“Quantity over quality”, è la cifra della nuova campagna con cui Apple sta promuovendo l’iPhone. E si nota. Amazing Apps, l’ultima fatica dei pubblicitari di Cupertino, ne è solo la riprova. “Questo è un’iPhone,” dice la voce fuori campo, “e vi arriva con qualcosa di fantastico: 1,5 miliardi delle migliori app disponibili”. Chiunque abbia passato anche solo 5 minuti a sfogliare i risultati di ricerca dell’App Store sa bene che di vero, in quest’affermazione, c’è ben poco.
E’ vero che le app presenti sull’App Store sono tantissime e la disponibilità di software di qualità è ancora un punto a favore di iOS nell’eterna lotta contro Android. Ma è vero anche che in quel miliardo e mezzo di applicazioni presenti su App Store si nasconde anche tanta, tanta, tanta fuffa. Applicazioni truffa, copie e cloni spudorati, app senz’arte né parte. Impossibile quantificare, ma voler far passare la crema dell’App Store, quella che arriva in prima pagina, come la regola generale è certamente fuorviante.
In fondo, però, è marketing. Qualche piccola bugia malcelata la possiamo pure sopportare. Quel che stupisce, invece, è l’enfasi che Apple ha deciso di dare all’aspetto quantitativo. Dopo spot bellissimi e lacrimevoli, che puntano tutto sulla qualità del software che gira su iPhone, perché questa scelta di pubblicizzare la vastità incontrollate dell’App Store come un punto di forza della piattaforma Apple?
Anche perché, e gli sviluppatori indipendenti lo sanno bene, di App Store non si campa. O almeno, non si campa a livelli di rivoluzione copernicana. Le storie di sviluppatori che fanno il botto con la hit del momento diventato sempre più sporadici exploit e gli imprenditori che hanno provato a costruire qualcosa di più grande rispetto all’impresa in solitaria si sono scontrati con una dura realtà fatta di prezzi sempre al ribasso, classifiche inconsistenti e difficili da scalare e gap culturali degli utenti, per i quali pagare il frutto dell’ingegno di un team di programmatori meno di un caffé è diventato un diritto acquisito.
Per cui va bene la quantità, va bene la raccolta sconfinata di app, va bene il vecchio adagio “there’s an app for that”, ma da Apple ci si aspetta di più. Ci si aspetta la celebrazione della qualità. Ci si aspettano soluzioni perché chi davvero emerge dall’enorme maelstrom di app futili e ridondanti venga premiato come merita. Uno spot come questo non è sulla strada giusta.