Stime delle ultime ore confermano un’altra volta quanto poco sicuro possa rivelarsi Android. Da settembre 2011 a settembre 2012 c’è stato un aumento del malware sul sistema operativo pari al 580%, mentre oltre 175 milioni sono stati i download di applicazioni “ad alto rischio” dalla top 500 delle applicazioni scaricate sul Google Play Store.
La stima della crescita di malware, fatta dalla compagnia specializzata in statistiche TrustGo, è stata effettuata su un campione di 1,7 milioni di applicazioni scaricate da 175 diversi marketplace in tutto il mondo. Certo le percentuali permettono di capire con più chiarezza che il problema non è così atroce: stando a questa statistica circa l’1,7 percento di tutte le app per Android contengono codice malevolo. Buona parte di queste applicazioni non si trovano sul Google Play Store ma su altri negozi digitali. Il problema del malware affliggerebbe quindi principalmente i paesi asiatici, come la Cina, dove uno store ufficiale di Google deve ancora fare la sua comparsa.
TrustGo definisce applicazioni ad alto rischio quelle che permettono il furto di dati o di tracciare pagamenti mobili. Come spiegato da Jeff Becker di TNW a TrustGo: “Le app rischiose sono un problema per gli utenti perché gli sviluppatori monetizzano il loro lavoro utilizzando network molto aggressivi e insicuri, alcuni dei quali sono persino in grado di recuperare alcuni elementi personali salvati sul device dell’utente. Alcune, come Leadbolt e AirAd, inviano dati sensibili come numeri di telefono e ID del dispositivo”.
23 app nella top 500 di Google Play Store sono considerate da TrustGo ad alto rischio. Non è propriamente malware, ma si tratta del 4,6% delle app più scaricate. Qualche utente ne viene certamente colpito.
Non siamo qui a fare la paternale ad Android, ma è evidente che si tratta di una questione di gusti. Il sistema operativo di Google ha sempre sbandierato la sua “apertura”, e gli store secondari sono la dimostrazione che su Android si può fare girare veramente di tutto. Un utente smaliziato potrebbe riuscire a schivare il software potenzialmente malevolo e non confermare l’accesso a dati di cui una app non ha bisogno, ma non tutti hanno la prontezza e le conoscenze necessarie a farlo.
Al contrario l’ecosistema messo a punto da Apple è blindato. Nessuna app può essere installata (ufficialmente) a meno che non sia passata da App Store e quindi dai severi censori di Cupertino. Per farla breve: meglio un sistema open accompagnato da malware, o un giardino cintato con i suoi iPacchi?
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I severi censori alle volte non sono abbastanza severi! :D
Certo, è meglio che le applicazioni vengano controllate, ma alle volte un po’ più di libertà sarebbe gradita. Io nel dubbio ho scelto entrambi.
Apple dovrebbe inventarsi meno scuse nell’approvare app che non hanno nessun reale problema tecnico o di contenuti. Di contro che vi siano controlli rigidi è solo un bene per l’utente finale.