Apple, che è il vero nemico qui. Un’azienda sempre più chiusa (sia lato software che hardware) e che non dà alcun diritto ai propri lavoratori in Cina e pratica manipolazione psicologica sui dipendenti degli store.
Beh, mi pare che qui Apple c’entri ben poco. Anzi, con il limite dei due iPhone per persona vanno anche contro il proprio interesse spesso.
Quanto ai lavoratori cinesi, non è vero. Non saranno in condizioni favolose ma le cose sono molto cambiate e poche altre aziende spendono quello che spende Apple per gestire ispezioni, controlli e parecchio altro. Anche perché è pure una questione di credibilità del brand e soprattutto di marketing, sia chiaro.
Quanto alla chiusura, bah, solita accusa vuota. Come se la openness con cui Google continuamente si incensa valesse davvero qualcosa, quando poi la privacy degli utenti è pura merce di scambio.
Credo che guardare le cose senza troppi partiti presi potrebbe aiutarti a capire meglio cosa succede veramente, magari con meno preconcetti…
Mah, veramente non saprei che dire.
Non per Gigi, che in fondo fa i suoi affari non illeciti, o chi vende l’iphone appena comprato, con un guadagno al secondo superato solo dal gioco d’azzardo.
Ma per chi poi comprerà quei prodotti a cifra doppie o triple….
E naturalmente per come appare tutto surreale e infinitamente lontano dall’idea di day one di anni fa, e probabilmente quella che avevano chi in apple ha “stimolato” tale idea.
Intendiamoci è l’evoluzione del “vendo posto in fila” visto in passato e ovunque, non certo solo in casa apple, ma l’impressione resta uguale.
Cmq non vedo perchè limitarti alla battuta, seriamente ad ogni day one meglio ordinare 2 pezzi, cercare Gigi e se d’accordo comprarli e rivendergliene uno.
Contento lui, contento tu, contento chi in russia “caga soldi” e contenta apple che tanto alla fin fine si trova (dopo 3-4 passaggi di mano) a vendere ugualmente 1 iphone per 1 utente…
Certo che oltre alla fiera del bestiame il pensiero cade anche alla lavatrice…. tanti/troppi contanti perchè non venga il dubbio che sia un’occasione per ripulire un po’ di carta.
Non so in fondo penso che non lo farei perché penso anche che quei soldi come dici tu chissà da dove vengono. Sarà pure vero che pecunia non olet, ma se esce dalle tasche di Gigi in quelle quantità mi sembra anche chiaro che non sono proventi della vendita di cestini della merenda…
Articolo ben scritto. È la prima volta che capito su questo sito e sicuramente continuerò a leggervi. Vi segnalo un video di Casey Neistat in cui viene trattato l’argomento in chiave americana. https://m.youtube.com/watch?v=Ef_BznBwktw
Indovina chi lo alimenta il mercato del bestiame? Quelli come te che al primo giorno stanno in un Apple store con iPhone nuovo fiammante mentre provano a sincronizzare un vecchio backup con un Mac. Tutto molto triste e surreale.
E cosa ci sarebbe di male scusa a comprare un prodotto al primo giorno di disponibilità? Cosa alimenterebbe? Veramente lo trovi così triste?
Nulla di male, ognuno è libero di fare quello che vuole con i propri soldi. Però trovo quanto meno ipocrita che a criticare la fiera del bestiame siano queste persone, senza delle quali l’amico russo o chi per lui non avrebbe ragione di essere in un Apple store. Davvero non vedi il legame tra causa e effetto?
Non lo vede perché non c’è.
Io ho preordinato l’iPhone con un appuntamento, alle 9.15 mi sono presentato, ho aspettato 10 minuti di orologio, poi ho presentato un documento di identità valido, che è stato controllato scrupolosamente, sono entrato e ho comprato il mio iPhone come faccio ormai ogni anno qui a Berlino.
L’ho pagato il prezzo di listino e non ho nemmeno avuto alcuna intenzione di rivenderlo.
“Gigi” li compra per portarli in Russia, dove le fluttuazioni del Rublo hanno convinto Apple a bloccare la vendita. Il mercato grigio è fiorentissimo e i tanti arricchiti di San Pietroburgo o Mosca non ci pensano due volte a sganciare a Gigi i 2000 € che lui quasi certamente chiederà per l’ultimo fiammante iPhone 6s.
Tutto questo, di nuovo, che mizzica c’entra con la mia presenza?
e ti lamenti? ringrazia le pecore come te che fanno la fila all’apple store… se non ci foste voi, non ci sarebbe nemmeno “Gigi”…