Un libro di Antonio Dini ci da lo spunto per ripercorrere 20 anni di pubblicità Apple
” Think Different è persino grammaticalmente non corretto, perchè dovrebbe essere scritto “Think Differently”. Ma niente riesce a togliere potenza alla campagna pubblicitaria – giocata contemporaneamente con uno spot televisivo e migliaia di affissioni – più importante fra tutte quelle utilizzate da Apple in oltre trent’anni di storia. Think Different, “pensa in maniera differente”, è un esercizio di comunicazione emozionale che ha fatto scuola al punto di essere una delle campagne più imitate al mondo. Se lo scopo della pubblicità è suscitare emozioni che accendono i desideri, i quali, a loro volta, spingono agli acquisti, Think Different ridefinisce lo scopo della pubblicità perchè fa qualcosa in più. Costruisce delle identità. Spiega cioè, in chiave emotivo-evocativa, che cos’è Apple, che cos’è il suo prodotto di punta (il Macintosh) e chi è il suo utilizzatore. E questo, nel 1997 era il principale problema di Steve Jobs una volta tornato alla guida di Apple.[…]
Cambiare il mondo era l’obiettivo del Macintosh più che dei personal computer di Apple che l’avevano preceduto, e questa dichiarazione molto ambiziosa è entrata, in un modo o nell’altro, non solo nel DNA della casa di Cupertino, ma anche dell’intero settore. E per cambiare il mondo è necessario pensare alle cose di tutti i giorni in maniera molto differente, dal punto di vista razionale, ma anche emotivo. Questo era il cuore, nato con il Macintosh, della strategia per la realizzazione dei prodotti Apple una volta che, nel 1997, Steve Jobs riprese il controllo dell’azienda. E questa è anche l’idea dietro alla comunicazione affidata nuovamente a Chiat/Day (l’azienda pubblitaria responsabile delle iniziali campagne pubblicitarie di Apple coronate da successo, come 1984, NDR).
La campagna Think Different, spiegava il 3 Agosto 1998 al New York Times Allen Olivo, allora responsabile per le worldwide marketing communications, è “per le persone alle quali non importa che cosa faccia il computer, ma a cui interessa cosa possono farci. La premessa è che quanti usano il computer di Apple sono differenti, e che noi che produciamo computer per quei pensatori creativi che credono che un individuo possa cambiare il mondo”.
La campagna Think Different
La campagna era basata su uno spot televisivo e su poster e affissioni in cui comparivano i volti dei personaggi contemporanei definiti “i folli”: Bob Dylan, Albert Einstein, Ted Turner, Pablo Picasso, John Lennon e Yoko Ono, Thomas Edison, Muhammed Alì, Alfred Hitchcock, Miles Davis, Lucille Ball e Desi Arnaz, Marthin Luther King, Amelia Everhart, Jim Henson, Rosa Parks, Frank Lloyd Wright e persino l’attore Jerry Seinfeld.
“Non stiamo cercando di dire che queste persone utilizzano i computer di Apple – dichiarava sempre al New York Times Lee Clow, a capo della creatività di TBWA/Chia/Day – o che li avrebbero potuti usare. E’ una celebrazione emotiva della creatività, il modo con il quale dovremmo sempre parlare di questo brand.” […]
Gli effetti immediati della campagna pubblicitaria, insieme alla nuova generazione di prodotti che cominciano ad affacciarsi al mercato, portano una boccata di ossigeno ad Apple. E poi c’è la mitologia della campagna stessa, che dura a distanza di tanti anni. Ad esempio l’ultima versione del sistema operativo Mac OSX, la 10.5 chiamata Leopard, fa un piccolo omaggio quasi invisibile a Think Different. […]
La versione italiana dello spot viene trasmessa dalla televisione con lo stesso montaggio utilizzato negli Stati Uniti e il doppiaggio di un attore d’eccellenza: il premio Nobel Dario Fo, che è tra l’altro appassionato dei prodotti Apple, mentre nell’originale la voce che leggeva il testo mentre scorrevano le immagini dei personaggi celebri e “folli” con l’accompagnamento di un suggestivo motivo per pianoforte era dell’attore e premio Oscar Richard Dreyfuss. […]
[Ma] la comunicazione progettata da Apple non ha sempre saputo raggiungere questi livelli. Anzi, nel periodo successivo al lancio del Macintosh nel 1984 e precedente al ritorno di Steve Jobs nel 1997, ci sono stati esempi anche più che negativi. Tra gli appassionati dell’azienda che su internet collezionano spot di Apple, ma anche tra gli studiosi e gli assetti ai lavori, “Lemmings” è l’esempio più significativo.
Purtroppo per i creativi che avevano concepito lo spot, il pubblico non aveva per niente gradito l’accostamento, […] una lunga fila di impiegati di concetto venivano inquadrati mentre avanzavano lentamente verso un immotivato olocausto.[…]
Da Think Different a Switch
Dopo i successi del 1998 [però] ci furono altre campagne di successo di Apple, costruite intorno a un obiettivo nonos lo di comunicazione pubblicitaria ma anche di marketing. E’ il caso della campagna intitolata “Switch”, che comprendeva tra l’altro una nuova definizione, quella dello switcher, cioè di colui che passa da pc a Mac. […]
Realizzata con una serie di spot che, girati su fondo bianco e accompagnati da una musica allegra, presentavano persone diverse che spiegavano il motivo per cui erano “passate a Mac”.
Era una campagna molto rilevante e ispirata a un’idea di semplicità non solo formale: accanto alla comunicazione che coinvolgeva persone qualunque in veste di testimonial, infatti, c’era stata anche la volontà di Steve Jobs di semplificare al massimo l’offerta commerciale di Apple. Quattro prodotti divisi in una matrice due per due: due prodotti per il mercato dei privati, un computer fisso (iMac) e un portatile (iBook), e due prodotti per il mercato dei professionisti, sempre un fisso (PowerMac) e un portatile (PowerBook). […]
In effetti Switch è stata una delle pubblicità Apple che ha rivestito un ruolo strumentale molto importante per l’azienda […] visto che sapeva cogliere sia la realtà di mercato (le quote di Apple all’epoca si aggiravano intorno al 2% delle vendite, con ampi margini di crescita solo con vendite di sostituzione ai danni del principale attore, cioè Windows di Microsoft), sia l’aspetto operativo (forniva le informazione necessarie a chi era più recentemente entrato nel mondo dell’informatica senza avere mai incontrato un Mac) sia quello integrato (Apple stava aprendo la sua catena di negozi che giocavano proprio sulla semplicità dell’esperienza del “Mondo Mac” il loro principale punto di forza). […] Gli spot erano girati dal regista di documentari Errol Morris.
All’improvviso, però, uno spot ufficiale fra i tanti, che aveva come protagonista la giovane Ellen Feiss, allora quattordicenne, si tramutò in un fenomenale passaparola su Internet, con decine di siti di fan della ragazza. Feiss aveva colpito l’immaginazione di tanti per il linguaggio adolescenziale e per quegli occhi arrossati che che venivano maliziosamente attribuiti all’uso di droghe leggere. Tanto bastava per creare un piccolo mito su internet. […] Elen Feiss fu il pepe che rese piccante e gustosa Switch.
Get a Mac
La campagna pubblicitaria più mirata e graffiante – soprattutto per un singolo spettatore – doveva però ancora arrivare. Si tratta della serie di spot girati nel 2006 e intitolati “Get a Mac”, prenditi un Mac. Protagonisti, che si presentano all’inizio di ognuno dei siparietti da 30 secondi come “I’m a Mac”, “And I’m a Pc”, sono due giovani attori, Justin Long nella parte del Mac e John Hodgman nella parte del Pc (ne abbiamo già parlato qui su The Apple Lounge, Ndr). Con la piccola avvertenza che fisicamente e nel modo di vestire (Long in modo casual ma elegante e in forma fisica, Hodgman in giacca e cravatta, ma sempre leggermente trascurato, con gli occhiali e in sovrappeso) i due richiamano l’aspetto di Steve Jobs e Bill Gates da giovani. I risultati degli spot – in cui di volta in volta il Pc riesce da solo a mettersi in bonario ridicolo di fronte a un affabile e imperturbabile Mac – sono molto positivi […]
Sopratutto, però, come riportato da più articoli e interviste a Bill Gates, il fondatore di Microsoft non è per nulla divertito dalla presa in giro, nonostante sia proprio quello del Pc il personaggio che nel tempo attira più simpatia. Ma la campagna “Get a Mac” è anche e soprattutto una misura di come siano lentamente cambiate le cose: il Pc è simpatico perchè definitivamente considerato inferiore e buffo, mentre nel mercato chi sceglie Mac non lo fa più per lasciare “l’unico mondo possibile” di Windows ma perchè il Mac è “meglio”, “più alla moda”, “più giusto”. E questo, nonostante la nuova Apple rinata con il ritorno del suo fondatore nel 1997, in realtà abbia una quota di mercato delle vendite annuali di computer, alla fine del 2007, è ancora ben al di sotto del 10% del totale. ”
[Testo tratto dal libro di Antonio Dini – autorevole giornalista esperto e appassionato di tecnologia e collaboratore di tante autorevoli testate Apple – “Emozioni Apple“, edizioni Il Sole 24 Ore]
La selezione di immagini e video è stata curata dalla nostra redazione
Mi stupisce la mancanza di commenti, un post molto valido e coinvolgente .
Domani mattina scriverò una email alla Apple, sappiate che mi sono deciso a comprare un pc di questa azienda, grazie al vostro entusiasmo e alla vostra professionalità.
Grazie e continuate
boh a me, l’unici spot che mi piacciono sono primo dello famoso del 1980, le le campagne ipod, le altre insomma,
quella delle foto… con ghandi e mlk, loro si battevano per cose di vita e morte e apple per vedere piu’ computer. Mi sembra una cosa di una ipocrisia infinita. Ok pensavano differente si pure nel guadagno.
La campagna switcher e’ una delle pubblica’ comparative piu’ brutte e poco intelligenti mai viste. Uno che dice il pc mi ha mangiato il documento, vabbe se non salvi anche il mac te lo mangia. Pubblicita’ comparative belle? quelle delle pepsi verso alla cocacola. Una che ricordo… Il bambino va al distributore prende 2 pepsi per montarci sopra e prendere una coca. Se la facevano stile apple “bevo la pepsi perche’ la coca fa schifo”.
I’m mac and Im pc, non fa ridere. Il mac tutto cool e il pc ciccione, cravatta e occhiali. Stereotipi a mille.
quella ultima dell’iphone, boh ho capito con l’iphone posso leggere l’email, navigare, guardare google, ma e’ una pubblicita’ o un tutorial?
quella dell’intel non male peccato era fatta con i ritagli di un video musicale.
Hey Hiro! In 2 minuti hai smontato vent’anni di campagne Apple! Non che debbano essere tutti d’accordo, ma…anche in questo campo l’azienda di Steve Jobs ha fissato nuovi e importanti standard.
Se pensi male dello spot di Think Different, per dire, cosa pensi di quello sulla FIAT 500 che (anche Marchionne lo ha ammesso) è “ispirato” pari pari alla vecchia campagna Apple?
C’è ancora chi si emoziona OGGI, io credo che ALLORA fosse davvero speciale.
Il messaggio delle campagne è tanto più indovinato quanto più misurato alle esigenze dell’azienda, ed io credo che l’obiettivo di Switch e di Get a Mac, fosse proprio qualcosa che richiamasse l’asciutta sobrietà e semplicità del passaggio da Win ad Apple.
penso male della campagna Think Different come quella della Benetton con la foto di un malato di aids che assomiglia a jesu, o quella anzienda di calze che con la scusa della campagna sull’anoressia sta diventando famosa. Non e’ etico e basta.
“Il messaggio delle campagne è tanto più indovinato quanto più misurato alle esigenze dell’azienda,”
Cioe’ vuoi dire che se avessero fatto una pubblicita’ un po’ piu’ intelligente con un finale a sorpresa si correva il rischio che la gente non avrebbe capito? Insomma come coerenza ci siamo, sistema mac facile, pubblicita’ facile. Ha una sua logica.
Ohhh guarda che anchio uso mac e ho pure l’iphone non sbloccato, solo non mi piacciono le loro campagne. Ho switchato per il sistema non per un pirletto cool che mi diceva che il mac non crasha mai e windows sempre.
aiuto! forse questo post è fermo da un pò.. ma ho necessità di sapere la colonna sonora o cmq la musica che sta lì sotto!!
chi la conosce?
quale, quello con la voce di dario fo ?
fantastico. il “verbo” dovrebbe diffondersi di più, ci vorrebbe una nuova campagna. ma perchè gli spot get a mac non si sono mai visti in italia??
Non è affatto scorretto grammaticalmente. Funziona esattamente come le frasi Think Big o Think Pink. Si tratta di pensare a una cosa, non di pensare in un modo.