L’assunzione di Browett, visti i suoi trascorsi non esattamente brillanti, ha fatto sollevare più di un sopracciglio, mentre Tim Cook rassicurava che la scelta del nuovo SVP era stata operata con attenzione e criterio.
Nelle scorse settimane Browett ha però fornito il destro ai suoi detrattori, con un passo falso nella gestione dei dipendenti che non ricordiamo essere mai avvenuto nell’epoca Johnson.
A quanto scrive Gary Allen su ifoAppleStore e confermano varie fonti interne al settore Retail, nelle ultime settimane Browett avrebbe chiesto di attuare alcune misure volte a ridurre il personale dei sempre più visitati Apple Store, sia negli U.S.A. che in UK.
“Gli ordini” impartiti ai manager di vari livelli (fino ai manager degli Store) chiedevano di:
- Cessare ogni attività finalizzata al recruiting e all’assunzione
- Non concedere più promozioni
- Licenziare immediatamente i dipendenti che fossero ancora in un periodo di prova
- Ridurre il numero di ore disponibili per i dipendenti part-time
- Ridurre o eliminare la disponibilità di ore di straordinario
- Licenziare i dipendenti che possono lavorare solo più di 32 ore al mese e non hanno intenzione di fare il part-time
Misure drastiche insomma, che non quadrano con il crescente numero di visitatori registrato dagli Store anche nell’ultimo trimestre.
Misure che, dopo qualche giorno di polemica, John Browett ha ammesso essere frutto di un suo errore di valutazione legato all’utilizzo di una “nuova formula” per la gestione del personale.
La gestione della mini-crisi è stata affidata alla PR Kristine Huguet, che tramite un pezzo ben calibrato sul Wall Street Journal ha cercato di rimettere a posto il pasticciaccio pubblicamente attribuito a Browett.
A quanto sostiene Gary Allen, la scelta di Browett era finalizzata ad una massimizzazione dei profitti tramite una revisione delle dinamiche di “staffing” dei negozi, “anche a costo di mettere sul piatto parte della leggendaria esperienza d’acquisto [dei negozi Apple]”.
Questo sono ovviamente parole di Allen e non una dichiarazione ufficiale Apple. Se però il punto della questione è stato colto, le operazioni di Browett rischiano di compromettere seriamente il set di valori su cui Steve Jobs e Ron Johnson hanno costruito la catena Retail di Apple. Non dei negozi in cui il commesso ha il compito di farsi petulante e spingere all’acquisto forzato, quanto un luogo per mostrare i prodotti Apple a tutti e offrire il miglior supporto possibile.
Certo, questa è una visione ideale e già nel periodo Johnson non mancavano le critiche. Del resto non tutti gli Apple Store possono eccellere allo stesso modo.
In dieci anni di gestione Johnson, però, non si è mai visto ne sentito parlare di “staffing formulas”. Non che non ve ne fossero, per carità. Evitiamo di essere così ingenui da ignorare che decine di migliaia di dipendenti si possano gestire solo tramite un uso razionale di meccanismi organizzativi e di calcolo ben calibrati. Tuttavia questo aspetto non è mai apparso preponderante dal punto di vista mediatico e soprattutto nessuna scelta importante per la divisione era stata mai giustificata o ricondotta a motivi di mero calcolo sulle entrate e sui profitti.
Questa ufficializzazione di una importanza di meccanismi d’automazione spersonalizzati e automatici non è un buon segno e se qualcosa va contestato a Browett è proprio il fatto di aver pensato che fosse giusto e sensato gestire questo incredibile asset solo controllando i più e i meno sui suoi fogli di calcolo.
Questa attitudine gestionale, che alla Dixons e a Tesco (dove Browett ha operato ai massimi livelli) ha provocato solo danni e perdite, è esattamente ciò che i critici contestano al neo-nominato SVP Retail.
Tim Cook ha dato la sua parola su Browett, ma questo è chiaramente un primo passo falso. Il lavoro di Browett è sotto pesante scrutinio, in questo periodo, e questo passo falso, con la conseguente gestione mediatica controllata dalla divisione PR, suona come un primo campanello d’allarme.
Mark Papermaster, l’esterno chiamato a gestire la divisione hardware sotto Steve Jobs, durò poco più di un anno prima che la sua “incompatibilità” con il sistema Apple si facesse evidente e sfociasse nelle sue dimissioni. Vedremo che ne sarà di un altro outsider come Browett fra qualche mese e capiremo con quale severità venga ancora rispettato il dettame Jobsiano di assumere solo e soltanto “A players”, professionisti del massimo livello al top del proprio campo che devono essere in grado di dimostrare costantemente il proprio valore.
john browett, oltre ad essere ceo della Dixons, era ceo dell’Unieuro spa. e con la sua “esperienza” dopo aver studiato un piano….. ha portato alla chiusura di una quarantina di punti vendita……
naturalmente parlo da ex dipendente Unieuro…….
.. che lo buttino fuori a calci in culo!!! .. uno che si permette di pensare (probabilmente) di limitare l’esperienza utente al fine di massimizzare il profitto ci riporta all’era pre Jobs .. che si vada a leggere la biografia di Jobs .. mi terrorizza che anche Cook lo abbia approvato .. almeno all’inizio .. bruttissimo segnale ..
@Baldassare:
Cook, più che averlo approvato, lo ha personalmente scelto, nonostante i dubbi della dirigenza, visti i suoi trascorsi non proprio brillanti.
già solo la faccia porta inquietudine
“non si è mai visto, né sentito parlare” … né con l’accento in quanto negazione…